Benedetto XVI a Loreto con lo sguardo a Papa Giovanni, al Concilio e all’ ecumenismo

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In fondo, è da quando c’è il patriarca Kirill a capo della Chiesa di Mosca che si tenta di combinare un incontro tra lui e il Papa. Benedetto XVI ha più volte definito l’ecumenismo “un percorso irreversibile”. E la recente visita di Kirill in Polonia, la riconciliazione tra le due Chiese, la candidatura della Finlandia a territorio neutro dove poter svolgere questo incontro, sono tutti segnali che la macchina è all’opera, e che magari spera di svolgere questo incontro proprio durante l’Anno della Fede e dell’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Sia Benedetto XVI che Kirill, in fondo, hanno più volte definito un “fallimento” i regimi fondati sull’ateismo, e proclamato l’importanza della religione nella vita pubblica. Quale momento migliore dell’Anno della Fede? E quale posto migliore di Loreto per poter cominciare questo percorso? Vale la pena ripercorrere la storia della peregrinazione della Santa Casa di Loreto. Era il 1291, e Califà, re d’Egitto, aveva conquistato la Galilea, facendo strage di 25 mila cristiani e mettendone in schiavitù 200 mila, e aveva chiuso ogni accesso ai Luoghi Santi, che erano a rischio. Nella notte tra il 9 e il 10 maggio, la casa fu staccata dalle fondamenta per opera degli angeli e trasportata per lunghissimi tratti di aria e di mare verso le spiagge della Dalmazia.

A Nazareth rimasero soltanto le fondamenta della casa, tuttora esistenti. Immaginate la sorpresa per alcuni boscaioli che si erano recati nella collina di Tersatto – situata non lontano da Fiume (oggi Rijeka) – e si erano trovati improvvisamente di fronte a questa piccola casa, mai vista prima, posata sul terreno, lunga 9,52 m, larga 4,10 e alta 4,30, con di fronte all’entrata un altare di pietra e sopra, sul muro una Croce Greca. Sull’altare, c’era una statua di legno della Madonna con il Bambino in braccio: la mano destra di Gesù era levata per benedire. Oltre l’altare, un focolare nero di fumo: era evidente che era stato a lungo utilizzato. C’era anche un armadio scavato nel muro e degli utensili da tavola. Arrivarono fedeli da ogni parte a vedere il misterioso prodigio. Non ci poté andare don Alessandro Giorgevich, parroco di Tersatto, perché ammalato. Fu la Madonna ad attestargli, in sogno, che quella era davvero la casa di Nazareth dove nacque, dove avvenne l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele e dove visse con Gesù. E poi, a testimoniare la veridicità dell’apparizione, don Alessandro fu miracolosamente guarito. Ma il dato si doveva accertare. Signore delle città era Nicolò Frangipane, che mandò in Palestina una delegazione di quattro persone: lo stesso don Alessandro, e tre notabili (ma solo di due si conosce il nome: Sismondo Orsich e Giovanni Gregoruschi).

Arrivati a Nazareth, notarono che la Santa Casa non era più a Nazareth, dove erano rimaste solo le fondamenta. Le misurarono, e trovarono che combaciavano perfettamente con le misure della perimetrazione delle tre pareti giunte a Tersatto. Di più: qualità e natura delle pietre rimaste e quelle giunte a Tersatto erano uguali in qualità e natura. Si doveva onorare quella Santa Casa. Frangipane vi fece costruire un muro di cinta. Ma la Casa restò a Tersatto solo poco più di tre anni. Dopo, misteriosamente scomparve, come vi era arrivata. E allora i Frangipane fecero costruire sul luogo ove la Santa Casa era rimasta prima una cappella commemorativa – che aveva le stesse dimensioni della Casa – poi una prima navata, poi una navata laterale che comunica con l’altra mediante larghe aperture. Non ci sono prove storiche – l’archivio storico di Tersatto è andato distrutto in un incendio – ma gli abitanti di Tersatto hanno sempre ritenuto vero il miracolo della traslazione della Santa Casa, né mai hanno protestato della scomparsa e della conseguente apparizione della casa in terra italiana. Anzi, nel XVII secolo ci sono prove documentali di pellegrinaggi di numerosissimi gruppi di abitanti della Dalmazia e dell’Illiria verso Loreto, a pregare la Santa Vergine che ritornasse ad abitare tra loro. Il vincolo che legò Tersatto a Loreto fu sempre forte e costante: non solo per diversi secoli i pellegrini vennero in gran numero a Loreto, ma molte famiglie si trasferirono qui dalla Dalmazia e ancor oggi si trovano nel contado e nella città cognomi slavi italianizzati.

È anche per questa storia che Loreto può diventare un simbolo dell’ecumenismo, dell’unione tra Oriente e Occidente, di quella Chiesa che mira a sanare ogni divisione. L’impegno di Benedetto XVI per una piena comunione tra tutte le confessioni cristiane (siano esse tradizionaliste, ortodosse, anglicane, protestanti) è sempre stato fortissimo. E magari a Loreto potrebbe marcare un passaggio importante.

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