Guide cieche

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Scribi e farisei erano indubbiamente persone di cultura, studiavano con cura meticolosa la sacra Legge e si sforzavano anche di metterla in pratica. Gesù, tuttavia li accusava di essere “guide cieche” perché incapaci di percepire le novità del suo insegnamento. L’evangelista Giovanni ha saputo scolpire questa cecità nel racconto del cieco nato, guarito da Gesù (cf Gv 9).

Il Maestro guarisce il cieco violando la legge del riposo in giorno di sabato. La cecità dei farisei sta nel fatto che essi rifiutano di vedere nel gesto prodigioso un segno di Dio: sono convinti che, se Gesù ha violato il sabato, non può essere da Dio, Egli è perciò un peccatore.

Naturalmente, il Dio degli scribi e dei farisei coincide con il Dio della loro teologia, della loro tradizione e della loro morale; per cui, fuori di questa visione, non poteva esserci verità.

Essi hanno anche la pretesa di essere i giusti in assoluto, di appartenere a quella classe che più di altri possiede la verità, ma il cieco, ormai vedente, asserisce il contrario di quanto dicono i farisei e afferma: “Se quello mi ha dato la vista, vuol dire che viene da Dio” Questa convinzione è violentemente respinta dai farisei, gli unici autorizzati a interpretare la legge e ad agire di conseguenza.

Il fatto che i ciechi riabbiano la vista è segno inequivocabile della pienezza messianica. Ogni qualvolta si manifestano le opere di Dio si compie il giudizio che stravolge la falsa sapienza. Il cieco crede alla verità del fatto prodigioso che Gesù compie nei suoi occhi bui che ora vedono. L’evidenza di un fatto, pur semplice, fa crollare un sistema. La storia è piena di questi “fatti”. Il sistema tolemaico è crollato perché alcune macchioline offuscavano il cannocchiale di un certo Galileo Galilei. Il sistema farisaico esclude per principio che si possa compiere un prodigio di umanità violando la legge del sabato. Chi non accetta la lezione è ipso facto scomunicato. La cecità dei farisei consiste nel fatto che i loro giudizi sono già predeterminati. Se la guarigione è avvenuta di sabato, il fatto non è vero, mentre la circostanza di tempo è peccato grave secondo quella cecità di giudizio. E qui saltano fuori i sofismi del sistema che esplodono nel colpevolizzare la cecità dell’accattone miracolato e di conseguenza nel disprezzarlo profondamente: “Fin dalla nascita sei immerso nel peccato e pretendi di insegnare a noi ?” (v. 34).

La cecità dello spirito porta sempre alla condanna e al disprezzo del prossimo da parte di chi detiene qualsiasi genere di potere. Le famose “leggi”, fattesi strumento di chi le tutela e le applica, si deformano in perfido sistema chiuso e sanzionano le discriminazioni istituzionali tra giusti e peccatori, tra onniscienti e ignoranti, tra chi appartiene al potere costituito e chi invece vive di onesta libertà e feconda semplicità.

Ringraziamo Gesù che è venuto ed è intervenuto a far saltare questo perfido sistema con la sapienza che risvegliala coscienza di chi accoglie e vive la sua Parola di Verità.

Intanto, provocatoriamente e non dubbiosamente, i farisei si chiedono: “Siamo forse ciechi anche noi?” Gesù risponde a tono: “Poiché dite: “noi vediamo”, il vostro peccato rimane” (v. 41). Il cieco, ormai vedente, proprio perché confessa e testimonia la verità dei fatti, è cacciato fuori dalla sinagoga e i farisei credono così di rendere onore a Dio. Se si è credenti in Cristo, se si rende testimonianza alla verità con gli occhi della propria coscienza illuminata dal vangelo, non importa essere cacciati dalla sinagoga, e non importa neanche da quale sinagoga! I farisei in nome di Mosè, i cristiani in nome di Gesù, possono usare quel nome come strumento di menzogna per reprimere e cacciare fuori tutti quelli che minacciano il “sistema della legge”. Anche i cristiani che dicono “noi vediamo”, possono essere in quel “peccato che rimane”, perché mancano loro l’ascolto e la visione della Parola.

La voce di Cristo penetra fino alle radici dell’essere. Gesù ci possiede rendendoci liberi e ci rende liberi possedendoci. Chi non respira la libertà del vangelo è figlio dell’illusione. Il cieco vedente, cacciato dalla sinagoga, entra ormai nell’ovile di Gesù Buon Pastore. La porta per cui vi entra è unica: Cristo che ha donato la vita per tutti. Sa amare soltanto chi è capace di donarsi “gratuitamente” senza protezioni e senza dubbi. Spesso, però, invece di liberare gli altri dai loro “accecamenti” si diventa loro oppressori e così si ricade in se stessi pagando il prezzo di quella solitudine dolorosa e corrosiva che esplode dalla disperata cecità dell’autoaffermazione e dell’auto idolatria che rendono incapaci di “far vedere” chi “non vede”. Quello che rimane alle “guide cieche” è soltanto l’ombra di se stessi nello spettro infernale di una natura che dovrebbe trovare la pienezza del proprio essere nella povertà della libertà e dell’apertura all’altro, nell’audacia del “perdersi” per amore di Cristo. Al povero cieco, la Luce increata dona la luce creata e, nel dono di natura, all’ormai vedente è anche donato lo splendore della fede.

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