Alle vittime del ponte Morandi: ‘Genova è protesa verso il futuro’

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Per Genova è il giorno del dolore, della memoria, del ricordo, del silenzio con una giornata calda e soleggiata, a differenza di quella dello scorso anno, quando sotto un diluvio incessante alle ore 11.36 il ponte sul Polcevera è crollato, portandosi via la vita di 43 persone.

Le vittime del crollo del ponte Morandi sono ‘angeli della città’: così si è espresso l’arcivescovo di Genova, il card. Angelo Bagnasco, nell’omelia della Santa Messa in ricordo delle 43 vittime presieduta nel cantiere che 24 ore su 24 lavora senza sosta per costruire il nuovo ponte e sul quale campeggiava enorme una bandiera di Genova.

La cerimonia solenne si è aperta con la lettura dei nomi delle 43 vittime del crollo del Ponte. In prima fila i parenti delle vittime e le autorità: il Presidente Mattarella e accanto il Premier Conte, e a seguire i Ministri, il Governatore Toti e il Sindaco Bucci, ad assistere a una cerimonia semplice e sobria, come voluto dal card. Bagnasco nell’hangar adibito a chiesa.

Prima della funzione religiosa il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha parlato ai parenti delle vittime e ai cittadini: “Non vi abbiamo dimenticato, il ricordo c’è sempre, vi ho portato nel cuore e ho indossato anche a Losanna la cravatta che mi avete donato col simbolo del ponte, per ricordare al mondo intero la nostra tragedia e testimoniare la fierezza di un paese che sa adoperarsi per rinascere e vincere le sfide.

Genova oggi è simbolo di questa forza d’animo e volontà di rinascita. Poche ore dopo il crollo ero qui, attonito, e ho lanciato un monito: ‘non lasceremo sola Genova’ e da qui siamo ripartiti, questo è diventato un impegno e dopo pochi mesi si è concretizzato in un percorso di operosa volontà e dedizione… La comunità di Genova è forte, ha saputo riprendere il cammino, ha riacceso la luce e ridato speranza a un paese intero”.

La funzione religiosa si è aperta con la lettura dal libro di Giobbe per ricordare la resurrezione dei defunti, e del Vangelo secondo Matteo, per richiamare il dialogo, l’accordo e l’unione tra fratelli, come ha esordito il cardinale nell’omelia: “A distanza di un anno Genova è qui e con noi prega per le vittime, angeli della nostra città, che pensiamo tra le braccia di Dio e affacciarsi dalla finestra del cielo, mentre pregano per i loro cari e tutti noi. Genova non li dimenticherà mai.

Sono incisi nel cuore quei giorni, quell’Apocalisse che ci ha fatto sentire svuotati, come se tutto fosse precipitato nel buio. La città oggi rinnova l’abbraccio ai famigliari delle vittime, consapevoli che nessuno può colmare il loro vuoto, ma volendo stringerci a loro perché non si sentano troppo soli”.

Ricordando le parole di papa Francesco l’arcivescovo del capoluogo ligure ha ringraziato i volontari ed i soccorritori: “Abbiamo stampata nell’anima, però, anche una luce che ha sfidato l’oscurità di quei momenti funesti; una luce che man mano si è ingrandita, che si è fatta largo tra le macerie alla ricerca di vita: è la luce dei soccorritori sbucati da ogni dove, come se fossero miracolosamente pronti ad essere presenti e operativi.

E’ stato solo dovere? No, è stato anche amore. Era la luce dell’amore che da quelle macerie è scaturita insieme all’immenso dolore. E quell’amore si rivestiva di perizia, di speranza, di ostinato coraggio, di sacrificio, che è l’altro nome dell’amore. A tutti – dalle forze dell’ordine ai vigili del fuoco, dalle istituzioni pubbliche alle diverse organizzazioni, dal mondo delle professioni ai molti volontari – rinnoviamo gratitudine; essi hanno espresso l’anima di Genova, la sua forza di non piegarsi, di non arrendersi, la coriacea volontà di rinascere. E così è!”.

E nonostante le difficoltà iniziali la speranza è stata la spinta per rinascere: “Ma su tutto ha aleggiato la speranza, il credere in un futuro non lontano, e che oggi cominciamo a vedere. La demolizione del rimanente troncone del ponte è stato come il definitivo distacco da un pezzo di storia, ma la Città è protesa al futuro, un futuro che, con onestà e determinazione, dobbiamo guardare insieme”.

Ed ha concluso l’omelia con un appello all’unità: “Le nostre forze non sono piccole, così il desiderio di giustizia e di bene, ma per esperienza sappiamo quanto siamo fragili, quanto possiamo essere attraversati da egoismi e miopie, da rivalità e divisioni, da dimenticanze.

Se restiamo uniti e ci lasciamo umilmente abbracciare da Dio, allora saremo capaci di abbracciarci gli uni gli altri, e le nostre capacità (come i pochi pani e pesci della parabola evangelica) si moltiplicheranno e faranno miracoli. Sia così, cari amici, sia così per il bene di noi tutti, delle giovani generazioni di cui siamo responsabili, sia così per il bene di Genova e del nostro amato Paese”.

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