Papa Francesco in Madagascar indica l’importanza dei legami familiari
Lasciato il Mozambico, oggi il papa ha iniziato il suo viaggio apostolico nella capitale del Madagascar, Antanarrivo, salutando le autorità civili ed incontrando le Carmelitane Scalze, con cui ha pregato l’ora media: “Vi daranno il testo scritto per leggerlo e meditarlo, adesso vorrei parlarvi dal cuore”.
La meditazione del papa ha preso spunto dal libro di Giosuè, che inizia con un appello al coraggio: “E mi viene in mente un’immagine, che mi ha aiutato tanto nella mia vita di sacerdote e di prete. Una tarda serata, due suore, una giovanissima e una vecchia camminavano dal coro, dove avevano pregato i Vespri, al refettorio.
La vecchietta faceva fatica a camminare, era quasi paralitica, e la giovane cercava di aiutarla, ma la vecchietta si innervosiva, diceva: ‘Non toccarmi! Non fare questo che cado!’. E, Dio sa, ma sembra che la malattia avesse reso la vecchietta un po’ nevrotica. Ma la giovane sempre col sorriso la accompagnava.
Alla fine arrivavano al refettorio, la giovane cercava di aiutarla a sedersi, e la vecchietta: ‘No, no, mi fa male, fa male qui…’, ma alla fine si sedeva. Una giovane, di fronte a questo, sicuramente avrebbe avuto voglia di mandarla a passeggio! Ma quella giovane sorrideva, prendeva il pane, lo preparava e glielo dava. Questa non è una favola, è una storia vera: la vecchia si chiamava suor san Pietro, e la giovane suor Teresa di Gesù Bambino”.
Dal racconto il papa ha invitato le religiose a non cedere alla mondanità: “E’ troppo tardi ormai, tu l’hai lasciato entrare troppo dentro al tuo cuore. Non ti sei accorta, non hai parlato con la priora, non hai parlato con il capitolo, con qualche sorella della comunità? Il tentatore non vuole essere scoperto, per questo viene travestito da persona nobile, educata, a volte da padre spirituale, a volte… Per favore, sorella, quando tu senti qualcosa di strano, parla subito! Parla subito! Manifestalo”.
Ed ha concluso la storia chiedendo la preghiera: “Vorrei finire la storia di Teresa con la vecchietta. Questa Teresa, adesso, accompagna un vecchio. E voglio dare testimonianza di questo, voglio dare testimonianza perché lei mi ha accompagnato, in ogni passo mi accompagna. Mi ha insegnato a fare i passi.
A volte sono un po’ nevrotico e la mando via, come la Madre San Pietro. A volte l’ascolto; a volte i dolori non me la fanno ascoltare bene… Ma è un’amica fedele. Per questo non ho voluto parlarvi di teorie, ho voluto parlarvi della mia esperienza con una santa, e dirvi cosa è capace di fare una santa e qual è la strada per diventare sante”.
In precedenza papa Francesco aveva incontrato le autorità civili, parlando della Costituzione del Paese: “Nel preambolo della Costituzione della vostra Repubblica, avete voluto sigillare uno dei valori fondamentali della cultura malgascia: il fihavanana, che evoca lo spirito di condivisione, aiuto reciproco e solidarietà.
Include anche l’importanza dei legami familiari, dell’amicizia e della benevolenza tra gli uomini e verso la natura. Così si rivelano ‘l’anima’ del vostro popolo e quei tratti peculiari che lo contraddistinguono, lo costituiscono e gli permettono di resistere con coraggio e abnegazione alle molteplici avversità e difficoltà che deve affrontare quotidianamente.
Se dobbiamo riconoscere, valorizzare e apprezzare questa terra benedetta per la sua bellezza e la sua inestimabile ricchezza naturale, non è meno importante farlo anche per quest’ ‘anima’ che vi dà la forza di rimanere impegnati con l’aina (vale a dire con la vita), come ha ben ricordato padre Antonio di Padova Rahajarizafy”.
Quindi ha sottolineato che la biodiversità è lo sviluppo del Paese: “E’ dunque importante creare occupazioni e attività generatrici di reddito che siano rispettose dell’ambiente e aiutino le persone ad uscire dalla povertà. In altri termini, non può esserci un vero approccio ecologico né una concreta azione di tutela dell’ambiente senza una giustizia sociale che garantisca il diritto alla destinazione comune dei beni della terra alle generazioni attuali, ma anche a quelle future. Su questa strada, dobbiamo impegnarci tutti, compresa la comunità internazionale…
La globalizzazione economica, i cui limiti sono sempre più evidenti, non dovrebbe portare ad una omogeneizzazione culturale. Se prendiamo parte a un processo in cui rispettiamo le priorità e gli stili di vita originari e in cui le aspettative dei cittadini sono onorate, faremo in modo che l’aiuto fornito dalla comunità internazionale non sia l’unica garanzia dello sviluppo del Paese; sarà il popolo stesso che progressivamente si farà carico di sé, diventando l’artefice del proprio destino”.
Ed ha chiesto di non abbandonare il cammino intrapreso dalla beata Victoire Rasoamanarivo, beatificata da san Giovanni Paolo II 30 anni fa: “La sua testimonianza d’amore per la sua terra e le sue tradizioni, il servizio ai più poveri come segno della sua fede in Gesù Cristo ci mostrano la via che anche noi siamo chiamati a percorrere”.