Mons. Marcianò: Mario Rega ha creduto nella vita

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Un lungo applauso ha accolto l’arrivo del feretro del vice brigadiere Mario Cerciello Rega nella chiesa di Santa Maria del Pozzo, a Somma Vesuviana, dove un mese e mezzo fa sposò Rosa Maria Esilio, avvolto nel tricolore, seguita a piedi anche dalla moglie, e portato a spalla dai carabinieri nella piazza affollatissima che si ammutolisce e lascia sullo sfondo solo il suono delle campane.

Al termine della celebrazione funebre il comandante generale dei carabinieri, Giovanni Nistri, ha detto che questo non è il giorno per le ‘polemiche’: “Mario è morto per tutelare i diritti di tutti… Vi staremo vicino, non so come potremo fare, e continuerete a essere dei nostri come abbiamo cercato di far essere dei nostri tutti i parenti dei colleghi purtroppo scomparsi. Io vi posso solo abbracciare e lo faccio con tutto l’affetto che posso a nome mio, di tutta l’Arma, di tutti”.

La vedova di Mario Cerciello Rega, Maria Rosaria, ha voluto che fosse letto al funerale del vicebrigadiere lo stesso passo del Vangelo del loro matrimonio, avvenuto nella stessa chiesa a Somma Vesuviana un mese e mezzo fa. Si tratta del passaggio del Vangelo di Matteo in cui Gesù definisce i suoi discepoli il sale della terra e la luce del mondo.

Nell’omelia l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Santo Marcianò, ha espresso il proprio sentimento di amarezza davanti al tragico evento: “Oggi Mario ci chiama nuovamente, questa volta lui dal Cielo, e noi, che ancora facciamo fatica a crederci, siamo riuniti da un dolore improvviso, straziante, che sentiamo ingiusto. Sì, cari amici, quanto è accaduto è ingiusto!

E l’essere qui, professare la nostra fede in Cristo Risorto, non ci esime, anzi ci obbliga, alla denuncia di ciò che è ingiusto. Ci spinge, oggi, a levare un grido che si unisce alla tante e diverse voci che in questi giorni hanno formato un unico coro, testimoniando la straordinarietà dell’uomo e del carabiniere Mario, ma anche chiedendo che venga fatta giustizia e che eventi come questo non accadano più”.

E con le parole del Salmo ha chiesto il rispetto per la vita: “Basta! Basta piangere servitori dello Stato, giovani figli di una Nazione che sembra aver smarrito quei valori per i quali essi arrivano a immolare la vita! Valori che, dice Gesù, ci fanno essere ‘sale’ della terra, sale che insaporisce, purifica, custodisce e ci fa ‘gustare la bontà del Signore’. La morte di Mario risveglia in noi, in qualche modo, la nostalgia del sapore buono di valori come la legalità, la solidarietà, il coraggio, la pace…, troppo spesso sostituito dai sapori estremi del benessere, della violenza, delle dipendenze, che alterano il gusto della vita e non rendono capaci di custodirla”.

La giustizia riguarda anche il rispetto della vita: “Sì, davanti a questa morte ci rendiamo meglio conto di quanto valga la vita, ogni vita umana, e di come ogni popolo, religione, società, debba edificarsi sul comandamento che è a fondamento della giustizia e dell’umana convivenza: ‘Non uccidere’! Mario ha creduto che non c’è giustizia senza rispetto della vita; ha saputo gustare la sua vita con pienezza e gioia, vivere e morire per custodire la vita altrui”.

E come hanno raccontato i colleghi il vice brigadiere ucciso incarnava tali valori: “Sconvolti, i suoi colleghi riferiscono di come incarnasse a perfezione la missione del carabiniere, con competenza e destrezza ma anche con una dedizione e una cura della persona superiori a ogni regolamento scritto; era capace (abbiamo sentito da tante testimonianze) di vegliare una notte intera in ospedale, accanto a una madre vedova e alla figlia, o di provvedere ai pasti e alla dignità dei criminali arrestati.

Sì, ha servito persino la vita dei criminali, anche di colui che lo ha accoltellato e che, certamente, egli avrebbe voluto difendere dal dramma terribile della droga che disumanizza e rende vittime dei mercanti di morte, soprattutto i giovani. Voi giovani, invece, siete ricchi di tanti doni e potenzialità, come Mario, un giovane meraviglioso che ha scoperto il sapore dell’esistenza non nello ‘sballo’ ma nel dono di sé: nel volontariato di barelliere all’Ordine di Malta, nell’essere uomo dei poveri e ultimi, dei senzatetto con i quali condivideva il suo tempo libero, i suoi averi, il suo sorriso”.

Rivolgendosi ai politici presenti mons. Marcianò ha affermato che lui non era un ‘rassegnato’: “Perché la risurrezione non è solo una dimensione futura ma si realizza nell’oggi, in un presente che fa del cristiano un uomo di speranza e non un rassegnato. Sì, cari amici. Mario non era un rassegnato!

Noi non siamo rassegnati e non ci rassegneremo! Perché, se ‘Dio è amore’, credere alla risurrezione non è vivere nella rassegnazione ma lottare con amore per un mondo migliore; come hai fatto tu, Mario, e la tua morte, come la tua vita, è diventata punto di luce dal quale sembra alzarsi un grido: ‘Risorgi’!”

Questa parola, ripetuta con fermezza, è rivolta anche all’Italia: “E’ grido che raggiunge la nostra Nazione, perché risorga il senso della giustizia, della legalità, del dovere e della fraternità, a partire dagli uomini delle Istituzioni, chiamati a riscoprire l’alto senso etico della propria responsabilità, rifuggendo politiche di interessi, conflitti e corruzione, e perseguendo le autentiche priorità del proprio impegno a servizio alla città dell’uomo.

Non è nostro compito dire se servano leggi più rigide o soltanto leggi più giuste, ma una cosa osiamo chiedervela: Metteteci il cuore! Fate anche voi della vita degli altri il senso della vostra vita, consapevoli che quanto operate o non operate è rivolto a uomini concreti: a cittadini e stranieri, a uomini e donne delle Forze Armate e Forze dell’Ordine, ai quali non possiamo non rinnovare il grazie e l’incoraggiamento della Chiesa e della gente! E se voi, responsabili della cosa pubblica, e tutti noi sapremo meglio imparare, da uomini come Mario, il senso dello Stato e del bene comune, l’Italia risorgerà”.

Infine ha rivolto un pensiero alla giovane moglie: “Mario lo dice con dolcezza a te, sposa alla quale ha rivolto l’ultimo pensiero, e a voi tutti suoi cari, promettendovi un amore che non finisce. Lo ritroverete nei ricordi ma anche nelle tante persone che egli ha servito. Alcune sono radunate oggi attorno a voi, come gli amici che erano andati a consolare Marta e Maria per la morte di Lazzaro; e Mario vi lascia in eredità i suoi amici, i suoi poveri, soprattutto i colleghi dell’Arma, famiglia sempre unita e solidale”.

Quindi il sacrificio del giovane vice brigadiere è un valore per tutti: “Risorgi! Mario lo dice infine a tanti cuori di criminali, particolarmente a quei giovani tentati dalla violenza e dal guadagno facile, dalla cultura delle dipendenze e del rischio estremo. Risorgi, giovane, purifica e cambia la tua vita, renditi conto di cosa è la vita, di cosa la custodisce e le dona sapore e senso!”

Ed ha concluso l’omelia con le parole del Vangelo del loro matrimonio: “Carissimi fratelli e sorelle, caro Mario, quello che è successo è e rimane profondamente ingiusto, ma la tua morte rappresenta una testimonianza di amore e di fede più intensa di quanto si potesse immaginare quando le parole di Gesù risuonavano in questa Chiesa nel giorno del tuo matrimonio…

In vita, la tua luce era rimasta nascosta tra i familiari e gli amici, in questo paese natale, nel quartiere dove prestavi servizio a Roma; oggi, però, splende davanti agli uomini, diventando per la nostra Nazione, per il mondo, per la Chiesa tutta, faro che indica la strada, esempio che illumina, fonte di speranza che sostiene… Questo è il dono che ci lasci e, ne siamo certi, questo era il tuo desiderio. Grazie, Mario, prega perché sia anche il nostro e perché il tuo ricordo aiuti noi a diventare più «buoni», per dare sapore alla terra e speranza al mondo. Come il sale e la luce”.

Infine anche l’Ordine di Malta ha ricordato il vicebrigadiere ucciso, che prestava dal 2009 servizio come volontario per la delegazione romana dell’Ordine di Malta, distribuendo pasti ai senzatetto e alle persone in difficoltà nelle stazioni di Termini e Tiburtina. Un impegno costante e regolare portato avanti con dedizione e passione. Per questo nel 2013 gli era stata conferita un’onorificenza al Merito Melitense:

“E’ stato sempre partecipe agli interventi su strada programmati due volte a settimana nella tarda serata, in aree critiche capitoline come le maggiori stazioni ferroviarie ove è più solito trovare persone bisognose ed emarginate”.

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