Papa Francesco: Gesù è il sorriso di Dio

Nella tradizionale udienza dalla Curia Romana per gli auguri natalizi, il Papa si è soffermato sulle ragioni e le radici della riforma della Chiesa che sta portando avanti, ricordando la pubblicazione della Lettera Apostolica in forma di ‘Motu Proprio’ riguardante l’Ufficio del Decano del Collegio Cardinalizio, in cui ha stabilito che il Cardinale Decano “continuerà ad essere eletto fra i membri dell’Ordine dei Vescovi secondo le modalità stabilite dal can. 352 § 2 del Codice di Diritto Canonico, (e) rimanga in carica per un quinquennio eventualmente rinnovabile e al termine del suo servizio, egli possa assumere il titolo di Decano emerito del Collegio Cardinalizio”.
Nello scambio augurale papa Francesco ha approfondito il significato di Natale: “Anche quest’anno il Signore ci offre l’occasione di incontrarci per questo gesto di comunione, che rafforza la nostra fraternità ed è radicato nella contemplazione dell’amore di Dio rivelatosi nel Natale. Infatti, ‘la nascita di Cristo, ha scritto un mistico del nostro tempo, è la testimonianza più forte ed eloquente di quanto Dio abbia amato l’uomo. Lo ha amato di un amore personale.
E’ per questo che ha preso un corpo umano al quale si è unito e lo ha fatto proprio per sempre. La nascita di Cristo è essa stessa una ‘alleanza d’amore’ stipulata per sempre tra Dio e l’uomo’… Qui, di fatto, Gesù non ci chiede di amare Lui come risposta al suo amore per noi; ci domanda, piuttosto, di amarci l’un l’altro con il suo stesso amore. Ci domanda, in altre parole, di essere simili a Lui, perché Egli si è fatto simile a noi”.
Si è soffermato sulla riforma della curia, che sta portando avanti: “In realtà, l’obiettivo dell’attuale riforma è che «le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato all’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie”.
Ha affrontato la situazione di alcuni Dicasteri della Curia romana, specialmente la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli; ma penso anche al Dicastero della Comunicazione e al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale:
“Le popolazioni che non hanno ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo non vivono affatto soltanto nei Continenti non occidentali, ma dimorano dappertutto, specialmente nelle enormi concentrazioni urbane che richiedono esse stesse una specifica pastorale. Nelle grandi città abbiamo bisogno di altre ‘mappe’, di altri paradigmi, che ci aiutino a riposizionare i nostri modi di pensare e i nostri atteggiamenti: Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati”.
Quindi il papa ha chiesto un cambio di ‘mentalità pastorale’, riprendendo l’intuizione di papa Benedetto XVI nell’indizione dell’Anno della Fede: “Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede, specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente, non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata”.
Riprendendo un’intervista del card. Carlo Maria Martini il papa ha chiesto di essere nelle ‘sfide’: “… si tratta dunque di grandi sfide e di necessari equilibri, molte volte non facili da realizzare, per il semplice fatto che, nella tensione tra un passato glorioso e un futuro creativo e in movimento, si trova il presente in cui ci sono persone che necessariamente hanno bisogno di tempo per maturare; ci sono circostanze storiche da gestire nella quotidianità, perché durante la riforma il mondo e gli eventi non si fermano; ci sono questioni giuridiche e istituzionali che vanno risolte gradualmente, senza formule magiche o scorciatoie”.
Ed ha chiesto di non essere attratti dalla tentazione della ‘rigidità’: “Qui occorre mettere in guardia dalla tentazione di assumere l’atteggiamento della rigidità. La rigidità che nasce dalla paura del cambiamento e finisce per disseminare di paletti e di ostacoli il terreno del bene comune, facendolo diventare un campo minato di incomunicabilità e di odio. Ricordiamo sempre che dietro ogni rigidità giace qualche squilibrio. La rigidità e lo squilibro si alimentano a vicenda in un circolo vizioso. E oggi questa tentazione della rigidità è diventata tanto attuale”.
Mentre ai dipendenti della Santa Sede ha sottolineato il valore del ‘sorriso’ di Dio: “La Vergine e il suo sposo, con il loro amore, hanno fatto sbocciare il sorriso sulle labbra del loro bambino appena nato. Ma quando ciò è accaduto, i loro cuori sono stati riempiti di una gioia nuova, venuta dal Cielo. E la piccola stalla di Betlemme si è come illuminata. Gesù è il sorriso di Dio.
E’ venuto a rivelarci l’amore del Padre, la sua bontà, e il primo modo in cui l’ha fatto è stato sorridere ai suoi genitori, come ogni neonato di questo mondo. E loro, la Vergine Maria e San Giuseppe, per la loro grande fede hanno saputo accogliere quel messaggio, hanno riconosciuto nel sorriso di Gesù la misericordia di Dio per loro e per tutti quelli che aspettavano la sua venuta, la venuta del Messia, il Figlio di Dio, il Re d’Israele”.
Questo è il valore del presepio: “Ecco, carissimi, nel presepe anche noi riviviamo questa esperienza: guardare il Bambino Gesù e sentire che lì Dio ci sorride, e sorride a tutti i poveri della terra, a tutti quelli che aspettano la salvezza, che sperano in un mondo più fraterno, dove non ci siano più guerre e violenze, dove ogni uomo e donna possa vivere nella sua dignità di figlio e figlia di Dio… A volte diventa difficile sorridere, per tanti motivi. Allora abbiamo bisogno del sorriso di Dio: Gesù, solo Lui ci può aiutare. Solo Lui è il Salvatore, e a volte ne facciamo esperienza concreta nella nostra vita”.