“Internet, Social Media e Giornalismo”. 10 giugno 2015. “Legioni di imbecilli e social network”. Le parole esatte di Eco
Commentando ieri la condivisione sul mio diario Facebook di un mio post del 29 gennaio 2012 (con foto e una frase di Layton Fraser, tradotta: “La vita è breve! – però la cosa più lungo che saprai mai”) e in riferimenti ad un mio articolo (“Il trionfo di bacco e arianne”, con il compimento poetico di Lorenzo il Magnifico), Valentina Vilano, la neo curatrice della nuova rubrica su Korazym.org “La Mente-Informa”, ha scritto in una risposta: “Bravo. A gentile richiesta, visto che oggi divulghiamo cose importanti e profonde in un mondo che è pieno di futilità, ti suggerisco di postare il pensiero di Umberto Eco riguardo i social… è propedeutico”.
Voglio assecondare questa richiesta, ritornando alle parole (esatte) di Umberto Eco riguardante “Internet, i social e il giornalismo”. Quindi, andando “oltre”, perché è propedeutico; serve da introduzione all’uso delle nozioni di cui “La Mente-Informa” intende trattare.
Umberto Eco (Alessandria, 5 gennaio 1932 – Milano, 19 febbraio 2016) era un grande semiologo, filosofo, traduttore, accademico, bibliofilo e medievalista, saggista prolifico con numerosi saggi di semiotica, estetica medievale, linguistica e filosofia, oltre a romanzi di successo, pluripremiato. Fu un grande personaggio di una cultura immensa, un maestro, un grande professore umanista. Non si è mai venduto. Non è mai sceso a compromessi con i poteri forti. Non si è mai mischiato con politicanti di e per quattro soldi. Quanti giornalisti e professionisti della comunicazione sociale possono dire lo stesso di se stessi?
La laurea honoris causa in Comunicazione e Culture dei Media a Umberto Eco
Mercoledì 10 giugno 2015, alle ore 16.30, presso l’Aula Magna della Cavallerizza Reale, si è svolta la cerimonia di conferimento della Laurea Honoris Causa in Comunicazione e Culture dei Media a Umberto Eco nell’Università degli Studi di Torino, la stessa dove nel 1954 si era laureato in Lettere e Filosofia: “La seconda volta nella stessa università, pare sia legittimo, anche se avrei preferito una laurea in fisica nucleare o in matematica”, scherza. Presenti in platea anche il Sindaco di Torino, Piero Fassino e il Rettore dell’Università di Bologna, Ivano Dionigi.
Dopo il Saluto del Rettore Gianmaria Ajani, la Presentazione del Direttore del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione Massimo Ferrari e la Laudatio pronunciata da Ugo Volli, il neo laureato honoris causa ha tenuto la sua Lectio Magistralis. Quando finisce di parlare scrosciano gli applausi. Eco sorride: “Non c’è più religione, neanche una standing ovation”. La risposta è immediata: tutti in piedi studenti, professori e autorità.
La laurea honoris causa gli era stata conferita “per aver grandemente arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura; per aver rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e la teoria semiotica; per la sintesi originale di teoria, intervento culturale e scrittura letteraria che caratterizza la sua vastissima produzione”.
Al termine del conferimento della laurea honoris causa, Umberto Eco accompagnato dal Rettore Gianmaria Amani ha incontrato i giornalisti. Il video integrale di questo incontro, realizzato dallo Staff Comunicazione e Relazioni Esterne dell’Università degli Studi di Torino è stato postato il giorno dopo, 11 giugno 2015 sul canale YouTube di Radiocentodieci Unito.
Prima di continuare a leggere è propedeutico vedere questo filmato, guardarlo ed ascoltarlo. Successivamente, mentre andate avanti e certamente alla fine, si potrà anche iniziare ad osservarlo.
Con ciò ci metterebbe in pratica i consigli dati da Valentina Villano nel suo primo contributo su “La Mente-Informa” del 28 gennaio 2020 “Osservazione”, partendo dalla definizione di “osservazione”, andando oltre, aggiungendo una semplice e schematica differenza tra “vedere, guardare e osservare”.
L’audio non è perfetto, ma è necessario ascoltarlo, riascoltarlo e rifletterci su.
Le considerazioni formulate da Eco nell’incontro con i giornalisti sono state valutate dai più come banali e qualunquiste. Riascoltando il video – godendo nel contempo anche delle smorfie del Rettore -, si potrà osservare che sono semplici osservazioni e sensatissime riflessioni, mai volte a demonizzare Internet come tale, meno ancora l’era moderna e il suo progresso tecnologico. Invece, dai titoli dei giornali sembrava aver detto tutt’altro.
Quindi, i pasdaran delle “legioni di imbecilli”, in assenza di un briciolo di cultura, nei loro social si sono dichiarati offesi a morte dalle sua parole e hanno dichiarato Eco guerra. Con le loro dita sudaticce sui tastini dei smartphone (telefono intelligente, sic!), obbligatoriamente di ultima generazione, hanno iniziato la bagarre: “Noi non ci conformiamo al sistema, siamo geni e brillanti. Facciamo un selfie…”. Che ‘figura di merda’… e click click click, ecco, #bestphotographerever è su Instagram e Facebook.
Come un coltello in sé è “neutrale” ed è “buono” solo se taglia bene e “cattivo” se non è affilato, anche Internet e i social sono “neutrale”, né “buoni” né “cattivi” nella loro essenza, cioè acquisiscono un valore etico e morale solo da come e secondo i fini per cui vengono usati. Non è il coltello che sta sul banco degli accusati per un omicidio, ma l’omicida che l’ha usato. Ognuno di noi ne ha esperienza, non come assassino (mi auguro…), ma in cucina. Quando i giudici condannano un assassino o il medico – mentre cura una ferita da taglio – mette in guardia dall’uso dei coltelli in cucina, non significa che condannano il coltello usato dall’assassino o con cui mi sono fatto un brutto taglio al dito.
In molti nella loro ignoranza si sono scagliati contro Eco, in malafede acclarata o per ignoranza manifesta (e questo non vale come scusa, ma è un’aggravante).
Lo tsunami d’indignazione, a seguito delle sue parole, è stata innescata da frasi estrapolate dal contesto e ogni notizia decontestualizzata è sempre ideologica. Coloro che oggi condividono su Facebook la sua ormai famosissima citazione, fuori contesto, come se fosse antani (in modo innocente, ma non per questo meno dannosa), o la fanno roteare minacciosamente come un randello (che ormai è il modo di porsi, la normalità nei social), dovrebbero ascoltare e riascoltare il video.
Come al solito, prendere visione di quanto detto nel contesto integrale, fa acquisire un sapore tutto diverso e soprattutto evita la supercazzora.
Quindi, se oggi rispondo alla sollecitazione, e propongo questa mia riflessione, è perché sono ottimista viscerale – e mai perdo la speranza, transitando la pazienza -, che qualcuno delle “legioni degli imbecilli” guardi questo video integrale. Come è scritto nelle stelle, ovviamente continueranno a contestar le sue parole, perché la sagacia e l’ironia di Eco è appannaggio di pochi.
Anatema “imbecilli e social network”. Le parole esatte di Umberto Eco
Le domande da porre sono diverse.
La prima: i social network hanno dato veramente il diritto di parola a “legioni di imbecilli”, come ha sostenuto Umberto Eco?
Ma soprattutto, che cosa voleva dire esattamente conversando con i giornalisti all’Università di Torino, a seguito del conferimento della laurea honoris causa?
Inoltre, non è che le sue parole siano state travisate, almeno parzialmente, non dagli utenti social, ma dai grandi (e “affidabili”) mass media?
Sono domande che furono poste subitissimo, l’11 giugno 2015 da Panorama, che è stato – se la memoria non m’inganna – l’unico “grande” organo di stampa, che 5 anni indietro ha fatto un lavoro eccellente, nel riportare le parole esatte di Umberto Eco sugli “imbecilli e i social network” e la diffusione del video integrale (62.728 visualizzazioni).
Infatti, per capire il senso delle parole di Eco, andrebbero semplicemente ascoltate e pubblicate senza “tagli”, “rimaneggiamenti”, né precedute da titoli forzati e sensazionalistici.
Le parole di Eco – che sono state citate da tutti i grandi mass media e che quindi sono andati virali in modo straordinario – sono arci-note. Sono diventate un semplice aforisma, citato fuori contesto: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. La televisione aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”.
«Umberto Eco: “Internet dà diritto di parola agli imbecilli”. Umberto Eco attacca i social media e lo fa senza usare mezzi termini: “Prima gli imbecilli parlavano solo al bar. Ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel”. “I social network danno diritto di parola a legioni di imbecilli”. “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”, parola di Umberto Eco. Stanno suscitando polemiche le frasi utilizzate dallo studioso per parlare del ruolo di Internet nel corso della cerimonia all’Università di Torino» (Cfr. Fanpage.it, 11 giugno 2015).
«Umberto Eco: “Con i social parola a legioni di imbecilli”. “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”. Attacca Internet Umberto Eco nel breve incontro con i giornalisti dopo aver ricevuto la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”. La sua lectio magistralis è dedicata alla sindrome del complotto, uno dei temi a lui più cari, presente anche nel suo ultimo libro “Numero zero”» (Cfr. La Stampa, 11 giugno 2015 e ultima modifica il 23 giugno 2019).
«Umberto Eco: “Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere”. “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”. Parola di Umberto Eco che attacca così Internet dopo aver ricevuto all’Università di Torino la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”. “Prima – ha detto Eco – parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”. Per Eco il web sarebbe un vero e proprio “dramma” perché promuoverebbe “lo scemo del villaggio a detentore della verità”. La struttura di Internet, secondo Eco, favorirebbe infatti il proliferare di bufale» (Cf. The Huffington Post, 11 giugno 2015 e ultimo aggiornamento il 17 marzo 2018).
Internet, Social Media e Giornalismo
Ad eccezione di alcuni organi di stampa, le parole esatte di Eco sono state ignorate dai più, che non si sono sbrigati ad andare a vedere il video integrale, e a sentire le parole pronunciate da Eco nella premessa, rispondendo ad una domanda, in cui ha sottolineato che Internet è un calderone di bufale. Perciò ha detto, che per contrastare il proliferare di bufale nella rete è importante anche il ruolo dei giornali, che dovrebbero “filtrare con équipe di specialisti le informazioni di Internet, perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno”. Per fare questo, ha continuato, “i giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi” e che “uno dei grandi problemi della scuola italiana è aiutare i ragazzi a filtrare le informazioni su Internet”, che è realtà incontestabile, e con cui è entrato nel cuore della questione.
Ecco ha anche previsto un futuro per la carta stampata: “C’è un ritorno al cartaceo. Aziende degli Usa che hanno vissuto e trionfato su Internet hanno comprato giornali. Questo mi dice che c’è un avvenire, il giornale non scomparirà almeno per gli anni che mi è consentito di vivere. A maggior ragione nell’era di Internet in cui imperversa la sindrome del complotto e proliferano bufale”.
Quindi, la posizione assunta da Eco era per nulla “arcaica” o “reazionaria”, come facevano pensare titoli e articoli pubblicati sui giornali di carte (e nelle edizioni online). Ascoltando il video si scopre, che Eco ha anche riconosciuto le potenzialità politiche della rete, con delle frasi che non hanno trovato posto nelle pagine dei “grandi” quotidiani in rete. Ha sottolineato, che il fenomeno dei social network ha anche lati positivi. La possibilità che la rete offre nel mettersi in contatto con altre persone in tutto il mondo, era impensabile prima del suo avvento. Anche noi, qui, stiamo usando Internet e questo articolo viene condiviso sui social…
Tra altro, Eco ha anche detto che, se ci fosse stato Internet ai tempi di Hitler, i campi di sterminio non sarebbero stati possibili, perché le informazioni si sarebbero diffuse viralmente (e le notizie – che c’erano – non rimaste sepolte nelle Cancellerie delle grandi potenze).
Ascoltando la registrazione integrale, la domanda è automatica: è “più imbecille e dannoso” un anonimo o qualunque “imbecille” su Facebook, Instagram, Telegram, Twitter,… oppure un sistema che – per esigenze di marketing (guadagno economico) predilige notizie e titoli sensazionalistici, spessissimo tagliando e decontestualizzando le parole riferite, riducendole ad un ammasso di barzellette e caricature?
Quindi, delle pubblicazioni cartacei, e dopo delle testate televisive, hanno gettato le fondamenta, già primo dell’avvento di Internet che ha moltiplicato in modo virale il fenomeno, perché si instaurasse una società di analfabeti funzionali, di “legioni di imbecilli” disinformati.
Quindi, non è detto che solo Internet sia un contenitore di bufale, mentre i giornali di carta sarebbero tutti altissimi diffusori esclusivamente di grandi e vere verità. Per il resto, Eco aveva ragione su tutto: tenendo conto di cosa commentano i “legionari imbecilli” sui loro social, dovrebbero esporre il proprio pensiero solo all’osteria in compagnia, non di un bicchiere, ma di un fiasco di vino.
In conclusione: Internet ci permette di ottenere una visione più completa di quella che i “giornaloni” vogliono farci sapere. Ovviamente, se si ha effettivamente la voglia della metacognizione e non si cavalca la propria idea preconcetta o, peggio ancora, non si vuole svelare la verità arcana e reclusa, tenuta in ostaggio da menti raffinatissime. La disinformazione è una delle più grandi nemiche dell’umanità ed è in larga misura favorita da gruppi di interesse, di cui spesso si ignora l’esistenza, ma le cui azioni possono avere effetti su chiunque. La disinformazione si verifica quando le informazioni percepite da un soggetto possono non corrispondere alla stessa intenzione per cui esse sono state diffuse, confondendo e/o modificando le opinioni di qualcuno o dell’intera opinione pubblica verso una persona, un argomento, una situazione. La “disinformazia” fu usata dal KGB come metodo di manipolazione del sistema di intelligence di una nazione attraverso la somministrazione di dati credibili ma fuorvianti, quindi, fu una tattica usata nella guerra sovietica. Oggi appare nei social media sotto forma di manipolazione dell’informazione, fake news, bufale e macchine del fango.
Infatti, non per nulla l’intervento di Eco è stato riportato dalla stragrande maggioranza solo parzialmente, spogliato dal contesto e limitato alle cose che convenivano al “comunicatore” di turno, in modo da poter dare una visione distorta di quanto realmente detto. Ormai le “legioni di imbecilli” si sono abituati al fatto che i quotidiani lo fanno quotidianamente (non è gioco di parole) e, “guidati” da loro, si alterano per ciò che Eco avrebbe detto.
Lo scopo velato è proprio la diffusione dell’imbecillità di massa.
Gaber, nelle sue canzoni sulla stampa, ci è ritornato spesso, come in “Se Fossi Dio” nell’album “Anni Affollati” del 1981/82:
Io se fossi Dio
maledirei davvero i giornalisti e specialmente tutti
che certamente non son brave persone
e dove cogli cogli sempre bene
compagni giornalisti avete troppa sete
e non sapete approfittare delle libertà che avete
avete ancora la libertà di pensare
ma quello non lo fate
e in cambio pretendete la libertà di scrivere
e di fotografare immagini geniali e interessanti
di presidenti solidali e di mamme piangenti
E in questa Italia piena di sgomento
come siete coraggiosi voi che vi buttate
senza tremare un momento
cannibali necrofili deamicisiani e astuti
e si direbbe proprio compiaciuti
voi vi buttate sul disastro umano
col gusto della lacrima in primo piano
sì vabbè lo ammetto la scomparsa dei fogli e della stampa
sarebbe forse una follia
ma io se fossi Dio
di fronte a tanta deficienza non avrei certo la superstizione della democrazia
Ma io non sono ancora nel regno dei cieli
sono troppo invischiato nei vostri sfaceli