Rwanda: il regista Salvetti racconta un genocidio dimenticato

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Aprile 1994: il Dessault Falcon sigla 9XR-NN si schianta nel giardino della villa presidenziale colpito da due missili terra-aria. A bordo tutti morti: i tre membri dell’equipaggio francese e i nove passeggeri. Tra le vittime dell’attentato terroristico si trova anche Juvenal Habyarimana, presidente di uno dei più piccoli paesi del mondo: il Rwanda. Ha inizio quella notte il più terrificante, veloce e sistematico genocidio nella storia dell’umanità.

In circa 104 giorni sono state uccise oltre 800.000 persone appartenenti alla minoranza etnico-sociale dei Tutsi, massacrati a colpi di machete e armi da fuoco dagli estremisti appartenenti agli Hutu, il gruppo sociale maggioritario, in quello che molti storici hanno definito ‘n genocidio peggiore della Shoa’.

Il film, diretto da Riccardo Salvetti, porta sullo schermo la vera storia di un giovane uomo, Augustin, che non ha altra scelta se non quella di uccidere e quella di una giovane donna, Cecile, condannata a fuggire per salvare la sua stessa vita e quella della sua bambina di 4 anni.

Ma quando tutto sembrerà destinato alla stessa conclusione che porterà in Rwanda alla morte di oltre 800.000 persone, si assiste alla ribellione di un uomo che decide di gettare il machete e alla scelta di una donna che sceglie di combattere per ciò che ha di più caro al mondo. Una storia vera di amicizia e solidarietà tra un uomo e una donna, lui Hutu e lei Tutsi, capaci di un gesto di indimenticabile e straordinario coraggio.

E così il film ha vinto molti premi, tra cui l’ ‘ECU – European International Film Festival’ di Parigi, quale miglior film europeo dell’anno; e negli Usa ha vinto il premio ‘Best Use of Music – Award 2019’.

Al regista Riccardo Salvetti, diplomato alla Scuola Civica di Cinema Televisione e Nuovi Media ‘Luchino Visconti’ di Milano, abbiamo chiesto di raccontarci come è nato il progetto del film di raccontare di un ‘genocidio’ dimenticato: “Rwanda prima di diventare un film era uno spettacolo teatrale. Scritto e interpretato da Marco Cortesi e Mara Moschini, i quali raccolsero la testimonianza di due sopravvissuti al genocidio rwandese del 1994 per portarla in scena in prima persona, come se Marco e Mara incarnassero proprio quei testimoni sul palco.

Lo spettacolo riscosse così tanto successo che quando decisero di ‘mandarlo in pensione’ e passare a qualcosa di nuovo c’era comunque la grande voglia di lasciare una testimonianza permanente e tangibile di questa storia di coraggio. Una storia contro la discriminazione il pregiudizio e la paura del diverso, insomma un tema che sembra tornato estremamente attuale”.

Quale è il messaggio lanciato dal film?
“Speriamo il film possa raccontare a quante più persone possibili di questa pagina di storia quasi sconosciuta, una storia dura, dove in mezzo a tutto l’odio e la violenza c’era comunque qualcuno in grado di avere il coraggio di fare la scelta giusta. Quello che vogliamo lasciare al pubblico è un’emozione di speranza, una voglia di cambiamento e fratellanza che porti ogni spettatore alla consapevolezza che non esistono differenze in base al colore della pelle, la provenienza, o la religione ma che siamo tutti esseri umani”.

Vi aspettavate il ‘successo’ nei festival?
“Rwanda sta avendo un successo travolgente! Appena un mese fa ha vinto il premio come miglior lungometraggio indipendente all’ ‘European Independent Film Festival’ di Parigi, ed ha ricevuto un premio anche al ‘Julien Dubuque international Film Festival’ negli Stati Uniti, tantissimi altri festival ora ci stanno chiedendo di poter avere il film nella loro selezione ufficiale e siamo pieni di orgoglio per questi risultati! Segno che il messaggio che Rwanda porta è davvero emotivo e coinvolgente e che al contempo le giurie di tutto il mondo riconoscono il valore qualitativo della pellicola”.

Cosa significa fare film indipendente?
“Fare cinema indie porta con sé gli svantaggi di non aver sempre mezzi e risorse economiche per realizzare il proprio film, il che rende tutto più impegnativo, ma al contempo è un continuo stimolo creativo per trovare la migliore soluzione ottenibile con il minimo delle risorse disponibili.

Inoltre il cinema indie porta con sé anche una sorta di selezione naturale dei collaboratori al progetto, chi decide di partecipare al progetto lo fa perché veramente motivato e coinvolto, perché crede davvero in quello che fa dal momento che non è certamente incentivato dal compenso spesso irrisorio.

La nostra fortuna per rendere tutto possibile è stato il fondamentale apporto di Horizon srl casa di produzione indipendente, che non poteva investire risorse economiche dirette, ma che in anni di lavoro su set commerciali ha saputo investire nell’acquisto di così tanta strumentazione che ci ha permesso di realizzare un film, sì indipendente, ma con ambizioni da film mainstream”.

Come si potrà vedere il film nelle sale cinematografiche?
“Il nostro obiettivo è far giungere questa storia a quante più persone possibili e per questo non volevamo legare Rwanda a una canonica distribuzione, e abbiamo optato così per una distribuzione ad evento: chiunque voglia organizzare una proiezione del film potrà farlo facendone richiesta sul nostro sito www.rwandailfilm.it nella pagina del menù dedicata alla richiesta di proiezioni: http://www.rwandailfilm.it/proiezione/. Sarà inoltre possibile fare richiesta di presenza dei membri del cast e della troupe così da avere anche un momento di incontro e scambio alla fine della proiezione”.

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