Erdogan islamizza Hagia Sophia. Europa e Santa Sede stanno a guardare. Cominciamo del basso: non con nostro silenzio

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Un decreto del Presidente turco Recep Rayyip Erdogan ha stabilito, che la Hagia Sophia – il “Tempio della divina Sapienza” – la Basilica di Santa Sofia ad Istanbul ridiventerà una moschea, dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato la trasformazione in museo del luogo di culto avvenuta nel 1934. Lo stesso Erdogan ha annunciato per il 24 luglio una prima preghiera musulmana a Santa Sofia.

I mosaici dell’imperatrice Zoe (XI secolo) a Hagia Sophia. Cristo Pantocratore è seduto nel mezzo. Alla sua destra si trova l’Imperatore Costantino IX Monomachos e alla sua sinistra l’Imperatrice Zoe.

++++ Aggiornamento, 12 luglio 2020 – Il Papa si esprime sulla Hagia Sophia – Al termine della recita dell’Angelus Domini in Piazza San Pietro, domenica 12 luglio 2020, Papa Francesco è intervenuto sul decreto del 10 luglio 2020 del Presidente turco Receip Tayyip Erdogan, di riconversione in moschea della Hagia Sophia (la Sapienza di Dio), l’ex basilica cristiana che con la conquista islamica ottomana, il 29 maggio 1453 divenne moschea e il 1º febbraio 1935 museo per decisione del primo Presidente della moderna Repubblica di Turchia, Mustafa Kemal Atatürk. Con questa decisione, da tempo annunciata, il Califfo sul Bosforo colpisce un luogo simbolo e interrompe il dialogo non solo fra Islam e Cristianità, ma anche fra Turchia ed Europa. In tanti chiedevamo in questi giorni una presa di posizione dalla Santa Sede, anche se gli osservatori di professione ritenevano che Papa Francesco decidesse di non parlare, a beneficio di un intervento riservato e diplomatico (che non è detto che non ci sia stato). L’attenzione mondiale era dunque alta oggi a mezzogiorno.
Le parole di Papa Francesco: “Penso a Santa Sofia, e sono molto addolorato” (I think of Hagia Sophia, and I am very saddened – Pienso en Santa Sofía, y estoy muy dolido). ++++

La decorazione interna della Hagia Sophia, in origine, era composta esclusivamente da motivi floreali o geometrici, scelta che prelude al periodo iconoclasta, i mosaici con figure rinvenuti sono pertanto tutti posteriori all’867. Il primo ad essere stato realizzato è quello nella conca absidale raffigurante la Vergine con il Bambino (nel timpano della porta che attualmente introduce all’endonartece, sul lato meridionale della chiesa, la cosiddetta Porta Bella).

La Vergine in trono con il Bambino con ai lati Costantino il grande nell’atto di donarle la città e Giustiniano che le offre il modellino della chiesa di Santa Sofia. Fatto realizzare da Basilio II nel 989 o nel 1019, in occasione della sua vittoria sui bulgari.

La posizione della Vergine – rivestita dal maphorion – e del Bambino (compreso l’avanzamento del piede sinistro per conferire profondità) dipendono fortemente dalla Theotokos dell’abside da cui si discostano per una diversa concezione dello spazio come si nota nel forte ribaltamento della prospettiva del suppedaneo.
Nel vestibolo che precede l’ingresso al nartece vero e proprio era probabilmente localizzato il mosaico, oggi perduto, raffigurante l’arcangelo Michele con la spada sguainata come in atto di difendere la chiesa, descritto da Niceta Coniata.
Le porte di bronzo che introducono al vestibolo (da cui attualmente in realtà si esce al termine della visita) risalgono al II sec. a.C. (le croci vennero aggiunte successivamente) e furono trasportate qui dall’isola di Tarso durante il regno dell’imperatore Teofilo (829-842).

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Seguono l’articolo a firma di Emanuela Campanile su Vatican News di ieri, 10 luglio 2020 (l’articolo sul sito di informazione del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede è sinora l’unico pronunciamento proveniente dalla Santa Sede in riferimento alla decisione del decreto del Presidente turco, riportando il monito critico, pronunciato settimane fa, dal Patriarca ecumenico Barolomeo I e le reazioni critiche, diramate ieri, dalla Grecia, dal Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie e dall’Unesco alla decisione del capo di Stato turco) e l’articolo di Renato Farina su Libero di oggi, 11 luglio 2020 (Erdogan ruba Santa Sofia ai cristiano; il Presidente turco ha trasformato la Basilica in una moschea; gli ortodossi protestano, Europa e Vaticano restano indifferenti: “La trasformazione di Santa Sofia in moschea è parte di un progetto imperiale. Il volto spirituale di una conquista che per gli islamici è sempre molto concreta. Qualcuno in alto, dica: non con il nostro silenzio. Qui cominciamo dal basso”).

La Basilica di Santa Sofia diventa una moschea

«Da cattedrale bizantina dedicata alla Sapienza Divina – inaugurata nel 537 sotto l’imperatore cristiano Giustiniano – a moschea, quando gli Ottomani nel 1453 conquistarono Costantinopoli e ribattezzarono la città Istanbul. Poi convertita in museo nel 1934 con un decreto del padre fondatore della Turchia moderna, Mustafa Kemal Ataturk. Oggi, un decreto del presidente Recep Tayyip Erdogan, arrivato subito dopo la decisione del Consiglio di Stato di annullare la decisione di Ataturk accogliendo la richiesta di un piccolo gruppo islamista locale, stabilisce il trasferimento della gestione del sito bizantino dal Ministero della Cultura alla Presidenza degli Affari Religiosi, convertendo di fatto in moschea Santa Sofia. Con un discorso alla nazione, il presidente turco ha annunciato che il 24 luglio si terrà la prima preghiera a Santa Sofia.
Il monito del Patriarca Bartolomeo
Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, nei giorni scorsi, aveva denunciato i rischi di una decisione in tal senso: “Spingerà milioni di cristiani in tutto il mondo contro l’islam”. In virtù della sua sacralità, Santa Sofia, aveva rimarcato il Patriarca, è un centro di vita “nel quale si abbracciano Oriente e Occidente”, e la sua riconversione in luogo di culto islamico “sarà causa di rottura tra questi due mondi”. Nel XXI secolo è “assurdo e dannoso che Hagia Sophia, da luogo che adesso permette ai due popoli di incontrarci e ammirare la sua grandezza, possa di nuovo diventare motivo di contrapposizione e scontro”.
Atene: una provocazione
Il governo greco ha descritto come “provocazione al mondo civile” la decisione del tribunale turco. “Il nazionalismo mostrato dal Presidente turco Recep Tayyip Erdogan riporta il suo Paese indietro di sei secoli”, ha detto in un comunicato il Ministro della Cultura greco Lina Mendoni.
Il Patriarcato di Mosca: serie conseguenze
“La preoccupazione di milioni di cristiani non è stata ascoltata”. Lo ha detto il portavoce della Chiesa ortodossa russa Vladimir Legoida all’agenzia Interfax . Per l’arciprete Nikolai Balashov, vice capo delle relazioni esterne della Chiesa ortodossa russa, “questo è un evento che potrebbe avere serie conseguenze per l’intera civiltà umana”.
Erdogan: ogni critica è un attacco alla nostra indipendenza
Erdogan, rispondendo alle critiche, ha difeso la decisione invocando la “sovranità nazionale” e assicurando che le porte di Santa Sofia continueranno a essere aperte a tutti, musulmani e non musulmani, come avviene per tutte le moschee: “Ogni critica – ha detto – è un attacco alla nostra indipendenza”. Centinaia di fedeli musulmani si sono recati davanti a Santa Sofia gridando: “Allah è grande”. Il capo dell’Associazione per il servizio delle Fondazioni storiche e dell’ambiente ha dichiarato che continuare a lasciare Hagia Sophia come museo farebbe “male alla coscienza delle persone”.
Il rammarico dell’Unesco: Santa Sofia resti simbolo di dialogo
L’Unesco si è profondamente rammaricata per la decisione della Turchia, che cambia il “valore universale eccezionale” del sito, “potente simbolo di dialogo”. “Un Paese – afferma l’agenzia Onu – deve assicurarsi che nessuna modifica mini lo straordinario valore universale di un sito sul suo territorio che si trova nella lista. Ogni modifica deve essere notificata dal Paese all’Unesco e verificata dal World Heritage Commitee”» (Emanuela Campanile – Vatican News, 10 luglio 2020).

L’Islam alle porte. Erdogan ruba Santa Sofia ai cristiani e al mondo

«Una volta, alla notizia della occupazione islamica della basilica cristiana più bella e sacra dell’Oriente, Santa Sofia a Bisanzio-Istanbul, si sarebbero alzati un Pietro l’Eremita o un Goffredo di Buglione a organizzare una crociata. Non esageriamo, non si pretende tanto, altri tempi. Ma almeno una piccola voce di protesta, un leggerissimo monito al Sultano sarebbe stato gradito. Invece niente. Europa muta, Italia silente, Vaticano prudente, cattolici dormienti. Solo gli ortodossi hanno protestato, il patriarca Kirill di Mosca ha suonato le sue campane: “E’ una minaccia per l’insieme della civilizzazione cristiana”, ma ad esse non hanno risposto in un concerto universale quelle di Roma. L’ecumenismo è un chiacchiericcio buono per i documenti, ma non funziona per la difesa di una storia e di una presenza comune. A dire il vero il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha espresso dissenso rispetto alla prepotenza anti cristiana di Erdogan, e però ha desistito vista la consueta resa del Vecchio Continente. Ma sì, avanti Turchia, forza Erdogan, siamo qui pronti a prosternarci, specie noi italiani. Sono la Turchia insieme col suo presidente ad essere i padroni del Mediterraneo. Lo Stivale è infilato a bagnomaria in un mare che è oramai ottomano, altro che Nostrum.
La presa di Santa Sofia, la sua occupazione musulmana, non è un affare interno della Turchia. I confini religiosi non coincidono con quelli di uno Stato. Appartengono ad una storia non meno decisiva di quella che si traccia sulle carte geografiche. Esistono sfregi, atti bellici che non hanno bisogno di missili intercontinentali. Jean-François Colosimo, uno dei massimi storici della religione, ha cercato di sollevare l’attenzione degli statisti e dell’opinione pubblica con un editoriale su Le Figaro. Ha spiegato: “Nella testa di questo specialista del ricatto diplomatico (Erdogan), la riconversione di Santa Sofia in moschea è una dichiarazione di guerra e ci vorrebbe una Monaco della civiltà”. Come nel 1937 con Hitler. Figuriamoci. Anzi meglio di no: un Chamberlain redivivo cederebbe su tutta la linea, gli regalerebbe i Sudeti. Non c’è in giro alcun Churchill.
Più attenti a Belen
Il fatto è che Recep Tayyip Erdogan i suoi Sudeti se li è già presi. La Tripolitania è negli ultimi mesi diventata sua e in questi giorni il dominio si sta consolidando militarmente e attraverso gesti di prepotenza simbolica nella nostra incredibile indifferenza. Sarebbero eventi storici, cambiamenti di paradigmi geopolitici, che preparano sconvolgimenti nella vita quotidiana delle nostre famiglie, ma non ce ne accorgiamo, siamo più attenti al gossip su Belen che al ritorno dell’Impero Ottomano in Libia, dopo che la guerra giolittiana del 1911 gliela sottrasse.
I tragici errori italiani
Se non lo si fosse capito, la Libia è oggi di Erdogan con il suo viceré al-Serraj, il quale è il suo presidente fantoccio. Costui era stato da noi insediato con uno spericolato trasferimento da Tunisi a Tripoli. A fine 2019 ci aveva chiesto soccorso di fronte agli attacchi di Haftar (Bengasi, filo egiziano) e dei francesi. La Turchia è piombata a pochi chilometri dalla Sicilia, e con i suoi soldati e i suoi missili ha preso possesso di terra e mare, e persino dei profughi: lì ammassati pronti a essere spediti o trattenuti nell’inferno a seconda dei comodi imperiali di Ankara. Ce la siamo voluta. Nel 2011 abbiamo aiutato, sotto lo sciagurato comando di Giorgio Napolitano, francesi inglesi e americani a buttar giù atrocemente Gheddafi, e con una politica estera demenziale siamo riusciti con i giallorossi a perfezionare il disastro.
Conviene spiegare che cosa sia stata e sia Santa Sofia, e perché sia così grave la sua conversione forzata al culto coranico. Nel 324, Costantino spostò a Bisanzio la capitale dell’Impero. Sei anni dopo vi costruì, riprendendo le forme del Pantheon, la basilica cristiana di Hagia Sophia, in greco “tempio della divina Sapienza”. Giustiniano perfezionò magnificamente questo estremo lembo d’Europa . La bellezza della chiesa è tuttora stupefacente. Il 1453 gli ottomani conquistarono Bisanzio-Costantinopoli. Applicando il diritto della spada ne fecero una moschea. Tale restò, finché Mustafa Kemal Ataturk inventore della Turchia laica e moderna sanò lo strazio della rapina sacra e la trasformò in patrimonio di ogni religione, offrendola al mondo come museo (1935). Ed ecco il consiglio di Stato ha deciso all’unanimità di accettare la volontà del presidente che sta soffiando sul fuoco del fondamentalismo. Più di centocinquanta edifici cristiani sono stati trasformati in moschea. Ce ne sono già 80mila. Che importa: bisogna conquistare ogni palmo di terra e di cielo.
Lo storico israeliano Benny Morris ha manifestato sbigottimento per la passività dei cristiani, che hanno assistito a un “genocidio trentennale” (titolo del suo ultimo libro), un vero e proprio processo di sterminio di due milioni di cristiani turchi. La trasformazione di Santa Sofia in moschea è parte di un progetto imperiale. Il volto spirituale di una conquista che per gli islamici è sempre molto concreta. Qualcuno in alto, dica: non con il nostro silenzio. Qui cominciamo dal basso» (Renato Farina – Libero, 11 luglio 2020).

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