Mons. Pellegrini propone ai giovani le domande fondamentali della vita
L’anno pastorale 2019-2020 della diocesi di Concordia-Pordenone si è aperto sabato 28 settembre con una festa dei giovani ed un ‘focus’, ispirato al Sinodo dei giovani, che ha messo in luce un metodo che si ispira all’icona dei due discepoli di Emmaus: Gesù si inserisce nel loro cammino di ritorno, li ascolta, suscita delle domande, offre delle spiegazioni, si ferma nella loro casa e si fa riconoscere nello spezzare il pane. I discepoli si rimettono di nuovo in strada per riprendere la vita di quella comunità che avevano lasciato.
Infatti mons. Giuseppe Pellegrini ha scelto per la lettera pastorale il titolo ‘… e camminava con loro’, perché, scrive il presule nella premessa, “man mano che procedevo nella stesura, mi sono sempre di più reso conto del variegato mondo degli adolescenti e dei giovani, ricco e pieno di potenzialità ma anche problematico e complesso; stimolante e provocante anche per noi adulti e per le nostre comunità cristiane”.
Prima di parlare di Dio ai giovani sono gli adulti a rimettere al centro della propria vita Dio: “In un contesto di forte scristianizzazione, soprattutto tra i giovani, noi sacerdoti e comunità cristiane, dobbiamo essere disposti a rimettere al centro della nostra vita e delle scelte pastorali l’annuncio di Gesù Cristo, non una realtà tra le tante, ma l’unica capace di dare un senso e un significato alla vita, proprio perché aiuta a non ripiegarci su noi stessi e ad aprirci all’amore verso tutti”.
Il primo passo, però, deve essere operato dagli adulti: “Noi adulti spesso ci riteniamo esperti nel classificare e nell’inglobare tutto e tutti in un’unica cornice. Ci basta dire ‘giovani’ per parlare in modo indistinto del variegato e complesso mondo dei giovani. Per fortuna che i giovani non si lasciano incasellare all’interno dei nostri schemi predefiniti.
Questo capita anche nelle nostre comunità cristiane, con l’aggravante che spesso ci rifacciamo a un passato con nostalgia e con le solite frasi: i giovani non sono più come una volta; non partecipano più alla santa messa e alle attività della parrocchia; sono lontani dalla fede e dalle problematiche religiose; non sappiamo cosa fare per ascoltarli e incontrarli perché sono interessati ad altro. Non vale la pena scoraggiarci, piangerci addosso o cercare di chi è la colpa”.
Quindi ha chiesto una presa di coscienza del cambiamento del tempo: “Importante è prendere coscienza che è giunto il tempo, come ci ricordava il papa, ‘di abbandonare il comodo criterio pastorale del si è sempre fatto così. Invito tutti a essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori’.
Con coraggio e con passione, vi invito a non aver paura di ascoltare, incontrare e annunciare agli adolescenti e ai giovani delle nostre comunità la bellezza dell’incontro con il Signore Gesù. Se ci vedono attenti a loro, vicini e preoccupati della loro vita e felicità, saranno capaci di ascoltarci e di accoglierci, permettendoci di entrare nella loro storia. Buttiamoci alle spalle i luoghi comuni e le paure e affrontiamo con serenità la sfida che ci sta davanti.
I tempi sono cambiati, ma non è cambiato il cuore dei giovani. Nel passato si ragionava per decenni. Oggi, invece, si deve ragionare a breve termine, quasi di anno in anno. La vita si è fatta accelerata, vorticosa. Timori e paure hanno preso il posto di benessere e certezze”.
Dopo un’attenta analisi della situazione in cui il cristiano è chiamato ad operare il vescovo della diocesi di Concordia-Pordenone ha invitato a discernere il tempo attuale: “Per non fare di ogni erba un fascio, credo importante soffermarmi su un aspetto relativo all’età. Quando talvolta negli incontri e nella visita pastorale, si parla di giovani e di giovinezza, si vede comparire un ventaglio che va dalle scuole medie a uomini e donne maturi.
Distinguere è un primo passo, non per dividere o per aumentare la categorizzazione e la frammentazione della pastorale, ma per fare serie e attente riflessioni e proposte sia al mondo degli adolescenti, che ancora sono presenti in parrocchia, sia ai giovani che si vedono sempre meno e che spesso non sappiamo come e dove incontrare e avvicinare. A metà strada tra l’infanzia e l’età adulta, l’adolescenza è un periodo particolare della vita di grandi cambiamenti fisici, psicologici ed emotivi, di tempeste ormonali e di sbalzi di umore e di stati d’animo”.
Per mons. Pellegrini i giovani cercano ‘figure’ di riferimento: “Alla continua ricerca di punti di riferimento, gli adolescenti li trovano più facilmente nel mondo dello spettacolo, dello sport, della moda e della musica. Per loro è più facile rapportarsi e dialogare con gli amici e i coetanei che con i genitori e gli educatori, che sentono assillanti, sempre con il fiato sul collo, incapaci di ascolto e di ostacolo alla loro libertà.
In questa età gli adolescenti fanno fatica a rendersi pienamente conto degli sbagli e di quello che non è giusto fare, perché preoccupati più dell’esserci e di vivere in prima persona, senza condizionamenti, volendo sperimentare, prima di tutto, la faticosa libertà di scegliere. Ecco perché, purtroppo, in questi anni anche nel nostro territorio e in numerose scuole, si verificano di frequente episodi di anoressia, bulimia, vandalismo, bullismo, dipendenze da social network, alcol, droghe”.
Quindi un invito a non ‘demonizzarli’, ma a valorizzare alcune loro scelte: “Un fenomeno interessante e positivo, che coinvolge anche tanti giovani del nostro territorio, lo possiamo individuare nel volontariato e nella generosità di molti di fare qualcosa per gli altri, di perdere del proprio tempo per chi è più bisognoso.
A fronte di mille emergenze del territorio (umanitarie, ambientali e sociali), da sempre troviamo giovani che prontamente rispondono alla chiamata e si offrono generosamente per assistere, soccorrere, ricostruire, formando una catena di amore e di solidarietà. Nessuno vive per se stesso e solo per se stesso.
Nel servire gli altri, il giovane scopre che la sua felicità e il suo bene dipendono dalle relazioni che ognuno costruisce, custodisce e sviluppa ogni giorno. Un giovane che comprende l’essere debitore verso gli altri sente di avere responsabilità del futuro della società e dell’umanità intera”.
Per il vescovo occorre presentare una vita cristiana, che ‘riscalda’ il cuore: “La vita cristiana è proprio questo: incontrare Gesù, il quale attraverso il volto di molti fratelli e sorelle che troviamo sul cammino, si mette accanto a noi, ci ascolta e ci incoraggia. Non vuole convincerci con filosofie o moralismi che ci vogliono togliere ogni difetto. Egli piuttosto scalda il cuore, mette in cammino il nostro affetto, ci fa sentire vivi, capaci di amare le cose vive. Sa mettere dentro di noi, nella parte più profonda del nostro essere, un calore e una luce che non si trova da altre parti”.
Nella conclusione, affermando che gli adulti hanno bisogno dei giovani, mons. Pellegrini invita loro a fare esperienza di Dio: “Carissimo/a, sii tu missionario, testimone ed annunciatore dello stile di vita che Gesù ha vissuto donandolo all’umanità. Non è necessario che tu sappia fare tutto, che tu sia ‘perfetto’, che tu non abbia nessun problema! E’ necessario che il tuo cuore sia infiammato dall’amore del Signore e che tu senta il desiderio di comunicarlo a qualche altro tuo amico…
Carissimo/a, ribellati alla cultura del provvisorio che crede che tu non sia in grado di assumere responsabilità, che tu non sia capace di amare veramente. Davanti a te stesso e davanti al Signore, non aver paura di domandarti: Signore, cosa vuoi per me? Dove e come mi vuoi? Ascolta la tua interiorità, lasciati avvolgere dal suo amore e, stai certo, Lui parlerà al tuo cuore! E poi, va, dove ti porta il cuore, perché sarà il cuore amato dal Signore che ti chiederà di amare gli altri nelle differenti strade che propone ad ogni giovane”.