Quando i feuilletton li scrivevano gli scrittori

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Siamo sinceri: quante volte abbiamo preso in giro e sbeffeggiato i personaggi eroici delle saghe salgariane, da Sandokan al Corsaro nero. Li abbiamo presi in giro anche per via della loro strabordante presenza in quello che definiamo “immaginario collettivo”. E’ vero, i romanzi di Emilio Salgari sono sempre stati liquidati come letteratura minore, roba da feuilleton, romanzi d’appendice. Il più che prolifico scrittore di Verona viene ricordato quest’anno per via della ricorrenza dei centocinquantant’anni dalla sua nascita ed è stato celebrato sulle pagine dei giornali, in servizi televisivi e, ovviamente, con riedizioni delle sue opere. In questi mesi estivi da ustione confessiamo di aver cercato un certo refrigerio mentale proprio attraverso le pagine di storici romanzoni quali Il corsaro nero, di Salgari, appunto, e Il conte di Montecristo, di Dumas. Dobbiamo ammettere che il refrigerio lo abbiamo provato. Certo, lo stile è roboante, a volte al limite del ridicolo, con lungaggini di ogni sorta e ingenuità ottocentesche. Ma la pagina cattura, il ritmo è incalzante, la trama regge.

Si capisce che dietro le montagne di carta stampata esisteva un lungo rodaggio, un mestiere elaborato, un artigianato laborioso e – a tratti – geniale, che ancora oggi ha molto da insegnare. Perché, come per qualsiasi altro campo dell’attività umana, anche in quello della letteratura si è persa la capacità di imparare il “mestiere”, di fare dell’onesto artigianato, della voglia e delal capacità di raccontare storie, prima di fregiarsi del titolo di “scrittori”. In Italia, più che mai, il fenomeno è drammaticamente evidente. Escono miriadi di romanzi e di raccolte di racconti, ma il senso del ritmo e dell’avventura sono praticamente sconosciuti ai nostri prolifici autori, ammalati più che mai di solipsismo, di contorsioni mentali, di introspezione e di scarsa frequentazione – non diciamo delle sottigliezze stilistiche – ma della lingua italiana pin generale. Qualche autore percorre la strada del giallo con onorevoli risultati, talvolta anche pregevoli –abbiamo in mente, ad esempio,  Maurizio De Giovanni con i suoi raffinati casi ambientati nella Napoli degli anni Trenta e il suo commissario Ricciardi – e qualche autore di chiara fama, come Valerio Massimo Manfredi e Marco Buticchi, che scrivono piacevoli best-sellers tra storia e avventura, nonché l’outsider Valerio Evangelisti, uno dei più noti scrittori italiani di fantascienza, fantasy e horror, famoso soprattutto per il ciclo di romanzi che hanno come protagonista l’inquisitore Nicolas Eymerich.

 

All’estero sembrano avere un po’ più di respiro largo, guardando al di là delle strade del proprio quartiere o della città in cui vivono, molti autori, senza pensare di poter diventare dei novelli Tolstoi o Dickens, si prodigano a congegnare molte storie avventurose e avvincenti, operando un buon artigianato della letteratura. Citiamo i nomi di Clive Cussler, Ken Follett, Wilbur Smith, e, a livello più alto, l’immaginifico Stephen King, e uno dei caposaldi del fantasy moderno, George R.R: Martin, con la saga . Sul fronte del giallo classico, ci sono due scrittrici straordinarie, di primissimo livello, come P.D.James e Ruth Rendell.

Ma l’elenco è sterminato e spazia dalla Francia alla Gran Bretagna, passando ovviamente per gli Stati Uniti e comprendendo moltissimi altri Paesi, europei e non.

Certo, poi ci sono i fenomeni da baraccone: oggi imperversa ovunque la “trilogia” di E.L.James, (pseudonimo di Erika Leonard), le vicende erotiche (per modo di dire)  di una ragazza “inesperta” alle prese con un uomo bello, ricco, potente, perverso. Originale, vero? E tutti si precipitano a comprare quelli che sono stati definiti i peggiori romanzi degli ultimi quarant’anni. Imparare a scrivere viene considerata una fatica inutile. Accozzare frasi, infarcirle con volgari e turpiloqui vari, baloccarsi con situazioni morbose e torbide, ma descritte con assoluta mancanza del senso del ridicolo, è molto più semplice e sembra la via maestra per la celebrità e il successo. Ma alla lunga portano alla nausea e al rigetto.

Meglio immergersi nelle acque limpide e sicure dei Dumas e dei Salgari. Il cuore dell’uomo, in ogni epoca, anche nella nostra così segnata dal brutto e dallo squallido come categorie estetiche e dello spirito, è fatto per l’infinito, per il mistero e per l’avventura. Così, al nostro occhio smaliziato, la lettura di poche frasi come queste può spalancarsi l’orizzonte ancora vasto:”Una voce robusta, che aveva una specie di vibrazione metallica, s’alzò dal mare ed echeggiò fra le tenebre, lanciando queste parole minacciose. –Uomini del canotto! Alt! O vi mando a picco!…”. E’ l’incipit del Corsaro nero . Irresistibile.

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