Australia calcola come vaticani i bonifici italiani. Austrac organo revisore da revisionare? Ma dai!

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Aggiungiamo alcune considerazioni dopo l’articolo pubblicato ieri su questa rubrica Australian Gate. Austrac ha fatto i conti senza l’oste? 9,5 milioni di dollari AUS dal Vaticano in Australia dove sono finiti? I vescovi australiani sapevano?, a firma di Vik van Brantegem, Editore di Korazyn.org.

Il Comunicato della Santa Sede, pubblicato ieri sul Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, invece di sciogliere dubbi fa sorgere nuovi interrogativi in merito al caso che abbiamo definito “Australian Gate”. Il caso delle transazioni Vaticane in Australia è di per sé una questione davvero delicata, fatta di dati per i quali si attendono ulteriori verifiche oggettive. Poiché, se un errore viene commesso, esso va anche spiegato. Vatican News, l’house organ della Santa Sede titola: “Le presunte transazioni del Vaticano in Australia”. Oltre ad essere presunte le cifre in questione, restano presunte le motivazioni delle transazioni.

E, come se non bastasse, ora si addensano ombre pure su un organo estero di revisione blasonato, come l’Austrac (Australian Transaction Reports and Analysis Centre). Perché, se c’è uno sbaglio, che già di per sé è un fatto rilevante per una istituzione governativa del genere (che fa – tra le altre – opera di revisione finanziaria da “antiterrorismo”), la misura dell’errore di calcolo ammesso è davvero considerevole. Inoltre, si tratta di un periodo non proprio breve, ma di sei anni, dal 2014 al 2020. Nessuno all’Austrac l’ha mai notato? Ma dai! Su tutto ciò va fatta piena luce. Se l’Austrac ha ammesso un errore di calcolo, quali soldi ha calcolato? Quali transazioni ha letto? Come ha fatto a confondere i dati italiani con quelli vaticani?

Le ispezioni di Austrac si basano su dati-letture di bonifici esistenti, che a quanto pare, forse, sono anche da attribuire a presunti dati italiani. Questi sono elementi che restano tali, anche se sono letti (e attribuiti) male. Nel senso che un dato può essere male interpretato, ma il dato c’è e va comunque attribuito ad una operazione compiuta con relativa motivazione dallo Stato che la emette.

Austrac, da organo di revisione, se legge “bene” un dato può sbagliare l’attribuzione. Ma quel dato Austrac l’ha letto e anche se lo ha “codificato male” il dato esiste. La Santa Sede comunica che Austrac ha ammesso l’errore. Questa giustificazione effimera non basta, poiché l’errore va anche spiegato ai fini della trasparenza finanziaria. Lo Stato australiano immaginiamo debba essere molto preoccupato che il proprio organo di revisione commetta simili errori. Questo è un errore enorme, che pone interrogativi sull’operato di Austrac. “Errore di codifica del computer”, interessante sarebbe sapere che dato visibile è stato decodificato, che deve a questo punto essere verificato e compreso da Austrac. Va spiegato prima di tutti al proprio governo australiano e anche a quello italiano visto che alla Santa Sede è stato spiegato. Austrac ha considerato come vaticane anche le operazioni provenienti dallo Stato italiano, quello che dice Austrac va analizzato e messo sotto lente con devozione. È possibile che quindi sia coinvolto e chiamato in causa anche il Ministero delle Finanze italiano, il quale dovrà esprimersi in proposito.

Se le operazioni ricollegabili al Vaticano ammontano alla somma di 9,5 milioni di dollari AUS, il resto della discrepanza appartiene tutto all’Italia? A chi appartiene l’ingente discrepanza, che riguarda il resto delle transazioni che Austrac ha rilevato? Da 9,5 milioni a 2,3 miliardi di dollari AUS la discrepanza è enorme e in modo trasparente dovrà essere spiegata punto per punto. “Step by step”.

La comunicazione della Santa Sede prosegue nel Comunicato ufficiale, affermando che “si smonta il caso degli enormi trasferimenti finanziari”. A parte il fatto che 9,5 milioni di dollari AUS restano una somma alta e considerevole, c’è da aggiungere che non si smonta proprio nulla.

Anzi, per noi, il mistero s’infittisce:
9,5 milioni di dollari AUS
362 transazioni
26.000 dollari AUS di media per ciascun bonifico
2014-2020, sei anni arco temporale dei trasferimenti
da Vaticano per Australia e non viceversa

Conclusione

Sappiamo bene, che solo due enti della Santa Sede possono compiere tali movimentazioni di denaro e sono nella fattispecie l’Istituto per le Opere di Religione (IOR) e l’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede (APSA).

Dopo aver attentamente analizzato i fatti del caso Malta/palazzo di Budapest con gli esiliati Cipriani e Tulli [Esuli vaticani: Cipriani e Tulli scaricati e isolati a Malta. Lo IOR e il caso del palazzo ungherese – 2 gennaio 2021], possiamo affermare senza temere smentite, che il “nuovo” IOR negli ultimi anni è divenuto istituto prezioso per la trasparenza dal servizio finanziario specchiato, che rispetta le regole internazionali con il coraggio di denunciare altri enti vaticani avvolti nella nebbia dell’opacità economica, dalle quali denunce sono state scoperchiate dall’interno alcune pentole vaticane. Il 21 gennaio 2021 andrà a sentenza il processo Caloia&Co. [Il Promotore di giustizia vaticano ha chiesto la condanna a 8 anni per ex Presidente IOR, Angelo Caloia – 6 dicembre 2020] e siamo in attesa degli sviluppi penali del caso 60SA [lo scandalo finanziario scaturito dall’acquisizione del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra da parte della Segreteria di Stato]. In questa fase delicata, un ringraziamento particolare va a chi ha avuto un ruolo delicato ma fermo, l’incorruttibile banchiere di ferro, il calabrese Gian Franco Mammì, Direttore generale dello IOR [Gian Franco Mammì, il “banchiere di ferro”, figura cruciale al vertice dello IOR. Le sue denunce hanno portato a “scoperchiare dall’interno la pentola” degli scandali finanziari in Vaticano – 6 dicembre 2020]. L’Istituto per le Opere di Religione, con peculiarità di operatività equiparata ad una banca a tutti gli effetti, in piena autonomia svolge attività preventivamente autorizzate dalla sua Commissione Cardinalizia di Vigilanza.

Ipotesi finale ad adsurdum da verificare

L’altro ente sopracitato, l’APSA è un ente che può sicuramente movimentare enormi somme di denaro dalla Città del Vaticano per il mondo. Però, c’è un aspetto non di poco conto da considerare. L’APSA, per operare all’interno dello Stato della Città del Vaticano ha bisogno di appoggiarsi allo IOR e per operare all’esterno ha necessariamente bisogno di avere l’appoggio di banche straniere, poiché l’APSA non ha peculiarità equiparate ad una banca.

Di seguito ragioniamo per assurdo, ma forse non siamo molto distanti dalla realtà, sapendo – come disse Pio XI – che “a pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina”. Detto da un Papa, chi lo oserà mettere in dubbio? Quindi, informiamo i nostri attenti lettori, che osiamo formulare un’ipotesi ritenendola noi stessi assurda, ma che resterà sullo sfondo di menti maliziose, finché non ci saranno risposte convincenti alle sopraddette domande. Se, e sottolineiamo se, l’APSA volesse mandare dei soldi in Australia, allora avrebbe bisogno di una banca. Questa banca potrebbe essere una banca italiana (dove l’APSA ha un conto con codice IBAN). Questa ipotetica banca italiana invierebbe dei soldi vaticani in Australia sotto il profilo di flussi di dati italiani. Questi dati in codice sono da decodificare per la banca che li riceve e li interpreta come codici vaticani (pensando si tratti di errore). Sono codici che anche l’Asif (Autorità di supervisione e informazione finanziaria, l’istituzione competente della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo) potrebbe non conoscere e quindi non riuscire a decodificare come “codici di flusso APSA occultati in italiano”. Asif, attuando verifiche con il suo omologo australiano, e Austrac potrebbero dare lettura errata, come errore di sistema. Un errore che si attribuisce all’Austrac, perché il computer che legge “male” i codici da decodificare è quello di Austrac. È possibile che né Asif, né Austrac sappiano riconoscere i codici APSA occultati nei flussi italiani?

Sicuramente l’errore è nostro, che ragioniamo per assurdo su ipotesi folli e chiediamo scusa di essere andati così oltre ogni logica plausibile. Ma credeteci, saremmo ben felici di commettere questo errore e di sbagliarci. Perché altrimenti, gli scenari che si aprirebbero davanti ai nostri occhi, sarebbero disastrosi. E dire disastrosi è un eufemismo.

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