Sars-CoV-2. Divulgazione scientifica – Parte 3: Genesi e sviluppo di zoonosi che diventano pandemie. Dipendono solo da noi
«Esiste un limite e di informazione può essercene troppa. Viviamo in un mondo dove i media sono attivi 24 ore su 24 e vogliono aggiornamenti e occhi. Vogliono che la gente consulti la loro piattaforma perché hanno qualcosa un minuto prima di un’altra. È un tipo di competizione che non fa bene a nessuno – a parte agli azionisti della piattaforma stessa. Quindi penso che noi, come consumatori di notizie, dobbiamo resistere all’ossessione di sapere quale sia l’ultimo dato, l’ultimo caso, l’ultima notizia dell’ultima ora. Dobbiamo seguire l’informazione sul virus, prestare attenzione al problema ma abbiamo bisogno anche di altre cose. Abbiamo bisogno di una copertura sul coronavirus che approfondisca le cause e gli effetti, ma anche di storie che non riguardino il coronavirus. Abbiamo bisogno di musica, di comicità, di arte, di persone che parlano di libri – e non solo del mio» (David Quammen).
«La paura è umana ed è naturale. Ma non è utile. Dobbiamo imparare di più su questo virus e prendere misure adeguate per controllarlo. Dobbiamo stare attenti, poi, che l’allontanamento sociale e l’autoisolamento non portino all’allontanamento emotivo e non cominciamo a vedere l’altro come una minaccia o un nemico. Quindi distanza sociale sì, ma con una connessione emotiva» (David Quammen).
Sui social è diventato virale ieri il video di una puntata del Tg Leonardo di RAI Tre del 16 novembre 2015 con il servizio di Maurizio Menicucci su un Coronavirus polmonare creato da scienziati cinesi in laboratorio dai cinesi con pipistrelli e topi, pericolosissimo per l’uomo, con annesse preoccupazioni, però non ha nessuna correlazione con il Sars-CoV-2. Però, la sua diffusione sui social in questi tempi, ha generato false informazioni e allarme, dice una nota della RAI. È simile al Sars-CoV-2 che ha creato la pandemia da Coronavirus di questi mesi, ma non è quello creato dai cinesi nel 2015, di cui parlava il Tg Leonardo. È sempre vero che ognuno è responsabile solo di quello che dice, non di quello che altri interpretano di quello che ha detto. Però, come al solito in presenza di bufale, fake news e false informazioni occorrono le smentite e comunque gli analfabeti funzionali non si lasciano convincere delle loro false convinzioni, opinioni e “certezze”. Teorie del complotto e delle cospirazioni sono dure a morire.
Una prima smentita è arrivata dal Professor Enrico Bucci, docente alla Templey University (USA), epidemiologo di fama mondiale, in una intervista a RaiNews24, con una smentita categorica: il Sars-CoV-2 non è lo stesso virus creato in laboratorio dai cinesi nel 2015. “Il virus creato nel 2015 – dice il Professor Bucci – non aveva capacità epidemica. Inoltre, è indubbio che il Sars-CoV-2 non è stato creato in laboratorio ma è frutto di una selezione naturale”. A smentire l’ipotesi è stato anche il virologo Roberto Burioni, che su Twitter scrive: “L’ultima scemenza è la derivazione del Coronavirus da un esperimento di laboratorio. Tranquilli, è naturale al 100%, purtroppo”.
“Il Sars-CoV-2 è un virus che deriva dal serbatoio selvatico. Non sappiamo ancora quante specie animali abbia colpito prima di arrivare all’uomo. Vorrei dire ai complottisti che il codice a barre, la sequenza, di quel virus di cui si parla nel Tg Leonardo, è parte integrante della pubblicazione”, ha detto al Tg1 la virologa Ilaria Capua che dirige l’One Health Center of Excellence all’Università della Florida, in merito alle polemiche nate dal servizio del Tg Leonardo del 2015. “Quindi se il Sars-CoV-2 fosse stato vicino a quel virus lì lo avremmo saputo subito il giorno dopo”.
La puntata del Tg Leonardo era tratta da una pubblicazione della rivista Nature, ha dichiarato il Direttore della testata regionale Rai, Alessandro Casarin, in merito alle polemiche, anche politiche, che si sono innescato su questo cosiddetto “supercornavirus” cinese. Casarin aggiunge che proprio tre giorni fa la stessa rivista ha chiarito che il virus di cui parla il servizio, creato in laboratorio, non ha alcuna relazione con il virus naturale Sars-CoV-2.
In uno studio dell’Università di Harvard, riportato da Nature e ripreso dal TG Leonardo, fu provato che SHC014-CoV, un coronavirus tipico dei pipistrelli, aveva in sé il potenziale per il salto di specie, inserendo nella struttura generale del vecchio Sars-CoV una proteina specifica di SHC014-CoV e notando che SHC infettava dei topi geneticamente affini al modello umano con una malattia non letale. Anche il Sars-CoV, decano della famiglia dei Coronavirus e cugino nobile di SARS-CoV-2, era in grado di colpire l’essere umano, con il salto di specie che poteva e può essere compiuto da uno qualsiasi della caterva di cugini di Sars-CoV che naturalmente esistono nei pipistrelli.
Quindi, il SHC014-CoV non è il Sars-CoV-2. Lo studio di Nature alla base delle attuali interpretazioni del video di Tg Leonardo del 16 novembre 2015, oggi è preceduto da una “Nota dell’editore”: “Marzo 2020: Siamo a conoscenza che questa storia è stata usata come base per teorie non verificate che vedono il nuovo Coronavirus causa di COVID-19 come bioingegnerizzato. Non ci sono prove della veridicità di tale assunto: gli scienziati credono che il salto animale sia la fonte più probabile del Coronavirus”.
SHC014-CoV e Sars-CoV-2 sono radicalmente diversi. Sars-CoV-2 non è stato creato in laboratorio, e neppure somiglia anche solo vagamente a SHC014-CoV: “Un’altra dichiarazione nei social cinesi punta ad un articolo di Nature del 2015, che parla della costruzione di un virus chimerico di tipo Coronavirus ibridato con un gene dei virus dei pipistrelli sulla struttura generale di un Sars-CoV modificato per colpire i topi e capace di colpire cellule umane. Tale dichiarazione non ha basi scientifiche e va accantonata perché ci sono differenze fondamentali nelle sequenze genetiche del nuovo Sars-CoV-2 (oltre 5000 nucleotidi)”.
Come ha riportato Open, ogni tentativo di ricondurre lo studio di Nature del 2005 al Sars-CoV-2 è stato già brutalmente cassato in passato. Ma tale è la natura dei complottisti, osserva in un servizio di approfondimento il sempre ben informato sito di rilevazione di fake news e false informazioni Bufale.net: non capire la scienza significa trarre da essa le lezioni sbagliate, anche quando dovrebbero essere corrette. La famiglia dei Coronavirus è grande e pericolosa. La comunità scientifica, come rilevato dal video del 16 novembre 2015, si chiede se vi siano rischi antropici. Questo è radicalmente esclusa, tenendo conto delle origini naturali di Sars-CoV-2. Un laboratorio di ricerca di quella tipologia è il posto più sicuro del pianeta. Se non altro perché ogni singolo errore significa buttare nel vento decenni di ricerca per sempre, rendendo impossibile curare diverse malattie che affliggono l’umanità con grave danno per il genere umano tutto. Ma come per la mitica Cassandra, in grado di profetizzare eventi nefasti, ma mai creduta ed anzi odiata per averlo fatto nessuno nel pubblico generale le crede. Ci si dimentica sia delle polemiche che delle istanze portate avanti dalla scienziata: il mondo continua ad andare avanti finché l’evento teorizzato da lei si verifica. Ed ecco che i complottisti si scagliano contro di lei.
David Quammen: «Questo virus è più pericoloso di Ebola e Sars»
L’intervista. L’autore di «Spillover» (Adelphi, 2014) spiega il nesso tra uomini e pipistrelli. E perché la pandemia dipende soprattutto da noi
di Stella Levantesi
Ilmanifesto.it, 25 marzo 2020
Otto anni fa, nel 2012, il divulgatore scientifico e autore David Quammen ha scritto nel suo libro Spillover (Adelphi, 2014), una storia dell’evoluzione delle epidemie, che la futura grande pandemia («the Next Big One») sarebbe stata causata da un virus zoonotico trasmesso da un animale selvatico, verosimilmente un pipistrello, e sarebbe venuto a contatto con l’uomo attraverso un «wet market» in Cina.
Ma non si tratta di una profezia, Quammen è arrivato a queste conclusioni attraverso ricerche, inchieste e interviste accompagnate dai dati scientifici degli esperti.
Dalla sua casa in Montana, Quammen ci aiuta a comprendere meglio la pandemia di coronavirus, la sua genesi e il suo sviluppo.
Come avviene lo «spillover»?
Spillover è il termine che indica quel momento in cui un virus passa dal suo «ospite» non umano (un animale) al primo «ospite» umano. Questo è lo spillover. Il primo ospite umano è il paziente zero. Le malattie infettive che seguono questo processo le chiamiamo zoonosi.
Una delle sezioni del suo libro si chiama «Tutto ha un’origine», in che modo la distruzione della biodiversità da parte dell’uomo e l’interferenza dell’uomo nell’ambiente creano le condizioni per la comparsa di nuovi virus come il coronavirus?
Nei nostri ecosistemi si trovano molti tipi diversi di specie animali, piante, funghi, batteri e altre forme di diversità biologica, tutte creature cellulari. Un virus non è una creatura cellulare, è un tratto di materiale genetico all’interno di una capsula proteica e può riprodursi solo entrando all’interno di una creatura cellulare.
Molte specie animali sono portatrici di forme di virus uniche. Ed eccoci qui come potenziale nuovo ospite. Così i virus ci infettano. Così, quando noi umani interferiamo con i diversi ecosistemi, quando abbattiamo gli alberi e deforestiamo, scaviamo pozzi e miniere, catturiamo animali, li uccidiamo o li catturiamo vivi per venderli in un mercato, disturbiamo questi ecosistemi e scateniamo nuovi virus.
Poi siamo così tanti – 7,7 miliardi di esseri umani sul pianeta che volano in aereo in ogni direzione, trasportano cibo e altri materiali – e se questi virus si evolvono in modo da potersi trasmettere da un essere umano all’altro, allora hanno vinto la lotteria. Questa è la causa alla radice dello spillover, del problema delle zoonosi che diventano pandemie globali.
La distinzione tra zoonosi e non zoonosi aiuta in qualche modo a spiegare perché l’uomo ha sconfitto certe malattie e non altre? In altre parole, è più difficile “curare” le zoonosi? E se sì, perché?
Sì, è così. Il 60% delle malattie infettive umane sono zoonosi, cioè il virus è stato trasmesso da un animale in tempi relativamente recenti. L’altro 40% delle malattie infettive proviene da altro, da virus o altri agenti patogeni che si sono lentamente evoluti nel tempo insieme all’uomo.
Quindi possiamo sradicare le non zoonosi, il cui virus si è adattato solo a noi e non vive in altri animali. Il caso più famoso è il vaiolo, che abbiamo sradicato e ora esiste solo nei laboratori e non circola nella popolazione umana. Siamo riusciti a farlo perché non vive anche negli animali.
Se il vaiolo vivesse in un pipistrello o in una specie di scimmia, allora non potremmo liberarcene nella popolazione umana se non ce ne liberassimo anche in quell’animale, dovremmo uccidere tutti quei pipistrelli o curare anche loro dal vaiolo.
Ecco perché possiamo sradicare una malattia come il vaiolo ed è per questo che alla fine non potremo mai sradicare una zoonosi, a meno che non uccidiamo gli animali in cui vive.
Quindi, se un virus ci arriva dai pipistrelli, qual è la soluzione? Dovremmo uccidere tutti i pipistrelli?
No, la soluzione è lasciare i pipistrelli in pace, perché i nostri ecosistemi hanno bisogno dei pipistrelli.
Riguardo ai pipistrelli, il fatto che siano mammiferi come gli esseri umani rende più facile la trasmissione del virus da loro a noi? È proprio perché siamo entrambi mammiferi che lo «spillover» è più probabile?
Sì, è così. Molti dei virus che hanno causato le zoonosi negli ultimi 60 anni hanno trovato il loro ospite nei pipistrelli. Sono mammiferi come noi e i virus che si adattano a loro hanno più probabilità di adattarsi a noi rispetto a un virus che è in un rettile o in una pianta, per esempio.
La seconda ragione è che i pipistrelli rappresentano un quarto di tutte le specie di mammiferi sul pianeta, il 25%. È naturale, quindi, che sembrino sovra rappresentati come fonti di virus per l’uomo.
Ci sono un altro paio di cose oltre a questo che rendono i pipistrelli ospiti più probabili, vivono a lungo e tendono a rintanarsi in enormi aggregazioni. In una grotta, potrebbero esserci anche 60.000 pipistrelli e questa è una circostanza favorevole per far circolare i virus.
C’è un’altra cosa che gli scienziati hanno scoperto da poco: il sistema immunitario dei pipistrelli è più tollerante ad «estraneità» presenti nel loro organismo rispetto ad altri sistemi immunitari.
Da quanto ho capito le epidemie della storia non sono indipendenti l’una dall’altra ma, in qualche modo, sono collegate e ricorrenti per i motivi di cui abbiamo parlato prima, quindi dove vanno a finire i virus quando non presentano una minaccia diretta agli esseri umani?
Questa epidemia è talmente diffusa che potrebbe non scomparire del tutto, ma provo a fare un esempio diverso: l’Ebola nel 2014 in Africa occidentale. Non conosciamo ancora l’ospite con certezza ma sospettiamo che si tratti di pipistrelli. Si scatena un’epidemia che uccide migliaia di persone, medici e scienziati rispondono alla minaccia e finalmente rallentano l’epidemia che poi sparisce. Dove va a finire il virus? Se ne va? No, è ancora nell’ospite.
I virus non tornano dall’essere umano all’ospite ma il virus continua a risiedere nell’ospite. E questo è ciò che accade con la maggior parte di queste epidemie. Arrivano, colpiscono gli esseri umani, le
persone soffrono, muoiono, gli esperti sanitari rispondono, l’epidemia viene messa sotto controllo, l’epidemia scompare e poi passano diversi anni prima che si ripeta. Dov’è il virus nel frattempo? È nell’ospite.
C’è una correlazione tra l’aumento del tasso di inquinamento in alcune zone e un impatto più forte del virus sulla popolazione di quella zona?
Sì, penso che ci possa essere una correlazione tra l’inquinamento dell’aria e i danni ai polmoni e alle vie respiratorie delle persone e quindi la loro suscettibilità a questo particolare virus. Credo che questa sia una domanda importante. Non abbiamo ancora risposte certe ma è una domanda che merita ricerca e attenzione.
È del tutto possibile che il danno ai polmoni delle persone, anche quando non si nota in circostanze normali, possa essere presente e sufficiente a renderle più vulnerabili a questo virus.
Un altro aspetto è che i sintomi arrivano più tardi del contagio. Quindi non c’è nessun allarme da parte dell’organismo che dice: «Sei infetto». Questo può rendere il Covid-19 più pericolosa di altre malattie che mostrano i sintomi prima?
Sì, la rende più pericolosa. Credo di aver scritto in Spillover che siamo stati fortunati con la Sars perché era un virus molto pericoloso: si diffondeva facilmente da un essere umano all’altro e aveva un alto tasso di mortalità, quasi il 10%, eppure, sarebbe stato peggio se le persone fossero state contagiose ancor prima di manifestare i sintomi. E ho scritto: «Dio non voglia che avremo a che fare con un virus grave come la Sars che si diffonde dalle persone prima che si vedano i sintomi». In questo momento abbiamo esattamente questo caso di virus.
Dicono che quando un proiettile ti colpisce non senti mai il colpo, perché il proiettile arriva prima e poi il suono arriva dopo. Questo virus funziona così.
Ho notato che la disinformazione scientifica che riguarda il coronavirus ha molti punti di contatto con le dinamiche della disinformazione climatica. Qual è la sua opinione al riguardo? E quanto è importante affrontare la disinformazione scientifica?
È estremamente importante affrontare la disinformazione scientifica. C’è sicuramente una sovrapposizione rispetto al cambiamento climatico. Ci sono persone che sono impazienti, arrabbiate e poco informate. Ricevono notizie da fonti inaffidabili e hanno appetito per una forma negativa di eccitazione. Hanno più interesse per le cospirazioni che per la scienza. La disinformazione si diffonde facilmente.
Dov’è la soglia limite tra l’offerta di notizie accurate, credibili, trasparenti e accessibili a tutti e il bombardamento continuo di “notizie” sul virus?
Esiste un limite e di informazione può essercene troppa. Viviamo in un mondo dove i media sono attivi 24 ore su 24 e vogliono aggiornamenti e occhi. Vogliono che la gente consulti la loro piattaforma perché hanno qualcosa un minuto prima di un’altra. È un tipo di competizione che non fa bene a nessuno – a parte agli azionisti della piattaforma stessa. Quindi penso che noi, come consumatori di notizie, dobbiamo resistere all’ossessione di sapere quale sia l’ultimo dato, l’ultimo caso, l’ultima notizia dell’ultima ora.
Dobbiamo seguire l’informazione sul virus, prestare attenzione al problema ma abbiamo bisogno anche di altre cose. Abbiamo bisogno di una copertura sul coronavirus che approfondisca le cause e gli effetti, ma anche di storie che non riguardino il coronavirus. Abbiamo bisogno di musica, di comicità, di arte, di persone che parlano di libri – e non solo del mio.
Che ruolo ha il sentimento di paura nelle dinamiche di comportamento collettivo durante una pandemia?
La paura è umana ed è naturale. Ma non è utile. Dobbiamo imparare di più su questo virus e prendere misure adeguate per controllarlo. Dobbiamo stare attenti, poi, che l’allontanamento sociale e l’autoisolamento non portino all’allontanamento emotivo e non cominciamo a vedere l’altro come una minaccia o un nemico. Quindi distanza sociale sì, ma con una connessione emotiva.
Cosa possiamo imparare da questa pandemia?
Prima di tutto possiamo imparare che le zoonosi possono essere molto pericolose e costose e dobbiamo essere preparati nell’affrontarle. Dobbiamo spendere molte risorse e molta attenzione nella preparazione.
Più posti letto in ospedale, più unità di terapia intensiva, più ventilatori, più mascherine, più formazione del personale sanitario, più formazione degli scienziati. Studiare piani di emergenza a livello locale, regionale, nazionale e tutto questo costa denaro.
L’altra cosa che dobbiamo imparare è che il modo in cui viviamo su questo pianeta ha delle conseguenze, delle conseguenze negative. Noi dominiamo questo pianeta come nessun’altra specie ha mai fatto. Ma ci sono conseguenze e alcune prendono la forma di una pandemia da coronavirus. Non è una cosa che ci è capitata. È il risultato delle cose che facciamo, delle scelte che prendiamo. Tutti ne siamo responsabili.
Ovviamente nessuno conosce davvero la risposta a questa domanda, ma come vede il mondo dopo il coronavirus? Cosa pensa che cambierà per le società e per la vita delle persone?
Spero che alla fine anche persone come Donald Trump imparino a prendere sul serio queste cose. Dobbiamo fare degli aggiustamenti. Potrebbe essere che inizieremo a ridurre il nostro impatto in termini di clima, di tutti i combustibili fossili che bruciamo, in termini di distruzione della diversità biologica, di invasione dei diversi ecosistemi. Forse cominceremo ad avere un passo più attento e più leggero su questo pianeta. Questo è quello che spero, ed è l’unico bene che può venire da questa esperienza.
Il sito dell’autrice è stellalevantesi.com. Sul manifesto in edicola il 25 marzo 2020 è stata pubblicata una versione ridotta di questa intervista. La versione in inglese è sul manifesto global.