Lo Stato di diritto e il Vaticano. Diritto alla difesa e giusto processo. Presunzione d’innocenza
I colleghi americani di Catholic News Agency-CNA, in un articolo a firma di Hannah Brockhaus del 12 gennaio 2021 Rapporto: il tribunale di Roma ordina la restituzione dei contanti trovati a casa di un funzionario vaticano sospeso, riprendendo un articolo a firma di Maria Elena Vincenzi sulla Repubblica dello stesso giorno, informano che il Tribunale del riesame di Roma ha ordinato la restituzione del denaro trovato a “casa Tirabassi”, dichiarando nullo il mandato di perquisizione disposto dalla Procura di Roma in esecuzione di una rogatoria vaticana.
I giudici non usano mezzi termini nel definirlo “irrituale” e con “profili di illegittimità evidenti e sostanziali”, spiegando nel dettaglio una serie di anomalie, causa di nullità. Si tratta di questioni tecniche che hanno a che fare con i rapporti tra la Santa Sede e l’Italia e non solo. Innanzitutto, scrivono, la richiesta (per la precisione solo una delle due) non ha seguito i canali previsti (tramite il Ministero della Giustizia) ma è arrivata via email. Ed è, quindi, “stata adottata in assenza dell’esercizio, da parte del Ministro, dei poteri di controllo”. Desta preoccupazione il fatto che l’ordine di perquisizione il sequestro fu disposto “direttamente” dalla Procura senza passare al vaglio di un giudice. Per queste motivazioni, i giudici della Libertà hanno annullato i provvedimenti e “disposto la restituzione delle somme a Tirabassi”.
Davvero insolito tutto ciò. E pensare che certe procedure Giuseppe Pignatone (Presidente del Tribunale vaticano) e Alessandro Diddi (Promotore di giustizia aggiunto vaticano), vista la loro frequentazione per motivi professionali con la Procura di Roma, non possono non conoscere.
Fabrizio Tirabassi, l’ex funzionario della Segreteria di Stato indagato nello Stato della Città del Vaticano per il caso 60SA (lo scandalo finanziario scaturito dall’acquisizione da parte della Segreteria di Stato del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra) è tutt’ora latitante e quindi ricercato, anche se ufficialmente non risulta un ordine di cattura. Si capisce che gli inquirenti giudiziari vaticani lo cercano. Si capisce anche che cercano di trovare inoltre prove della sua presunta opera criminale perpetrata ai danni della Santa Sede.
Purtroppo in questa affannosa ricerca di Tirabassi e dei beni trafugati, emergono irregolarità procedurali come quelle evidenziate durante l’operazione di polizia giudiziaria, compiuta congiuntamente e insolitamente da forze di polizia italiane, Guardia di finanza e Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano. Un’operazione del tutto “arbitraria”, fuori da ogni normativa internazionale o accordo bilaterale ufficialmente riconosciuto tra Italia e Santa Sede, poiché il tribunale di Roma considera tale operazione “illeggittima”, sia in merito all’attività di perquisizione, sia per quanto riguarda il sequestro del materiale e dei beni sottratti al Tirabassi (padre) nelle proprietà immobiliari di Roma e Celano, cantina compresa.
Oltre alle condotte insolite per giungere ai beni di Tirabassi, è bene soffermarci a riflettere davanti a quali abusi ci troviamo. Stiamo parlando di vicende in cui vengono palesemente prevaricati i diritti di cittadini stranieri, nella fattispecie italiani, e nessuno (Repubblica italiana compresa) muove una critica allo Stato della Città del Vaticano e alla Santa Sede? Questo è il fatto più grave. Tutto ciò non può assolutamente passare sotto silenzio e per amore di verità e per rispetto dei principi dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali dell’uomo [*], non possiamo nasconderci e sentiamo il dovere di denunciare questi abusi.
1. Caso Torzi: cittadino italiano chiamato a recarsi nella Città del Vaticano con un pretesto di incontro, poi trattenuto contro volontà in cella per 10 giorni senza richiesta di debita estradizione concordata con l’Italia (mandato di cattura: Nell’inchiesta giudiziario vaticano sugli investimenti immobiliari della Segreteria di Stato, oggi arrestato in Vaticano l’uomo d’affari Gianluigi Torzi – 5 giugno 2020; analisi dell’arresto e norme vigenti: Saga “60SA” – Inchiesta della magistratura vaticana per scandalo finanziario in Segreteria di Stato. Riflettore sulle normative vaticane vigenti – 10 giugno 2020).
2. Caso Mincione: cittadino italiano prelevato in albergo grazie a complici d’Oltretevere, posto in stato di fermo in Italia (Scandalo 60SA. Memoriale difensivo di Mincione per la magistratura vaticana e sequestro dispositivi elettronici – 15 luglio 2020).
3. Caso Marogna: cittadina italiana posta in stato di arresto su suolo italiano per 15 giorni su richiesta degli inquirenti vaticani, per la quale si avanza istanza di estradizione (Adnkronos ieri sul Caso Becciu: Cecilia Marogna libera con obbligo di firma. E quella strana “intervista” a Bergoglio. Le due facce della stessa medaglia – 31 ottobre 2020).
Oggi, 14 gennaio 2021 è stato reso noto, che la Corte di Cassazione ha stabilito che l’arresto di Cecilia Marogna, la manager cagliaritana accusata nello Stato della Città del Vaticano di appropriazione indebita e peculato nell’ambito dell’indagine sulla distrazione di alcuni fondi vaticani, è stato una “decisione illegittima”. “Si tratta di un vuoto motivazionale che determina la nullità dell’ordinanza cautelare impugnata, difettando l’esposizione delle specifiche esigenze cautelari richieste” dal codice di procedura penale. Per questa ragione la Cassazione – accogliendo sul punto l’obiezione della difesa – ha annullato senza rinvio la convalida dell’arresto di Cecilia Marogna. Lo spiegano i giudici della Cassazione nella sentenza 1622 depositata oggi e relativa alla Camera di consiglio svoltasi lo scorso 16 dicembre. A convalidare l’arresto – su mandato dell’Interpol – era stato il Presidente della Corte di Appello di Milano, con ordinanza del 14 ottobre 2020.
Per quanto riguarda le modalità d’azione dell’Interpol, la Cassazione non ha nulla da rimproverare e afferma che “non può essere mosso alcun rilievo alla decisione dell’Ufficio centrale nazionale italiano di avere consentito la diffusione delle ricerche sul territorio nazionale al fine dell’arresto” della Marogna “nel caso della sua localizzazione”.
Quanto al pericolo di fuga, i giudici della Cassazione fanno presente che l’ordinanza di arresto “contiene una valutazione sul punto che non può dirsi del tutto assente o apparente, avendo il giudice di merito indicato specificatamente gli elementi a sostegno” come “l’allontanamento dalla residenza durante le indagini”. Appare invece “fondato” il motivo con il quale” la difesa della Marogna “denuncia la mancanza di motivazione della ordinanza impugnata nella parte in cui ha applicato la misura cautelare”. “La motivazione dell’ordinanza risulta effettivamente del tutto silente sulle ragioni che giustificavano l’applicazione provvisoria della misura cautelare, prima dell’arrivo della domanda estradizionale”, sottolinea i giudici della Cassazione, giudicando “assorbente” questo motivo di ricorso.
Pertanto giudici della Cassazione non si sono addentrati nell’esame dei Patti lateranensi per quanto riguarda l’estradizione verso la Santa Sede. Invece, l’udienza per la richiesta di estradizione dall’Italia nello Stato della Città del Vaticano si terrà il 18 gennaio prossimo, quando Cecilia Marogna si dovrà ripresentare davanti al tribunale di Milano, assistita dagli avvocati Fabio Federico e Maria Cristina Zanni dello studio Dinoia, per iniziare la discussione nel merito della procedura di estradizione. Entro quella data le autorità vaticane dovranno trasmettere gli atti in possesso per dimostrare le accuse.
La difesa della Marogna ha già in passato fatto sapere che non sussisterebbero i termini per farla eventualmente processare dai giudici vaticani, visto che nei Patti Lateranensi, all’articolo 22, è prevista solo l’estradizione da Vaticano a Italia, ma non è normato il contrario. In effetti, anche i giudici milanesi (Presidente Matacchioni e Membri del collegio Arnaldi e Siccardi), nell’ordinanza di scarcerazione, avevano sollevato un dubbio sul punto, scrivendo: “La difesa ha introdotto una complessa tematica in ordine alla possibilità di concedere l’estradizione, relativamente alla quale si intravedono profili di apprezzabile sostenibilità”. E ancora: “Marogna è cittadina italiana e vanta un indubbio radicamento sul territorio nazionale, essendo anche madre di una figlia minorenne”. La giustizia vaticana aveva fatto appello al fatto che i due Paesi facessero parte di una convenzione ONU sui reati correttivi che implica lo “scambio” di persone indagate in modo bilaterale.
[*] Lo Stato di diritto è riferito ad uno Stato che secondo la sua Costituzione realizza la Legge stabilita dal suo Parlamento e si sottomette al controllo di giudici indipendenti. In uno Stato di diritto ogni persona deve essere considerata secondo le leggi dello Stato nel rispetto dei diritti personali, tra cui la propria libertà di espressione. Purtroppo, dobbiamo rilevare che lo Stato della Città del Vaticano non ha un Parlamento e che il Capo di Stato è un monarca assoluto (di tipo elettivo), che detiene in pieno tutti i poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario, incluso il quarto poter, quello mediatico). Ci duole che, Quindi, non può essere considerato uno Stato di diritto. Di questo tema abbiamo già parlato in passato, tra altro negli articoli sopra linkati e inoltre ricordiamo The Associated Press e Galli della Loggia. Incompatibilità delle procedure della Santa Sede con le norme europee. Lo Stato della Città del Vaticano non garantisce i “diritti fondamentali” a un giusto processo – 12 gennaio 2021.
Carta internazionale dei diritti dell’uomo.
European Court of Human Rights-Cour européenne des droits de l’homme.