Mons. Napolioni: “Non c’è futuro se si impedisce un sano rinnovamento”

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“Sant’Omobono, patrono della città e della diocesi, non giace inerte nella cripta nella Cattedrale, ma vive in Cristo e nella comunione dei Santi. E ci pensa e protegge, ci osserva e intercede per noi, sempre”: con queste parole mons. Napolioni, vescovo della diocesi di Cremona ha aperto la sua omelia in cattedrale durante la concelebrazione del Solenne Pontificale nel giorno del patrono della città e della diocesi di Cremona.

Poi ha sottolineato che il futuro parte da un rinnovamento: “Un mondo nuovo non nasce dalle ceneri di un mondo distrutto, come non c’è futuro se si impedisce un sano rinnovamento. Ma bisogna cominciare da noi stessi, da come usiamo le ricchezze, i beni, l’ambiente”.

Nell’omelia, mons. Napolioni ha fatto parlare il santo attraverso una lettera scritta ai suoi concittadini che lo ricordano: “So che oggi il mondo vi preme addosso, e che nessuno è al riparo dai suoi sconvolgimenti. Sento le grida, il rumore, e immagino la vostra fatica nell’ascoltarvi e dialogare.

Vedo tanta frenesia nel muovervi, e temo che non riusciate a fermarvi per pensare e capire, per discernere il vero e il bene. C’è anche chi se ne approfitta: ho timore di chi usa il disagio dei deboli per imporre con arroganza idee ed interessi di parte. A costo di menzogne, cedendo spesso alla tentazione dell’insulto”.

E nella lettera alla propria diocesi, letta dal vescovo, sant’Omobono ha invitato i fedeli ad ascoltare la Parola di Dio: “Cari amici, riuniti nel mio ricordo, quanto sono contento… della fede con cui accogliete anche quest’anno la Parola di Dio, che mi descrive meglio di qualsiasi biografia ed immagine. Sì, perché poco fa avete ascoltato quelle promesse antiche che mi hanno scaldato il cuore e tracciato la via. Scritte nel libro del Siracide: Sii come un padre per gli orfani e come un marito per le vedove, e sarai come un figlio dell’Altissimo”.

E come un padre premuroso ha invitato i suoi concittadini a non dimenticare il ‘volto umano’ della città: “Come un padre, come un marito, come un figlio, vi guardo, mi preoccupo e soffro per voi, vi parlo e vi custodisco. Come un padre per gli orfani, guardo Cremona, la mia bella città. E’ cresciuta nel tempo, ma mi piace che sia rimasta umile, familiare, dal volto umano.

So che oggi il mondo vi preme addosso, e che nessuno è al riparo dai suoi sconvolgimenti. Sento le grida, il rumore, e immagino la vostra fatica nell’ascoltarvi e dialogare. Vedo tanta frenesia nel muovervi, e temo che non riusciate a fermarvi per pensare e capire, per discernere il vero ed il bene. C’è anche chi se ne approfitta: ho timore di chi usa il disagio dei deboli per imporre con arroganza idee ed interessi di parte. A costo di menzogne, cedendo spesso alla tentazione dell’insulto”.

Ma in tutti i tempi è stato così, ricordando la vita cittadina dei suoi tempi: “Certo, otto secoli fa erano aspre le guerre tra comuni e contrade. Cremona era divisa e insanguinata, dalla lotta tra le sue fazioni, davanti al sorgere di nuove classi sociali, che minacciavano i privilegi acquisiti. So bene quanto fu difficile fare pace tra la vecchia e la nuova città.

Perché la nuova non calpestasse la vecchia, perché il bene di tutti trionfasse. Le lezioni della storia dovrebbero avervi insegnato che una città nuova e migliore è possibile solo ai costruttori di pace, non a chi la impone con spirito di risentimento e odio verso chi sembra diverso”.

La lettera virtuale inoltre ha sottolineato la ‘paura’ dei Santi nel vedere la possibile divisione odierna in nuove fazioni: “Dal cielo, affollato di uomini giusti e santi di ogni tempo e di ogni luogo, ammiriamo i progressi della scienza e della cultura, e per questo ci angoscia vedere come rischiate di sciuparli in un attimo, quando cedete a viscerali moti di paura e sospetto, di chiusura e cinismo, quasi per un diabolico bisogno di avere nemici da abbattere”.

Poi ha invitato i suoi concittadini ad accogliere la vita ed a non sopprimere il povero: “Porgi l’orecchio al povero e rispondigli al saluto con affabilità. Strappa l’oppresso dal potere dell’oppressore, anche quando si traveste da paladino degli ultimi. Come un padre per gli orfani, piango mentre vedo sempre meno bambini rallegrare le case e le strade di Cremona e dell’intera Italia.

E prego perché si faccia, presto, ciò che da tempo è necessario per ritrovare il gusto della generatività. Della vita accolta come dono, e come dono spesa generosamente”.

Ed ha raccontato la propria sofferenza alla vista dei continui attacchi, interni ed esterni, alla Chiesa: “Perciò soffro tanto, quando vedo la Chiesa dividersi e smarrirsi. Lo capisco guardando, in cielo, il volto e gli occhi di Maria, madre dell’unità. Lo riconosco nella continua sollecitudine orante dei Santi Pontefici, tutti accanto a Francesco, nel costruire sentieri di verità e ponti di riconciliazione, e nel discernere il ‘fumo di Satana’ dalle volute dell’incenso.

Io so per esperienza come la Chiesa possa precipitare, tra i peccati e tra le eresie, in stagioni di crisi e di necessaria riforma. Perché cessino scandali, sperperi, abbandoni e resistenze. Perché si riparta dal Vangelo, letto ogni giorno per calarlo nella vita, personale e sociale, senza troppi rivestimenti e sconti”.

Ed infine un invito ai fedeli ad essere una Chiesa ‘più leggera e credibile’: “Se aprirete insieme il Vangelo e il giornale, se vi ascolterete con rispetto ed umiltà, se cercherete insieme le nuove vie su cui il Risorto vuole condurvi, uscirete dal pantano della confusione e dalle catene della rigidità, e traccerete la strada al popolo santo di Dio, all’umanità in ricerca.

Ciò avverrà in proporzione all’esercizio paziente della vostra carità vicendevole, vera e prima penitenza cui nessuno può sottrarsi, e così sarete profezia di fraternità e povertà. In una Chiesa più leggera e più credibile”.

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