Antonio Ruccia racconta gli incroci della speranza

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“Abbiamo sempre immaginato la strada del Calvario come un percorso in salita che arrivi in una radura dove ad attendere Gesù ci sono già arcigni operai assoldati per l’occasione e pronti prima a inchiodare le assi, tra longitudinale e l’altra latitudinale, ma soprattutto pronti a inchiodare un sovversivo sofferente che secondo una pseudo legge aveva ricevuto la condanna.

Proprio tutto strano. Infatti, quell’esile condannato, rivestito da una tunica tessuta tutta d’un pezzo, ascesa di quella collina di Gerusalemme aveva incrociato tanta gente che si era soffermata addirittura anche ad aiutarlo. Gli incroci sulla strada del Calvario non sono semaforizzati, ma sono regolarizzati dal diritto di precedenza. Una precedenza che accomuna il condannato con i disabili, gli ultimi, i carcerati, gli affamati e gli assettati di giustizia.

Altri incroci non ci saremmo aspettati di fare, né tanto meno di fermarci dinanzi ai senza lavoro, ai giovani delusi e disoccupati e soprattutto ai tanti che non credono più nel domani perché hanno barattato la loro speranza all’angolo del primo usurario che li ha ingannati. Per tutti c’è una proposta. Bisogna salire fino in fondo per incrociare il Cristo della vita dove nessuno avrebbe mai pensato di trovarlo e costruire una Chiesa che ricomincia il cammino incrociando la strada unica e a senza unico dell’amore disinteressato”.

Così esordisce il nuovo libro di don Antonio Ruccia e Mimma Scalera. A don Antonio Ruccia, parroco di San Giovanni Battista, direttore della Caritas di Bari-Bitonto e docente di Teologia pastorale alla Pontificia Università Urbaniana e alla Facoltà teologica di Bari, abbiamo chiesto di raccontarci gli incroci della speranza:

“Non è facile descrivere il punto d’incontro tra l’uomo di Gerusalemme, condannato a morte senza capi d’imputazione, e una semplice persona che per caso o appositamente percorre la stessa strada. Infatti, la strada del Calvario non è in salita, non è nemmeno in discesa, ma è direzionata verso tanti che, ancora oggi, Gesù incrocia con i suoi sguardi a cui offre una parola ‘di futuro’.

Gli incroci della speranza dei giovani disoccupati, dei ‘bulleggiati’, dei ‘senza-entusiamo’, dei volontari, delle giovani violentate, di quelli ‘pasticciati’, dei delusi dalle parrocchie, di quelli finiti dietro le sbarre sembrano essere uno spartiacque del futuro.

L’incontro con una ‘Chiesa diversa ed estro/versa’ pronta a renderli diversi ed estroversi nell’amare non sono speranze spezzate, ma certezze concretizzate. La croce che Gesù ha preso al primo incrocio del Calvario è il segno di un amore smarrito che può subito essere riconquistato se il percorso vorrà essere fatto con quell’Amico che da sempre ci ha amato”.

Quali prospettive propone la Via crucis?
“Si potrebbe pensare che questa forma devozionale sia ormai superata. In realtà i testi proposti in questo cammino di incroci sono una catechesi in prospettiva evangelizzativa. E’ sull’evangelizzazione che si gioca il futuro della Chiesa.

Sulla strada del Calvario, Gesù non incrocia i nostalgici della tradizione, i delusi del ‘latinorum’, i fautori delle parate, i sacerdoti delle nostalgiche liturgie seminariali, i ripetitori delle frasi preconciliari, gli impauriti delle novità che stentano a imparare i nuovi linguaggi della comunicazione, ma esattamente tutti quelli che pronti ad aprire il cuore ad amare e che hanno capito che Gesù sta passando per loro. Una Chiesa della nuova evangelizzazione non passeggia in sacrestia, ma cammina tra loro e propone per loro un’alba di risurrezione con i contorni della con-divisione”.

In quale modo narrare ai giovani il cammino di Gesù verso la Risurrezione?
“Non ho una ricetta farmacologica predefinitiva e che credo che non esista. Credo che a tutti vada proposto un incontro particolare: Gesù! E’ Lui che i nostri ragazzi prima e giovani dopo, devono incontrare. Purtroppo non lo conoscono perché spesso si è dato per scontato che lo conoscessero. Questa è la prima generazione di giovani che non si è formata alla scuola della famiglia tradizionale di stampo cristiano.

E’ questo il punto di partenza che vede proprio nell’incrocio del Calvario una possibilità in grado di mostrare, più che la crudeltà della sofferenza subita da Gesù, il coraggio della misericordia e del perdono che in tanti hanno dimenticato. E dopo … è necessario condurli verso altri incroci per farli sperimentare soprattutto nello sporcarsi le mani con i poveri che nessuno è perfetto e nessuno è uno escluso o da escludere”.

Fra pochi mesi ci sarà il Sinodo dei giovani: la Chiesa cammina con i giovani?
“Il sinodo è una grandissima opportunità di confronto. L’opportunità da parte dell’intera Chiesa di incrociare le strade della mondialità affinché le nuove generazioni non si aggroviglino nell’ideologia dell’indifferenza e del massimalismo può essere determinante nell’individuare nuovi percorsi di fede da sperimentare.

E’ necessario cogliere che il cammino non può essere svolto unilateralmente solo dai giovani, ma è la comunità tutta formata da ragazzi e adulti che svoltare verso l’incrocio evangelizzativo e individuare nuovi percorsi comunitari in grado di perforare gli spazi già esistenti (ma spesso dimenticati) e proporre Cristo come la persona che ama e che salva e che soprattutto non dimentica che ognuno di noi ha in sé il suo DNA di misericordia”.

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