Cinquanta studiosi, giornalisti e opinion-leaders di tutto il mondo sul “fatto ineluttabile della revisione critica del Concilio Vaticano II”

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Già in passato abbiamo dato spazio al dibattito sul Concilio Vaticano II e recentemente con due intervento: “Il Concilio Vaticano II e le difficoltà dell’interpretazione. Conciliare lo zelo per la verità con la correttezza e l’amore del prossimo”, 24 giugno 2020 e “Editoriale di Vatican News: criticano Papa Francesco ma respingono il Concilio Vaticano II. Non solo cose nuove, non solo cose antiche”, 23 giugno 2020.
Di seguito riportiamo due interventi, pubblicati oggi 15 luglio 2020 su Corrispondenza Romana:
– “Lettera aperta all’Arcivescovo Carlo Maria Viganò e al Vescovo Athanasius Schneider”, Cinquanta studiosi, giornalisti e opinion-leaders di tutto il mondo, sul fatto ineluttabile della revisione critica del Concilio Vaticano II.
– “Fake news? No, verità storica”, di Roberto de Mattei: “Perché escludere che verrà un giorno in cui anche il Concilio Vaticano II possa essere ripudiato, in parte, o in blocco, come avvenne per il Concilio di Costanza e i suoi decreti?”.

Lettera aperta all’Arcivescovo Carlo Maria Viganò e al Vescovo Athanasius Schneider
Corrispondenza Romana, 15 luglio 2020

La revisione critica del Concilio Vaticano II è un fatto ormai ineluttabile. Un nuovo impulso al dibattito è stato dato nelle scorse settimane da alcuni articolati interventi dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, già nunzio pontificio negli Stati Uniti, e da mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana in Kazakistan.
Cinquanta studiosi, giornalisti e opinion-leaders di tutto il mondo hanno reso noto oggi un documento di sostegno ai due vescovi, rinnovando la richiesta di “un dibattito aperto e onesto su quanto è successo davvero all’interno del Vaticano II e sulla possibilità che il Concilio e la sua attuazione contengano errori o aspetti che favoriscono errori o pregiudicano la Fede”.
Ne riportiamo il testo integrale, pubblicato oggi in sei lingue.

Vostre Eccellenze,
Noi sottoscritti vogliamo esprimere la nostra sincera gratitudine per la Vostra fermezza e per la Vostra sollecitudine per le anime dei fedeli durante l’attuale crisi della Fede all’interno della Chiesa Cattolica. Le Vostre dichiarazioni pubbliche, che esortano ad aprire un dibattito onesto e aperto sul Concilio Vaticano II e sui cambiamenti drammatici operati nella fede e nella prassi da esso provocati hanno rappresentato una fonte di speranza e di consolazione per molti fedeli cattolici. Oggi, ossia più di cinquant’anni dopo la sua chiusura, gli eventi del Concilio Vaticano II si mostrano come qualcosa di unico nella storia della Chiesa. Mai prima d’ora un concilio ecumenico era stato seguito da un periodo così lungo di confusione, corruzione, perdita della fede e umiliazione per la Chiesa di Cristo.
Il cattolicesimo si è sempre distinto dalle false religioni per la sua insistenza sul fatto che l’Uomo debba ritenersi una creatura razionale e che il credo religioso, ben lungi dal sopprimerla, incoraggia la riflessione critica dei cattolici. Molti, ivi compreso l’attuale Santo Padre, sembrano mettere il Concilio Vaticano II, i suoi testi, i suoi atti e le loro applicazioni pratiche, in una fortezza fuori dalla portata dell’analisi critica e del dibattito. Contro le preoccupazioni e le obiezioni sollevate dai cattolici di buona volontà, il Concilio è stato innalzato allo status di “super-concilio”, [1] la menzione del quale pone fine ai dibattiti invece di incoraggiarli. La Vostra esortazione a rintracciare le radici della presente crisi nella Chiesa e il Vostro appello ad agire per correggere tutte le deviazioni del Vaticano II — che sembra ormai essere stato un errore — sono un egregio esempio di adempimento dell’ufficio episcopale in modo da tramandare la Fede così come la Chiesa l’ha ricevuta.
Vi siamo riconoscenti per la Vostra esortazione a iniziare un dibattito aperto e onesto su quanto è successo davvero all’interno del Vaticano II e sulla possibilità che il Concilio e la sua attuazione contengano errori o aspetti che favoriscono errori o pregiudicano la Fede. Un dibattito di questo tipo non può partire dalla conclusione secondo la quale il Concilio Vaticano II sia per sé, tanto nella sua totalità come nelle sue parti, in continuità con la Tradizione. Sottomettere il dibattito a una condizione preliminare del genere significa stroncare sul nascere l’analisi critica e ogni discussione, consentendo esclusivamente la presentazione di prove che supportino la conclusione appena menzionata. La questione se il Vaticano II possa conciliarsi o meno con la Tradizione è il punto da dibattere, non la premessa obbligatoria da seguire ciecamente anche qualora si dimostri contraria alla ragione. La continuità del Vaticano II con la Tradizione è un’ipotesi da verificare e da discutere, non un fatto incontrovertibile. È già da troppi decenni che la Chiesa ha visto troppo pochi pastori permettere — e tanto meno incoraggiare — un dibattito di questo tipo.
Undici anni fa Monsignor Brunero Gherardini aveva già rivolto una richiesta filiale a Papa Benedetto XVI: “È da molto tempo che ho in mente quest’idea (che mi permetto ora di esporre a Vostra Santità): mi riferisco alla possibilità di fornire una chiarificazione grandiosa e definitiva a tutti gli aspetti e contenuti dell’ultimo concilio. In realtà sembrerebbe una cosa logica — e a me sembra urgente — che tali aspetti e contenuti siano studiati tanto in sé come nel loro contesto insieme a tutti gli altri, con un esame scrupoloso di tutte le fonti e dal punto di vista specifico della continuità col precedente Magistero della Chiesa, tanto solenne come ordinario. Sulla base di un lavoro scientifico e critico — il più ampio e irreprensibile possibile — di comparazione col Magistero tradizionale della Chiesa sarà allora possibile affrontare questo tema giungendo a una valutazione certa e obiettiva del Vaticano II”. [2]
Vi siamo riconoscenti anche per aver voluto identificare alcuni dei punti dottrinali più importanti da affrontare in una siffatta analisi critica e per aver fornito un modello per un dibattito franco ma equilibrato che tolleri il disaccordo. Abbiamo raccolto alcuni esempi dai Vostri recenti interventi sugli argomenti che — come avete ben indicato — devono essere affrontati e — qualora si dimostri che sono erronei — corretti. La nostra speranza è che questa raccolta possa servire come base per una discussione e un dibattito più dettagliati. Non pretendiamo che questa lista sia esclusiva, perfetta o completa. Né siamo necessariamente tutti d’accordo sulla natura esatta di ciascuna delle critiche citate qui sotto o sulle risposte alle questioni da Voi sollevate, eppure siamo concordi nel ritenere che le Vostre domande meritino risposte oneste e non di essere semplicemente accantonate con argomentazioni ad hominem contenenti accuse di disobbedienza o di rottura della comunione. Anche qualora tutto ciò che voi affermate fosse falso, che gli interlocutori lo provino; in caso contrario, la gerarchia deve prestare ascolto alle vostre richieste.
La libertà religiosa per tutte le religioni come diritto naturale voluto da Dio
– Vescovo Schneider: “Gli esempi includono alcune espressioni del Concilio sul tema della libertà religiosa (intesa come un diritto naturale — quindi voluta in modo certo da Dio — di praticare e diffondere una falsa religione, ivi compresa l’idolatria e anche peggio) … [3]
– Vescovo Schneider: “Sfortunatamente, appena poche frasi più giù, il Concilio [nella Dignitatis Humanae] intacca questa verità introducendo una teoria mai insegnata prima dal Magistero costante della Chiesa, vale a dire che l’uomo possederebbe il diritto, fondato sulla sua stessa natura, ‘di non essere ostacolato dall’agire secondo la propria coscienza in materie religiose, tanto nel privato come in pubblico, tanto individualmente come in associazione con altre persone, entro i dovuti limiti’ (ut in re religiosa neque impediatur, quominus iuxta suam conscientiam agat privatim et publice, vel solus vel aliis consociatus, intra debitos limites, n. 2). Secondo questa dichiarazione, l’uomo avrebbe il diritto, basato sulla sua stessa natura (e pertanto voluto in modo certo da Dio) di non essere ostacolato nello scegliere, dal praticare e dal diffondere, anche collettivamente, l’adorazione di un idolo, o persino la venerazione di Satana, dato che esistono anche religioni che venerano Satana, per esempio la ‘chiesa di Satana’, a cui, in alcune nazioni, viene riconosciuto lo stesso valore legale di tutte le altre religioni”. [4]
L’identità della Chiesa di Cristo con la Chiesa cattolica e il nuovo ecumenismo
– Vescovo Schneider: “[La sua] [del Concilio] distinzione tra Chiesa di Cristo e Chiesa cattolica (il problema del “subsistit in” dà l’impressione che esistano due realtà separate: da una parte la Chiesa di Cristo, dall’altra la Chiesa cattolica); e la sua posizione nei confronti delle religioni non cristiane e del mondo contemporaneo”. [5]
– Vescovo Schneider: “Affermare che i musulmani venerino insieme a noi l’unico Dio (“nobiscum Deum adorant”), come il Concilio Vaticano II ha fatto nella Lumen Gentium, n. 16, costituisce da un punto di vista teologico una dichiarazione estremamente ambigua. Non è vero che noi cattolici veneriamo insieme ai musulmani l’unico Dio. Non lo veneriamo insieme a loro. Nell’atto di venerazione, veneriamo sempre la Santa Trinità; non veneriamo semplicemente “l’unico Dio”, bensì, in modo consapevole, la Santa Trinità — Padre, Figlio e Spirito Santo. L’islam rifiuta la Santa Trinità. Quando i musulmani venerano, lo fanno senza raggiungere il livello sovrannaturale della fede. Anche il nostro atto di venerazione è radicalmente differente. È nella sua essenza differente. Proprio perché ci rivolgiamo a Dio e Lo veneriamo come figli costituiti come tali all’interno dell’ineffabile dignità della divina adozione filiale e perché lo facciamo con fede sovrannaturale. I musulmani, invece, non hanno la fede sovrannaturale. [6]
– Arcivescovo Viganò: “Sappiamo bene che citando il passo della Scrittura Littera enim occidit, spiritus autem vivificat [Perché la lettera uccide, lo spirito dà vita (2 Cor 3,6)] i progressisti e i modernisti avevano trovato il modo di nascondere astutamente espressioni equivoche all’interno dei testi conciliari, che all’epoca sembravano innocui ai più ma che oggi si rivelano nel loro carattere sovversivo. È il metodo impiegato nell’uso della frase subsistit in: dire una mezza verità in modo da non offendere l’interlocutore (ammesso e non concesso che sia lecito silenziare la verità di Dio come forma di rispetto per le Sue creature) ma con l’intenzione di poter utilizzare il mezzo errore che sarebbe immediatamente respinto qualora venisse proclamata l’intera verità.
Pertanto “Ecclesia Christi subsistit in Ecclesia Catholica” non specifica l’identità di entrambe, bensì la sussistenza dell’una all’interno dell’altra e, coerentemente, anche all’interno delle altre chiese: da qui nascono l’apertura alle celebrazioni interconfessionali, alle preghiere ecumeniche e il rinnegamento inevitabile della necessità della Chiesa ai fini della salvezza, nella sua unicità e nella sua natura missionaria”. [7]
Il primato papale e la nuova collegialità
– Vescovo Schneider: “Per esempio, il semplice fatto che una ‘nota explicativa praevia’ al documento Lumen Gentium sia necessaria dimostra che il testo della Lumen Gentium, al n. 22, è ambiguo sul tema del rapporto tra il primato papale e la collegialità episcopale. I documenti che hanno chiarito il Magistero in tempi post-conciliari, come le encicliche Mysterium Fidei, Humanae Vitae e il Credo del popolo di Dio di Paolo VI sono stati di grande valore e aiuto, ma non hanno chiarito le summenzionate dichiarazioni ambigue del Concilio Vaticano II”. [8]
Il Concilio e i suoi testi sono la causa di molti scandali ed errori attuali
– Arcivescovo Viganò: “Se è legittimo venerare la pachamama in una chiesa, lo si deve alla Dignitatis Humanae. Se abbiamo una liturgia protestantizzata e allo stesso tempo addirittura paganizzata, lo si deve agli atti rivoluzionari di Monsignor Annibale Bugnini e alle riforme post-conciliari. Se si è potuto firmare la Dichiarazione di Abu Dhabi, lo si deve alla Nostra Aetate. Se siamo arrivati al punto di delegare le decisioni alle Conferenze Episcopali — anche nel caso della grave violazione del Concordato, come è successo in Italia —, lo si deve alla collegialità e alla sua versione aggiornata, la sinodalità [vedi]. Per colpa della sinodalità ci ritroviamo con l’Amoris Laetitia nella necessità di cercare come di prevenire ciò che era ormai sotto gli occhi di tutti: l’intenzione di questo documento, preparato da una macchina organizzativa impressionante, di legittimare la Comunione ai divorziati che convivono con nuovi partner; allo stesso modo, la Querida Amazonia verrà usata per legittimare il sacerdozio femminile (come nel caso recente della ‘vicaria episcopale’ di Friburgo) e l’abolizione del Santo Celibato”. [9]
– Arcivescovo Viganò: “Ma se all’epoca era difficile immaginare che la libertà religiosa condannata da Pio XI (Mortalium Animos) avrebbe potuto essere affermata dalla Dignitatis Humanae, o che il Romano Pontefice potesse vedere la sua autorità usurpata da un fantomatico collegio episcopale, oggi siamo in grado di capire che quanto venne astutamente nascosto nel Concilio Vaticano II viene attualmente affermato ore rotundo nei documenti papali proprio in nome di una coerente applicazione del Concilio”. [10]
– Arcivescovo Viganò: “Possiamo quindi affermare che lo spirito del Concilio non è altro che il Concilio stesso, che gli errori del periodo post-conciliare erano già contenuti in nuce negli Atti Conciliari, così come si afferma anche correttamente che il Novus Ordo è la Messa del Concilio, anche se in presenza dei Padri del Concilio veniva celebrata quella Messa che i progressisti definiscono in modo significativo pre-conciliare”. [11]
– Vescovo Schneider: “A qualsiasi persona intellettualmente onesta che non cerchi di fare la quadratura del cerchio risulta chiaro che l’asserzione fatta nella Dignitatis Humanae, secondo la quale ogni uomo avrebbe il diritto — basato sulla sua stessa natura (e quindi voluto in modo certo da Dio) — di praticare e diffondere una religione in conformità con la propria coscienza, non differisce sostanzialmente dall’affermazione contenuta nella Dichiarazione di Abu Dhabi, secondo la quale: ‘Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi’”. [12]
Abbiamo preso nota delle differenze da Voi sottolineate tra le soluzioni che ognuno di Voi ha proposto per reagire alla crisi esplosa col Concilio Vaticano II. Ad esempio, l’arcivescovo Viganò ha sostenuto che sarebbe meglio “dimenticare” del tutto il Concilio, mentre il vescovo Schneider, in disaccordo con lui su questo punto specifico, propone ufficialmente di correggere solo quelle parti dei documenti del Concilio che contengono errori o che sono ambigue. Il Vostro scambio di opinioni cortese e rispettoso dovrebbe servire da modello per un dibattito ancora più robusto che tanto Voi come noi desideriamo. Troppo spesso, negli ultimi cinquant’anni, al disaccordo col Vaticano II si è replicato con meri attacchi ad hominem invece che con argomentazioni civili. Esortiamo tutti coloro che vogliono unirsi a questo dibattito a seguire il Vostro esempio.
Preghiamo la Nostra Santa Madre, San Pietro Principe degli Apostoli, Sant’Atanasio e San Tommaso d’Aquino di proteggere e preservare le Vostre Eccellenze. Possano essi ricompensarvi per la Vostra fedeltà alla Chiesa e confermarVi nella Vostra difesa della Fede della Chiesa.
In Christo Rege.
Donna F. Bethell, J.D.
Prof. Dr Brian McCall
Paul A. Byrne, M.D.
Edgardo J. Cruz-Ramos, Presidente Una Voce Puerto Rico
Dr Massimo de Leonardis, Professore (ret.) di Storia delle Relazioni Internazionali
Prof. Roberto de Mattei, Presidente della Fondazione Lepanto
Fr Jerome W. Fasano
Mauro Faverzani, giornalista
Timothy S. Flanders, scrittore e fondatore di un apostolato laico
Matt Gaspers, direttore di Catholic Family News
Corrado Gnerre, direttore del movimento Il Cammino dei Tre Sentieri
M. Virginia O. de Gristelli, Direttrice del Circolo di Formazione S. Bernardo di Chiaravalle, Argentina
Jorge Esteban Gristelli, Editore (Argentina)
Dr Maria Guarini STB, direttore del blog Chiesa e postconcilio
Kennedy Hall, scrittore
Prof. Dr em. Robert D. Hickson
Prof. Dr.rer.nat. Dr.rer.pol. Rudolf Hilfer
Rev. John Hunwicke, Senior Research Fellow Emeritus, Pusey House, Oxford
Prof. Dr Peter Kwasniewski
Leila M. Lawler, scrittore
Pedro L. Llera Vázquez, preside di scuola e collaborator di InfoCatólica
James P. Lucier PhD
Massimo Magliaro, giornalista, direttore di “Nova Historica”
Antonio Marcantonio, MA
Dr Taylor Marshall, scrittore
The Reverend Deacon, Eugene G. McGuirk
Fr Michael McMahon Prior St. Dennis Calgary
Fr Cor Mennen
Fr Michael Menner
Dr Stéphane Mercier, Ph.D., S.T.B.
Hon. Andrew P. Napolitano, analista di Fox News; Visiting Professor in Giurisprudenza
Fr Dave Nix, eremite diocesano
Prof. Paolo Pasqualucci
Fr Dean Perri
Dr Carlo Regazzoni, Filosofo
Fr Luis Eduardo Rodríguez Rodríguez
Don Tullio Rotondo
John F. Salza, Esq., Avvocato cattolico e apologeta
Wolfram Schrems, Wien, Mag. theol., Mag. Phil., catechista
Henry Sire, storico e scrittore
Robert Siscoe, scrittore
Jeanne Smits, giornalista
Dr. sc. Zlatko Šram, Croatian Center for Applied Social Research
Fr Glen Tattersall, Parrocco, parrocchia di St John Henry Newman (Melbourne, Australia)
Marco Tosatti, giornalista
Giovanni Turco, Associato di Filosofia del Diritto pubblico all’Università di Udine
Jose Antonio Ureta
Aldo Maria Valli, giornalista
Dr Thomas Ward, Presidente della National Association of Catholic Families
John-Henry Westen, co-fondatore e direttore di LifeSiteNews
Willy Wimmer, Segretario di Stato, Ministero della Difesa (ret.)

Sacerdoti o intellettuali che volessero firmare la Lettera Aperta possono scrivere a: QUI.

[1] Cardinal Joseph Ratzinger, Santiago del Cile, 13 luglio 1988
[2] Concilio Vaticano II: Un discorso da fare (Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009), pubblicato successivamente in inglese col titolo The Ecumenical Vatican Council II: A Much Needed Discussion (il presente estratto è tratto da FSSPX.News)
[3] Remnantnewspaper.com [TRADUZIONE]
[4] Lifesitenews.com [TRADUZIONE]
[5] Remnantnewspaper.com [TRADUZIONE]
[6] Lifesitenews.com [TRADUZIONE]
[7] Lifesitenews.com [TESTO ORIGINALE]
[8] Remnantnewspaper.com [TRADUZIONE]
[9] Lifesitenews.com [TESTO ORIGINALE]
[10] Lifesitenews.com [TESTO ORIGINALE]
[11] Catholicfamilynews.com [TESTO ORIGINALE]
[12] Lifesitenews.com [TRADUZIONE]
(Traduzione di Antonio Marcantonio)

Fake news? No, verità storica
di Roberto de Mattei
Corrispondenza Romana, 15 luglio 2020

Sul suo blog Settimo Cielo del 13 luglio, il vaticanista Sandro Magister ha pesantemente criticato i vescovi Carlo Maria Viganò e Athanasius Schneider, lanciando loro l’accusa di diffondere “fake news”.
Il termine “fake news” è riferito anche alla tesi di mons. Schneider, secondo cui, nella sua storia, la Chiesa ha corretto errori dottrinali commessi in precedenti concili ecumenici, senza con ciò “minare le fondamenta della fede cattolica”. Magister accusa Schneider di incompetenza storica, citando, a riprova, un breve intervento del cardinale Walter Brandmüller sul Concilio di Costanza, che in realtà nulla smentisce di quanto affermato da mons. Schneider.
I fatti sono questi. Il 6 aprile 1415 il Concilio di Costanza emanò il decreto conosciuto come Haec Sancta (testo dell’Haec Sancta in Mansi, XXIX, coll. 21-22), in cui si affermava solennemente che il Concilio, assistito dallo Spirito Santo, riceveva il suo potere direttamente da Dio: pertanto ogni cristiano, compreso il Papa, era tenuto ad obbedirgli. Haec Sancta è un documento rivoluzionario che ha sollevato molte questioni perché fu prima interpretato in continuità con la Tradizione e, successivamente, riprovato dal Magistero Pontificio. Esso ebbe la sua coerente applicazione nel decreto Frequens, del 9 ottobre 1417, che indiceva un Concilio cinque anni più tardi, il successivo dopo altri sette anni e poi uno ogni dieci anni, attribuendo di fatto al Concilio la funzione di organo collegiale permanente, che si affiancava al Papa e di fatto gli era superiore.
Il cardinale Brandmüller osserva che «l’assise che emanò quei decreti non era per nulla un concilio ecumenico autorizzato a definire la dottrina della fede. Si trattò, invece, di un’assemblea dei soli seguaci di Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa), uno dei tre ‘papi’ che si contendevano in quel tempo la guida della Chiesa. Quell’assise non aveva nessuna autorità. Lo scisma durò fino al momento in cui si unirono all’assemblea di Costanza anche le due altre parti, cioè i seguaci di Gregorio XII (Angelo Correr) e la ‘natio hispanica’ di Benedetto XIII (Pedro Martinez de Luna), fatto avvenuto nell’autunno del 1417. Soltanto da quel momento il ‘concilio’ di Costanza diventò un vero concilio ecumenico, sia pure ancora senza il papa che alla fine è stato poi eletto». Tutto vero, ma Martino V, eletto “vero” Papa a Costanza l’11 novembre 1417, nella bolla Inter cunctas del 22 febbraio 1418, riconobbe l’ecumenicità del Concilio di Costanza e tutto ciò che esso aveva deciso negli anni precedenti, sia pure con una formula genericamente restrittiva: «in favorem fidei et salutem animarum» (Joseph Von Hefele, Histoire des Conciles d’après les documents originaux, Letouzey et Ané, Parigi 1907, vol. I, pp. 53, 68-74 e vol. VII-1, p. 571). Egli dunque non ripudiò la Haec Sancta e applicò con rigore il decreto Frequens, fissando la data di un nuovo Concilio generale, che si tenne a Pavia-Siena (1423-1424), e designò la città di Basilea come sede della successiva assise.
Il Concilio si aprì a Basilea il 23 luglio 1431. Il successore di Martino V, Eugenio IV, con la bolla Duduum Sacrum del 15 dicembre 1433, ratificò i documenti che l’assemblea aveva emanato fino a quel momento, tra cui la Haec Sancta che i Padri “conciliaristi” di Basilea proclamavano come loro magna charta. Lo stesso Eugenio IV, nel Decreto del Concilio di Firenze che il 4 settembre 1439 condannò i Padri di Basilea, per “salvare” il Concilio di Costanza fece ricorso a quella che, in termini moderni, potrebbe essere definita una “ermeneutica della continuità” come oggi si fa con il Concilio Vaticano II. Egli sostenne infatti che la proposizione della superiorità dei Concili sul Papa, affermata dai Padri di Basilea sulla base dell’Haec Sancta, era «una cattiva interpretazione (pravum intellectum), data dagli stessi basileensi, che di fatto si rivela come contraria al senso genuino della Sacra Scrittura, dei Santi Padri e dello stesso concilio di Costanza» (Decreto del Concilio fiorentino contro il sinodo di Basilea, VII sessione del 4 settembre 1439, in Conciliorum Oecumenicorum Decreta, a cura dell’Istituto per le Scienze Religiose, EDB, Bologna 2002, p. 533). I Padri di Basilea, secondo il Papa, «interpretano la dichiarazione del Concilio di Costanza in un senso malvagio e riprovevole, del tutto estraneo alla sana dottrina» (ivi, p. 532). Oggi si direbbe: un’interpretazione abusiva del Concilio Vaticano II, che ne travisa i documenti.
Successivamente, nella lettera Etsi dubitemus del 21 aprile 1441, Eugenio IV condannò i «diabolici fundatores» della dottrina del conciliarismo: Marsilio da Padova, Giovanni di Jandun e Gugliemo di Ockham (Epistolae pontificiae ad Concilium Florentinum spectantes, Pontificio Istituto Orientale, Roma 1946, pp. 24-35), ma nei confronti della Haec Sancta ebbe un atteggiamento esitante, sempre sulla linea dell’“ermeneutica della continuità”. Lo stesso Eugenio IV ratificò il Concilio di Costanza, nel suo insieme e nei suoi decreti, «absque tamen praejudicio juris, dignitatis et praeminentiae Sedis apostolicae», come scrive il 22 luglio 1446 al suo legato: una formula che chiariva il senso della restrizione di Martino V, condannando implicitamente, in nome del Primato del Romano Pontefice, tutti coloro che si richiamavano al Concilio di Costanza per affermare la superiorità del concilio sul Papa.
Successivamente la tesi della “continuità” tra l’Haec Sancta e la Tradizione della Chiesa fu abbandonata dai teologi e dagli storici, tra cui il cardinale Brandmüller, che giustamente espunge dalla Tradizione della Chiesa l’Haec Sancta e il decreto Frequens. Già all’epoca della Contro-Riforma, il padre Melchor Cano affermò che l’Haec Sancta andava rifiutata perché non aveva la forma dogmatica di un «decreto in cui si obbligavano i fedeli a credere o si condannava il contrario» (De locis theologicis (1562), trad. spagnola BAC, Madrid 2006, p. 351). Analogamente il cardinale Baudrillart, nel Dictionnaire de Théologie Catholique, ritiene che il Concilio di Costanza, emanando l’Haec Sancta, non ebbe l’intenzione di promulgare una definizione dogmatica, ed è anche per questo che tale documento fu successivamente ripudiato dalla Chiesa (voce Concile de Constance, in DTC, III,1, col. 1221). Lo stesso afferma lo storico della Chiesa August Franzen (Das Konzil der Einheit, in A. Franzen und Wolfgang Mueller, Das Konzil von Konstanz. Beitraege zu seiner Geschichte und Theologie, Herder. Freiburg- Basel-Wien 1964, p. 104). Perciò ponendosi il problema dell’ecumenicità del Concilio di Costanza, uno dei suoi maggiori conoscitori, il padre Joseph Gill scrive che «les historiens s’accordent à le considérer comme oecuménique, mais dans des proportions variables» (Constance et Bale-Florence, Editions de l’Orante, Paris 1965, p. 111).
Perché escludere che verrà un giorno in cui anche il Concilio Vaticano II possa essere ripudiato, in parte, o in blocco, come avvenne per il Concilio di Costanza e i suoi decreti?

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