Agrigento: suor Vicky racconta la missione intercongregazionale

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‘Occorre allontanare con fermezza la sindrome della paura”: queste parole dell’arcivescovo metropolita di Agrigento, card. Montenegro, presidente della Caritas Italiana, sono un duro monito alla società, che, di fronte all’emergenza umanitaria dei migranti, innalza muri di pregiudizio e terrore. Oltre al silenzio delle istituzioni e ai toni elettoralistici di alcune correnti politiche, che si servono del dramma dei rifugiati per recuperare qualche voto, la Chiesa cattolica italiana è in prima linea per dare una risposta concreta di comunione e speranza.

‘Ero forestiero e mi avete ospitato’ è la frase evangelica che caratterizza le dieci religiose che nelle diocesi di Agrigento, Caltanissetta e Caltagirone, si spendono quotidianamente nel servizio ai profughi. Intervistiamo, a nome di tutte le consorelle missionarie, Suor Vicky, proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo, del gruppo di Agrigento, che ci presenta l’esperienza di servizio verso le periferie esistenziali dei rifugiati: uno spunto in più per rendere attivo e credibile il nostro cammino quaresimale…

Come è nata l’idea di una missione inter-congregazionale a favore dei migranti?
“Il Progetto ‘Migranti in Sicilia’ della Uisg (Unione Internazionale delle Superiore Generali) è nato in risposta all’appello di papa Francesco ai religiosi dopo il primo dei tanti naufragi a Lampedusa: un progetto interculturale e inter-congregazionale, che si pone l’obiettivo di essere ‘ponte’ tra la popolazione locale e straniera che sbarca in Sicilia, per passare dalla carità materiale alla comunione, in dialogo con alcuni vescovi locali particolarmente sensibili al problema dell’accoglienza e dell’integrazione di coloro che sbarcano sulle coste siciliane.

Siamo 10 sorelle provenienti da paesi diversi: Etiopia, Eritrea, India, Italia, Polonia, Repubblica Democratica del Congo, Stati Uniti… e appartenenti ad 8 diverse congregazioni. Abbiamo qualificazioni e professioni diverse: infermiere, insegnanti, economiste, educatrici sociali, farmaciste, ecc., con diverse esperienze apostoliche nelle varie parti del mondo. Siamo presenti nelle diocesi di Agrigento, Caltagirone, Caltanissetta”.

Quale formazione è impartita alle missionarie?
“Prima di ‘sbarcare’ in Sicilia il 14 dicembre 2015, abbiamo ricevuto una formazione integrale di due mesi a Roma, dal 2 settembre al 12 dicembre 2015. La formazione al vivere insieme tra diverse congregazioni e culture si è vissuta concretamente perché durante i due mesi, abbiamo vissuto in comunità. Dalla comunità abbiamo ricevuto altre formazioni: l’ascolto, la normativa riguardo ai migranti, la storia della Sicilia e della chiesa locale, ecc. Non meno importante è stato imparare la lingua italiana”.

Come si svolge il vostro servizio a favore dei migranti?
“In ognuno dei tre inserimenti, ascoltiamo i migranti che incontriamo. Alcune di noi si recano nei centri di accoglienza e altre li incontrano fuori dei centri. Sia dentro, sia fuori, ascoltiamo le loro storie per poi dirigerli verso i servizi competenti secondo i bisogni: dallo psicologo, dal medico, anche da un sacerdote per i cristiani.

Insegniamo l’italiano, specialmente a quelli che non sanno né leggere né scrivere. Spesso, serviamo come traduttrici tra i migranti e i diversi servizi. Ci occupiamo dei bambini, giocando con i piccoli e facciamo piccole cose con le donne come per esempio ricamo e cucito, ecc. In centri dove si fa la cucina, aiutiamo anche nella preparazione dei pasti”.

Può raccontare un episodio significativo del suo servizio?
“Lo scorso dicembre, la parrocchia aveva organizzato una mostra di presepi preparati da diversi gruppi. Ha chiesto anche la partecipazione dei migranti. Abbiamo chiesto ai migranti se avrebbero voluto partecipare. La risposta è stata ‘Sì, lo vogliamo’, pur essendo alcuni cristiani e altri musulmani. Hanno scelto di mettere i personaggi in una barca.

Con il centro, abbiamo comprato il materiale e i migranti si sono messi a modellare i personaggi del presepio. Eravamo molto commosse di questa collaborazione tra cristiani e musulmani, considerando, tra l’altro, che un musulmano non può fare una rappresentazione di Dio. Il loro presepe è stato premiato alla Parrocchia il 14 gennaio 2018 dopo la messa domenicale. Questo fu una grande gioia per noi”.

Quale sostegno ricevete dall’arcidiocesi di Agrigento?
“Siamo molto sostenute dal Cardinale e anche dai vescovi delle diocesi dove siamo inserite. Ci hanno incoraggiate dall’inizio e continuano a farlo finora. Siamo ben inserite nelle parrocchie, dove partecipiamo in diverse attività. I parrocchiani ci hanno accolte molto bene. Ci sentiamo veramente integrate. Cosi, sentiamo che stiamo costruendo relazioni fraterne e questo fa parte della nostra missione che è di essere ‘ponte’ tra la popolazione locale e straniera che sbarca in Sicilia, per passare dalla carità materiale alla comunione”.

Cosa vi spinge a questo servizio? Considera questa missione come una vocazione speciale?
“Ci spinge l’amore di Dio e dei fratelli e sorelle, specialmente i più piccoli e gli emarginati. Il Papa ci chiama con insistenza di andare nelle periferie esistenziali e sentiamo che i migranti sono veramente nelle periferie esistenziali. Essendo religiose, questo fa parte della nostra vocazione di donarci totalmente a Cristo e alla sua missione, servendolo nei più poveri”.

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