Per l’omotransfobia non serve una nuova legge. La presa di posizione della Conferenza Episcopale Italiana. Vogliamo restare liberi

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Ne abbiamo scritto il 4 marzo 2020 – e 3 mesi dopo… meglio tardi che mai – arriva la presa di posizione della Conferenza Episcopale Italiana.

Con l’articolo “Distratti dal Coronavirus vogliono far passare una legge che condanna delle idee” del 4 marzo 2020 presentammo la campagna choc di Pro Vita & Famiglia contro il Pdl 569 Zan – contenente disposizioni in materia di contrasto dell’omofobia e della transfobia – che condanna delle idee. Il Governo Conte-Di Maio era arrivato con più di un mese di ritardo e a quasi due settimane dal paziente N. 1 di Codogno, con le raccomandazioni per l’emergenza Covid-19. E in piena emergenza Coronavirus, il Governo Conte-De Maio a cosa pensava (a parte di fare balconazo e lanciare promesse)? A far passare una legge per imporre il gender e toglierci la nostra libertà, non solo di movimento (per contrastare la diffusione del Coronavirus ed è il minimo) ma di pensiero.

Finalmente, registriamo la forte preoccupazione della Conferenza Episcopale Italiana per le proposte di legge in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: per questi ambiti “non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni”. Invece, “sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma significherebbe introdurre un reato di opinione”.

Nota dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana

I Vescovi contro ogni discriminazione
Omofobia, non serve una nuova legge

“Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, sottolinea Papa Francesco, mettendo fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva.
Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.
Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.
Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.
Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.
Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto.
Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese.
La Presidenza della CEI
Roma, 10 giugno 2020


Gandolfini (Family Day): grati ai Vescovi per il “No” alla legge sull’omofobia

“Siamo grati ai Vescovi italiani per aver ribadito che non serve una nuova legge sull’omotrans-fobia poiché esistono già le adeguate misure legislative per reprimere tutte le forme di discriminazione e violenza mosse sulla base dell’orientamento sessuale della persona. I presuli hanno chiarito che non esiste alcun vuoto normativo e che una misura ad hoc aprirebbe a derive liberticide. Si tratta di una posizione di buon senso che condividiamo pienamente”. Così Massimo Gandolfini, presidente del Family Day.
“Siamo altresì conviti, come ribadisce la Cei, che il dialogo e la promozione del rispetto reciproco devono essere promossi nella cornice della libertà d’espressione e che sia un diritto inalienabile della persona poter sostenere che ogni bambino ha diritto a un padre e una madre, che si nasce maschio e femmina e che l’utero in affitto è un abominio che va combattuto. Questi principi non possono diventare formulazioni perseguibili per legge o essere scambiati per posizioni omofobiche” prosegue Gandolfini.
“Il parlamento rifletta quindi sul sentire del popolo italiano ben interpretato dai Vescovi e blocchi la discissione del ddl Zan in corso alla Commissione Giustizia della Camera”, conclude Gandolfini.

Riflessioni e preoccupazioni del Vescovo di Ventimiglia-San Remo, Mons. Antonio Suetta
“Introdurrebbe nel sistema normativo uno squilibrio nel rapporto tra la libertà di opinione e il rispetto della dignità umana”
Sir, 9 giugno 2020

“Una legge di questo tipo introdurrebbe nel sistema normativo uno squilibrio nel rapporto tra la libertà di opinione e il rispetto della dignità umana, che può dar luogo a derive liberticide”. Lo scrive il vescovo di Ventimiglia-San Remo, mons. Antonio Suetta, presentando alcune “riflessioni e preoccupazioni pastorali” sulla proposta di legge contro i reati di omo e transfobia, nota come ddl Zan-Scalfarotto. La sua attenzione si concentra in particolare nel punto in cui il testo prevede di punire “l’istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza, non mere opinioni”. “Ma il problema sta proprio nell’individuare la differenza tra una opinione e una reale discriminazione – osserva il presule -, il che verrebbe affidato a una serie di valutazioni in capo a un giudice”. Alla luce di ciò il rischio evidenziato dal vescovo è che “un genitore, un vescovo, un parroco, un catechista, che, nell’adempimento della loro naturale missione, abbiano esposto secondo la propria coscienza e le proprie convinzioni una valutazione educativa circa determinate condotte o promozioni di costume, possano essere sottoposti a un procedimento penale, in cui sarà da dimostrare che l’opinione o intervento formativo non conteneva in sé intento discriminatorio, per stabilire di volta in volta se sia stato superato il confine fra ‘opinione’ e discriminazione”.
Infine, da mons. Suetta un appello a tutti politici cattolici e a coloro che si ispirano a principi cristiani, affinché “facciano sentire la loro voce e nel dibattito politico in corso rivendichino la libertà di pensiero di tutti e dei cristiani”. “Mi spaventa, come pastore, pensare che articoli stessi del Catechismo e passi della Bibbia possano da un giorno all’altro diventare perseguibili per legge”, afferma mons. Suetta. Che conclude: “Non si può accettare che una legge metta a rischio la possibilità di annunciare con libertà la verità dell’uomo, sia pur con l’obiettivo di prevenire forme di discriminazione contro le quali è sufficiente applicare le disposizioni già in vigore, unitamente a una seria prevenzione, non necessariamente penale, per scongiurare l’offesa alla persona, chiunque essa sia”.

Marco Tosatti sul suo blog Stilum Curiae riporta un paio di tweet di persone democratiche e rispettose della libertà di opinione altrui, relative alla presa di posizione della CEI: “Mi sembra che almeno una di queste dovrebbe risvegliare l’attenzione della Polizia Postale; non mi sembra che bruciare edifici di culto sia un’attività legittima, in Italia. Ancora”.

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