Isoliamoci dal contagio mediatico dei falsari! Le domande sui bonifici dal Vaticano in Australia durante il processo Pell sono cruciali

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Ad una prima lettura dell’articolo che segue (preceduto da una nostra traduzione italiana dall’inglese), sembra che CNA ci legge proprio e leggendo meglio possiamo pure eliminare il termine “sembra”. Ciò posto, noi non abbiamo mai paragonato Becciu a Pell. Ci siamo solo chiesti se il caso Pell ha insegnato qualcosa. La nostra domanda era soprattutto in merito alla riabilitazione di un cardinale messo ai margini e poi accolto come il figliol prodigo dall’Uomo lunatico che Veste di Bianco. Il nostro pezzo in questione tocca alcuni aspetti del caso Becciu diventato il caso L’Espresso, ma non tutti. Quindi quello che scrive la CNA è un po’ carente sulla lettura che dà di tutta la vicenda molta complessa e l’analisi è quindi incompleta, non utile per arrivare alla verità. Inoltre, c’è anche qualche errore fattuale, per esempio, non è vero che “il Papa ha cacciato Becciu settimane prima che gran parte dei rapporti che cita fossero pubblicati”, come è stato ampiamente documentato non solo da noi, ma anche da Feltri sul quotidiano Libero e da Scaraffia sul gruppo del Quotidiano Nazionale.

Concordiamo con il Cardinale Pell, che in una recente intervista, come ricorda CNA, ha sottolineato che “tutta la verità potrebbe e deve venire fuori in un processo, che è l’unico vero modo per chiudere la questione”, non la giustizia sommaria della cacciata a modo di Mastro Titta. E come osserva CNA, “resta da vedere se i pubblici ministeri incrimineranno formalmente Becciu”.

Foto di Sodacan, basato sull’immagine nei National Archives of Australia/Wikipedia).

Comunque, alla redazione di CNA ci si dovrebbero impegnare di più. Soprattutto devono impegnarsi a trovare chi ha fatto i bonifici australiani (perché l’unica cosa che si sa è che i soldi sono partiti dallo Stato della Città del Vaticano e sono giunti in Australia. Tutti sono stati a chiedere la motivazione (e in molti hanno anche indicato il perché, ma senza fornire prove documentale) di questi trasferimenti di denari. Però, più importante delle ragioni di tali bonifici: nessuno ha detto ancora da quali fondi sono stati presi, chi li ha mandati e chi li ha ricevuti in Australia. Il meglio deve ancora avvenire.

E mentre [Omissis] e Damilano restano muti come pesci, il Commonwealth dell’Australia – a parte di essere un continente e una monarchia parlamentare federale – resta pur sempre un’isola, come la Sardegna. Quindi, intorno hanno un mare, e in particolare l’Australia è circondato dagli Oceani Indiano e Pacifico, dove nuotano gli squali in attesa della preda da sbranare. Dissociandoci dall’analisi incompleta di CNA, isoliamoci dal contagio mediatico dei falsari!

Analisi: c’è una strada di ritorno per il Cardinale Becciu?
di Ed Condon
Washington, D.C. Newsroom, 3 dicembre 2020 / 15:00 MT (CNA)
.- A due mesi dalla sua caduta in disgrazia, il Cardinale Angelo Becciu rimane nelle notizie e fuori da ogni futuro conclave papale.
E nonostante i tentativi del Cardinale caduto in disgrazia di combattere per riguadagnare la credibilità, sembra che ci siano poche prospettive di un ritorno a favore per Becciu, che ora è effettivamente un cardinale solo di nome.
Becciu, l’ex sostituto della Segreteria di Stato e Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, resta bloccato in una disputa pubblica con i media italiani, che considera responsabili per aver rovinato la sua reputazione e carriera.
Sostiene, in sostanza, che è stato cacciato dal suo incarico e che Papa Francesco si è rivoltato contro di lui a causa di notizie ingiuste e false da parte dei media su affari finanziari condotti sotto la sua direzione o supervisione.
Becciu è arrivato al punto di citare in giudizio una rivista italiana, sostenendo che questa copertura gli è costata la possibilità per diventare il prossimo Papa, anche se il Papa ha cacciato Becciu settimane prima che gran parte dei rapporti che cita fossero pubblicati.
Il cardinale ha ripetutamente negato qualsiasi illecito nella sua gestione degli affari finanziari del Vaticano, nonostante i rapporti secondo cui ha aiutato a indirizzare i fondi della Chiesa verso organizzazioni controllate dai membri della sua famiglia. Ha anche negato le accuse secondo cui denaro del Vaticano era stato trasferito all’Australia al momento del processo al Cardinale George Pell, la nemesi di lunga data di Becciu nella riforma finanziaria curiale.
Le accuse più drammatiche mosse a Becciu devono ancora essere messe alla prova in un tribunale, in Vaticano o in Italia, e i sostenitori del cardinale hanno montato una decisa difesa mediatica, tentando di dipingere la caduta in disgrazia di Becciu come un sinistro complotto contro di lui, il papa e contro la Chiesa stessa. All’inizio di questa settimana, i media locali nella nativa Sardegna di Becciu hanno riferito che il cardinale aveva ricevuto una telefonata amichevole da Papa Francesco, e altri siti di notizie hanno suggerito che la chiamata fosse l’apertura verso la possibile riabilitazione di Becciu.
Alcuni hanno suggerito che un giorno Francesco potrebbe dare il bentornato a un Becciu esonerato, proprio come ha fatto con Pell, a seguito dell’assoluzione di quest’ultimo da parte dell’Alta Corte australiana all’inizio di quest’anno. Ma i parallelismi tra i due cardinali potrebbero rivelarsi inesatti.
Ma a differenza di Becciu, a Pell non è mai stato chiesto di dimettersi né dai suoi uffici curiali né dai suoi privilegi da cardinale, e il papa si è rifiutato di spogliarlo di entrambi, anche dopo essere stato inizialmente condannato da un tribunale australiano.
Nonostante il lungo rapporto di lavoro tra Francesco e Becciu, qualunque siano le prove che i promotori di giustizia vaticani hanno mostrato al Papa a settembre, è stato sufficiente per convincere il Papa a trattare sommariamente con Becciu, in un modo più simile a Theodore McCarrick che a George Pell. L’intero contenuto di quel dossier deve ancora essere messo alla prova o trasmesso in pubblico, ma il contenuto potrebbe andare ben oltre i titoli recenti della stampa.
Dietro le accuse che più attirano l’attenzione, domande molto più serie, molto più complicate e molto meglio documentate affliggono il tempo di Becciu a capo della prima sezione della Segreteria di Stato – domande sulla rete di uomini d’affari a cui fu data la gestione di centinaia di milioni di euro del denaro della Chiesa, dove è andato a finire quel denaro e chi ne ha tratto profitto.
Queste domande, e un’indagine in corso da parte dei pubblici ministeri vaticani, hanno preso ritmo da quasi due anni, minando l’insistenza del cardinale sul fatto che è vittima del lavoro di una rivista scandalistica.
I titoli più importanti sono stati dedicati alle accuse di denaro trasferito in Australia durante il calvario di Pell: accuse non ancora supportate e non comprovate. Viene inoltre prestata attenzione alla jet-setting compratrice di borse a capo di una rete di intelligence de facto che Becciu avrebbe costruito.
Anche al di là di quei resoconti sensazionali, gran parte dell’interesse dei media per le finanze vaticane si concentra sull’acquisto di un edificio londinese da un uomo d’affari italiano, Raffaele Mincione, per centinaia di milioni di euro, con l’accordo finalizzato nel 2018 – dopo la partenza di Becciu dalla segreteria.
Molto meno attenzione è stata prestata al precedente utilizzo di fondi vaticani, tra cui l’Obolo di San Pietro, per garantire massicci prestiti da banche svizzere, comprese quelle con la reputazione di ignorare le normative antiriciclaggio, in presunti tentativi di mantenere gli investimenti ad alto rischio fuori dai bilanci vaticani e al di fuori dei meccanismi di controllo.
Ancora meno scrutinio, almeno in pubblico, dato alla possibilità che i fondi vaticani fossero investiti in prodotti finanziari legati ad aziende italiane con legami alla criminalità organizzata, o indicazioni di conflitti di interesse tra gli imprenditori incaricati di gestire gli investimenti della Santa Sede.
Altri resoconti hanno sollevato interrogativi ancora senza risposta sulla possibilità che un passaporto vaticano sia stato concesso a [Omissis], un uomo d’affari laico coinvolto nell’affare di Londra, e la nomina di Fabrizio Tirabassi, un funzionario laico curiale, a una società lussemburghese controllata da Gianluigi Torzi – che è stato successivamente arrestato e accusato di estorsione alla Santa Sede. Lo stesso funzionario laico è stato recentemente perquisito dalla polizia, che ha scoperto centinaia di euro in contanti e monete d’oro nascoste nelle sue due case.
Il fatto che cinque membri del vecchio dipartimento di Becciu, tutti che hanno riferiti a lui da anni, siano stati perquisiti e sospesi dagli investigatori mesi prima delle sue stesse dimissioni, offusca ulteriormente l’argomento secondo cui egli è la semplice vittima di un’improvvisa campagna mediatica.
Mentre Becciu ha sostenuto di non essere a conoscenza di nulla di sbagliato negli affari finanziari del suo vecchio dipartimento, è comunque rimasto attivo nella gestione degli affari finanziari vaticani anche dopo la sua nomina alla non connessa carica di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. All’inizio di quest’anno, è stato riferito che Becciu si è preso personalmente la responsabilità di fare pressioni sul Papa e sul Cardinale Parolin per accettare una nuova offerta per l’edificio di Londra da un gruppo di uomini d’affari rappresentati dall’avvocato di Raffaele Mincione.
L’offerta è stata respinta, ma il ruolo attivo di Becciu nel cercare di vendere l’affare al suo vecchio dipartimento suggerisce almeno il suo costante coinvolgimento negli affari finanziari e il suo rapporto con una rete di individui interessati a fare affari con il Vaticano.
In una recente intervista, il Cardinale George Pell ha espresso sorpresa per la “criminalità technicolor” segnalata in relazione alle finanze vaticane, e ha menzionato la delusione per il fatto che i suoi peggiori sospetti sembravano trovare conferma. Ma, ha sottolineato Pell, tutta la verità potrebbe e deve venire fuori in un processo, che è l’unico vero modo per chiudere la questione.
Resta da vedere se i pubblici ministeri incrimineranno formalmente Becciu, o se la Santa Sede permetterà all’ancora cardinale secondo il diritto, di affrontare le accuse in un’altra giurisdizione.
Nel frattempo, sotto il turbinio delle speculazioni mediatiche quotidiane e delle proteste di Becciu, le indagini vaticane procedono lentamente, così come il lento dipanarsi di uno scandalo apparentemente in corso da anni.

Analysis: Is there a road back for Cardinal Becciu?
by Ed Condon
Washington, D.C. Newsroom, Dec 3, 2020 / 03:00 pm MT (CNA).-
Two months since his fall from grace, Cardinal Angelo Becciu remains in the news, and out of any future papal conclave.
And despite the disgraced cardinal’s attempts to fight his way back to credibility, there seems little prospect of a return to favor for Becciu, who is now effectively a cardinal-in-name-only.
Becciu, the former sostituto at the Secretariat of State and prefect of the Congregation for the Causes of Saints, remains locked in a public dispute with Italian media, whom he blames for ruining his reputation and career.
He claims, in essence, that he has been hounded from office and Pope Francis turned against him because of unfair and untrue media reporting on financial affairs conducted under his direction or supervision.
Becciu has gone so far as to sue an Italian newspaper, claiming its reporting cost him a fighting chance to become the next pope, even though the pope dismissed Becciu weeks before much of the reporting he cites was published.
The cardinal has repeatedly denied any wrongdoing in his handling of Vatican financial affairs, despite reports that he helped steer Church funds to organizations controlled by members of his family. He has also denied allegations that Vatican money was wired to Australia at the time of the trial of Cardinal George Pell, Becciu’s long-time nemesis is Curial financial reform.
The most dramatic accusations leveled against Becciu have yet to be tested in a court, either in the Vatican or in Italy, and supporters of the cardinal have mounted a determined media defense, attempting to paint Becciu’s fall from grace as a sinister plot against him, the pope, and against the Church itself. Earlier this week, local media in Becciu’s native Sardinia reported the cardinal had received a friendly phone call from Pope Francis, and other news sites suggested that call was the opening of a door to Becciu’s possible rehabilitation.
Some have suggested that Francis may one day welcome back an exonerated Becciu, much in the way he has done Pell, following the latter’s vindication by the Australian High Court earlier this year. But parallels between the two cardinals may prove inexact.
But unlike Becciu, Pell was never asked to resign either his curial offices or his privileges as a cardinal, and the pope refused to strip him of either – even after he was initially convicted by an Australian court.
Despite the long working relationship between Francis and Becciu, whatever evidence Vatican prosecutors showed the pope in September, it was enough to convince the pope to deal with Becciu summarily, in a way more similar to Theodore McCarrick than George Pell. The full contents of that dossier have yet to be tested or aired in public, but the contents may go well beyond recent headlines.
Behind the most eye-catching allegations, far more serious, far more complicated, and far better documented questions plague Becciu’s time in charge of the first section of the Secretariat of State — questions about the network of businessmen given charge of hundreds of millions of euros of Church money, where that money went, and who profited from it.
These questions, and an ongoing investigation by Vatican prosecutors, have been gathering pace for almost two years, undercutting the cardinal’s insistence that he is the victim of a tabloid hit job.
The biggest headlines have been given to the allegations about money transferred to Australia during Pell’s ordeal: allegations as yet unsupported and unsubstantiated. Attention is also given to the jet-setting, purse-buying leader of a de facto intelligence network Becciu is alleged to have built.
Even beyond those sensational accounts, much of the media interest in Vatican finances centers on the purchase of a London building from an Italian businessman, Raffaele Mincione, for hundreds of millions of euros, with the deal being finalized in 2018 – after Becciu’s departure from the secretariat.
Far less attention has been paid to previous the use of Vatican funds, including Peter’s Pence, to secure massive loans from Swiss banks, including those with a reputation for disregarding anti-money laundering regulations, in alleged attempts to keep high-risk investments off Vatican balance sheets and outside of oversight mechanisms.
There has been even less scrutiny, at least in public, given to the possibility that Vatican funds were invested in financial products tied to Italian companies with links to organized crime, or indications of conflicts of interest between the businessmen charged with managing Holy See investments.
Other reports have raised still unanswered questions about the possibility a Vatican passport was granted to [Omissis], a lay businessman involved in the London deal, and the appointment of Fabrizio Tirabassi, a lay curial official, to a Luxembourg company controlled by Gianluigi Torzi – who was subsequently arrested and charged with extorting the Holy See. The same lay official was recently raided by police, who discovered hundreds of euros in cash and gold coins stashed in his two homes.
That five members of Becciu’s old department, all of whom reported to him for years, were raided and suspended by investigators months before his own resignation further tarnishes the argument that he is the simple victim of a sudden press campaign.
While Becciu has maintained that he was unaware of anything amiss in the financial dealings of his old department, he nevertheless remained active in the management of Vatican financial affairs even after his appointment to the unrelated post of prefect at the Congregation for the Causes of Saints. Earlier this year, it was reported that Becciu took personal charge of lobbying the pope and Cardinal Parolin to accept a new bid on the London building from a group of businessmen represented by Raffaele Mincione’s lawyer.
That bid was rejected, but Becciu’s active role in trying to sell the deal to his old department at least suggests his ongoing involvement in financial affairs, and his relationship with a network of individuals interested in doing business with the Vatican.
In a recent interview, Cardinal George Pell expressed surprise at the “technicolor criminality” being reported in relation to Vatican finances, and mentioned disappointment that his own worst suspicions appeared to have been vindicated. But, Pell stressed, the full truth could and must come out in a trial, which is the only real way of closing the matter.
It remains to be seen if prosecutors will formally charge Becciu, or if the Holy See would allow the still-in-law cardinal to face charges in another jurisdiction.
In the meantime, underneath the swirl of daily media speculation and Becciu’s own protestations, the Vatican investigation slowly grinds on, as does the slow unravelling of a scandal apparently years in the making.

Foto di copertina: foto di Ssolbergj-Aquarius.geomar.de/Wikipedia.

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