Chiese e basiliche: e se facessimo meno attenzione ai centimetri di stoffa?

Anche in basilica, a spalle scoperte?
Condividi su...

A Sydney non si è neppure posto il problema: faceva freddo, e anche in gioventù quando fa freddo ci si copre. Ma – come già nelle Gmg del 2000 e del 2005 – nelle nostre città alle prese con il caldo dell’estate 2008 la questione di tanto in tanto torna d’attualità: ma è proprio necessario impedire l’accesso nelle basiliche a chi non veste “adeguatamente”, cioè a chi ha anche solo spalle e ginocchia un po’ troppo scoperte? Non è un po’ eccessivo star lì a contare i centimetri di stoffa, anche quando onestamente non se ne sentirebbe la necessità?

Anche in basilica, a spalle scoperte?

L’argomento non è nuovo. Sarà certamente capitato a tutti, almeno una volta, di essere fermati o di veder qualcuno essere fermato all’ingresso delle più grandi chiese e basiliche per un problema di abbigliamento. Braccia e spalle scoperte, pantoloncini corti, ginocchia e cosce troppo visibili. Qualche volta basta un foulard, e la visita alla chiesa – per lo più turistica, ma non solo – può andare avanti. Qualche altra volta, invece, quando non c’è modo di rimediare, rimane solo un semplice e inesorabile divieto di ingresso.

Naturalmente, non si discute qui dell’istituzione di celebrazioni in bermuda o in bikini. In chiesa – come in qualsiasi altro luogo di culto e come in qualsiasi altro luogo che di per se stesso richiede rispetto – non ci si presenta con un abbigliamento succinto o discinto. Men che meno volgare. E’ questione non solo di pudore e di buon senso, ma anche di educazione e riguardo nei confronti degli altri visitatori di una chiesa e nei confronti di chi, nella chiesa, ci “abita”. Perché vero è che Dio è ovunque, ma la chiesa rimane pur sempre “la casa del Signore” per antonomasia. Se insomma a qualcuno non sta bene che in chiesa ci si vesta in modo decoroso e decente, il problema è tutto suo: sull’esistenza di regole e sulla necessità di dire, quando serve, “così non va bene”, non si discute.

Ma, appunto, quando serve. Quando ce ne sono i presupposti. Quando effettivamente i limiti sono superati. Cosa che, probabilmente, non sempre accade. Durante la Gmg del 2000 i giovani furono autorizzati ad entrare nelle quattro basiliche principali della città anche con il classico abbigliamento estivo che contraddistingue da sempre i giorni del mese di agosto. Fu una eccezione, e chi c’era ricorda che quelle chiese si riempirono di giovani e giovanissimi, nient’affatto intenti ad osservarsi a vicenda (potevano farlo anche fuori, volendo, e alla luce del sole…) ma intenzionati invece a fare ciò che si fa quando si entra in una chiesa: pregare.

Non successe insomma nulla di terribile, anzi. Potrebbe oggi valere lo stesso principio, e anche per i turisti: rigore quando necessario, ma anche consapevolezza che un paio di spalle scoperte, all’interno di un atteggiamento di fondo rispettoso e decoroso, non costituiscono un problema. Ed evitare così, al contempo, quelle spiacevoli situazioni in cui di fatto il visitatore –  intenzionato a pregare o semplicemente a visitare una chiesa, non c’è differenza – viene bloccato sul portone di ingresso. Basterebbe poco in fondo: invece che un divieto (così non entri), un gentile invito (se vuoi avere più sobrietà, usa questo foulard). Senso di responsabilità in un contesto di attenzione. Molto meglio che imporre regole in eccesso.

Free Webcam Girls
151.11.48.50