‘Carissimo Vescovo’: un libro-sinodo in miniatura
100 giovani domandano, 9 vescovi rispondono e il Papa introduce il dibattito: potrebbe sembrare la sintesi di un gruppo di lavoro di qualche dicastero vaticano e, invece, è l’ultima fatica editoriale di Marco Pappalardo, pubblicata da Elledici in occasione del Sinodo sui giovani.
Un collage di domande provenienti da giovani di diversa estrazione sociale, culturale e religiosa, ordinato in godibilissimi capitoli, che richiamano le tematiche al centro del dibattito sinodale, cui fa eco la posizione dei Vescovi che hanno risposto – chi ad ogni singola richiesta, chi in modo più generale – non con parole di circostanza, ma nella sincerità della loro esperienza.
La potenza dell’opera sta proprio nella spontaneità: il lettore non si troverà davanti a discorsi preconfezionati, ma a interrogativi di entrambe le parti in causa. Dalla costruzione della personalità alle incertezze sul futuro, dalle domande di senso al Web, dal discernimento vocazionale alle scelte morali, dalla fede quotidiana al rapporto con la Chiesa, questi gli argomenti che i giovani presentano con acume e profondità.
In questo cammino di scoperta dei segni dei tempi, delle tracce di Dio nel nostro quotidiano, tutto è scandito da sogni. E’ significativo che, tra gli elementi che identificano i giovani che pongono le domande, vi sia il loro ‘sogno nel cassetto’, come se il curatore abbia voluto che, prima ancora di leggere la richiesta, ci si immedesimasse nelle speranze.
Papa Francesco insiste molto sul valore dei ‘grandi sogni’ e ha sempre spronato noi cristiani a non restare arroccati nel pessimismo e nel vittimismo. “Sei già tu un segno di speranza per il futuro della Chiesa, se tu un giovane faro dinanzi alle aspirazioni dei tuoi coetanei!”: nell’incipit di una delle risposte qui raccolte, si scorge la sfida attuale della cristianità, rendere i giovani autentici discepoli.
Ecco, i protagonisti di questo libro hanno centrato l’obiettivo: persino il ragazzo più incredulo, che ammette di non avere fiducia nelle gerarchie, diventa strumento di crescita comunitaria, perché non sbatte la porta, ma ci mette la faccia. L’auspicio è che questa ‘presa diretta’ – come la definisce papa Francesco nella prefazione – riesca a scuotere le coscienze e, come a Emmaus, risvegli in ogni lettore l’ardore della novità del Vangelo.