Festa di san Giovanni Battista: un invito alla fedeltà del Vangelo

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‘L’esempio di san Giovanni Battista ci invita ad essere una Chiesa sempre al servizio della Parola di Dio; una Chiesa che non vuole attirare a sé, ma a Gesù Cristo’: con questo tweet papa Francesco ha ricordato la festività di san Giovanni Battista, che è patrono di molte città e del Sovrano Ordine di Malta, come ha ricordato il card. Giovanni Angelo Becciu, prefetto della congregazione per le cause dei santi:

“Il ricordo della figura di Giovanni Battista non ci può lasciare indifferenti, è una preziosa occasione per rinnovare il proposito di ispirare la nostra vita personale e la nostra opera nella Chiesa e nel mondo a colui che si è posto al servizio di Gesù, preparandogli la strada. Sta a noi, oggi, trovare l’intelligenza e la forza di preparare una strada al Signore, affinché sia possibile percepire la sua presenza in seno alla Chiesa e dunque in seno anche al nostro Ordine.

Di fronte a un mondo sempre più secolarizzato, a una società che rimuove i valori cristiani, noi credenti, e in particolar modo chi si fregia del titolo pubblico di appartenenza a un Ordine ecclesiastico come quello dell’Ordine di Malta, è chiamato a dare con la propria testimonianza di vita risposte credibili e attraenti. Il mondo, povero di Dio, assetato di verità, ha bisogno più che mai di gente che indichi il cammino per trovare una vita salvata, una vita sensata”.

E da Torino, al termine della messa della festa di san Giovanni, patrono della città, mons. Cesare Nosiglia ha rivolto un appello con il quale spera di sbloccare una situazione divenuta insostenibile per le 42 persone rimaste a bordo e che si trovano in mare quasi da due settimane, aprendo all’accoglienza:

“Desidero esprimere la mia solidarietà a quanti in Italia e anche nella nostra città stanno dimostrando pacificamente per richiamare l’attenzione sulla situazione di grave e ingiusta sofferenza in cui si trovano 43 persone sulla nave Sea Watch al largo di Lampedusa.

Un gruppo di nostri concittadini questa notte ha iniziato a dormire davanti alla chiesa di san Dalmazzo per questo motivo. Io aggiungo che, come ha sempre fatto anche in altre circostanze analoghe, la Chiesa di Torino è disponibile ad accogliere senza oneri per lo Stato questi fratelli e sorelle al più presto, se questo può servire a risolvere il problema”.

Nell’omelia, riprendendo il vangelo della festività, l’arcivescovo ha sottolineato la crisi che sta vivendo la città: “Il nostro Patrono è uno che ci chiede di essere capaci di sconvolgere le nostre vite, di convertirci e dunque di metterci in discussione e non accettare passivamente e con rassegnazione le situazioni difficili e faticose.

La nostra città e il suo territorio continuano ad essere travagliati dalla crisi anche se non mancano segnali di ripresa o di mantenimento di posizioni di qualità nel mondo industriale, dei servizi e del commercio, della cultura e della innovazione. Abbiamo ben capito, ormai, che al declino economico e produttivo si è aggiunto e sovrapposto un declino sociale”.

La crisi produce solitudine ed occorre cambiare stile di vita per una maggior inclusione di tutti nella città, come sollecita san Giovanni battista: “Giovanni Battista ci propone di verificare e cambiare i nostri stili di vita. Da troppi cittadini la vita della città viene intesa come se ci trovassimo in un ‘paese dei balocchi’, dove è sempre festa, dove tutto concorre al nostro divertimento, alla realizzazione dei piaceri individuali. La lunga crisi e la crescita dell’esercito dei poveri è lì a dimostrarci che le cose non stanno così”.

Ed ha esortato i cattolici ad essere testimoni di speranza: “Sta prevalendo invece un modo strumentale di considerare il cristianesimo come se fosse un supermercato dove ciascuno sceglie liberamente ciò che gli serve o ciò che gli piace, dimenticando che l’unico vincolo a cui siamo obbligati è la fedeltà al Vangelo… La coerenza e l’insistenza della Chiesa è radicata nell’impegno di rendere ragione a tutti della speranza che è in noi e può esserla per ogni uomo.

Giovanni paga di persona questa coerenza alla grande speranza che è venuto ad annunciare. E anche noi siamo chiamati oggi a spendere la nostra vita per essere testimoni di quella stessa speranza che è Nostro Signore Gesù Cristo”.

Anche da Firenze il card. Giuseppe Betori ha lanciato un monito a non lasciarsi sopraffare dallo sconforto: “Se vogliamo dare una svolta alla crisi sociale in cui siamo precipitati, tutto dovrebbe ripartire proprio da uno sguardo positivo sulla vita, vincendo la paura che ci tarpa le ali… Abbiamo bisogno di fiducia nel futuro, riscoprendo la vicenda umana come un progetto spalancato sul domani, da costruire nella fatica ma anche nella gioia di sentircene protagonisti”.

Quindi, stigmatizzando i tentativi di legalizzare la ‘gestazione per altri’ il card. Betori ha sottolineato il bisogno di fiducia: “Abbiamo bisogno di fiducia nell’altro, che non è un temibile concorrente da schivare o un nemico da abbattere o un intruso da cacciare, ma il fratello di una convivenza in cui ciascuno cresce grazie al riconoscimento nell’altro e dell’altro e ci si edifica nella rete delle relazioni che formano il tessuto di una comunità e di una società, tanto più ricca quanto più ampia, includente, armonicamente varia.

Abbiamo infine bisogno di fiducia in Dio, che la cultura odierna troppo spesso identifica con un limite imposto all’uomo e quindi come una presenza da emarginare e negare, per aprirlo agli orizzonti gratificanti della verità, della bontà e della bellezza… Occorre purificare il pensare comune, a cominciare dal superamento del politicamente corretto, per ricostruire un giudizio critico, oltre i luoghi comuni, e la progettualità, oltre il ‘si è fatto sempre così’. La corrosione dell’umano ha raggiunto livelli preoccupanti”.

Anche Genova lo ha festeggiato come patrono e l’arcivescovo della città, card. Angelo Bagnasco, ha ricordato che egli ha indicato la via: “Giovanni Battista non si ferma a indicare l’Agnello che riscatta le colpe degli uomini, ma ne proclama anche le conseguenze morali.

E lo fa in un contesto storico e culturale che non era per nulla favorevole: egli ricorda la necessità della conversione, di abbassare i colli e spianare le valli, di una vita nella verità.

A Erode ricorda pubblicamente che non gli è lecito tenere con sé la moglie di suo fratello… A volte si predica un Gesù senza ricadute concrete sulla vita: un Dio talmente aereo che non disturba le nostre abitudini, i gusti individuali, le posizioni di comodo, le scelte che sono considerate buone a prescindere.

Un Dio talmente compassionevole che ci ama senza verità, poiché l’amore è inteso solo come sentimento e la verità è sostituita con l’opinione. Ma un Dio che non ci dice come vivere, che non ci indica il bene e il male, può essere condiviso ma è irrilevante. Potremmo dire che a volte si parla di Dio senza conseguenze”.

Ed ha concluso con l’affermazione che Dio entra nella vita sociale ed è criterio di verità: “San Giovanni testimonia che Dio entra nella concretezza dell’esistenza, e che il criterio sicuro del bene e del male è la sua Parola di verità e amore”.

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