Il Papa: abbandoniamo la superbia intellettuale che impedisce la vicinanza di Dio

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Per un’antichissima tradizione che risale agli inizi della Chiesa di Roma, i cristiani celebrano il mistero del Natale del Signore nel cuore della notte, ricordando il silenzio che tutto avvolgeva quando il Figlio di Dio si fece uomo e la luce brillò davanti ai pastori, i quali accolsero il lieto annunzio della nascita del Salvatore. Anche i cristiani, nella notte santa, celebrano, in comunione con il Santo Padre Benedetto XVI, il mistero del Natale del Signore: mistero della Luce che brilla nelle tenebre, della Parola fatta carne, del Pane disceso dal cielo; e con tutti i cristiani che nel mondo fanno memoria di questo evento della Salvezza. Prima dell’inizio della Santa Messa è stato proclamato l’annunzio della nascita del Signore, attraverso il canto dell’antico testo della ‘Kalenda’, l’annuncio del Natale che è un canto di splendida ricapitolazione dell’attesa universale del compimento dell’Avvento del Signore. Al termine della Kalenda, un diacono ha sollevato il velo che copriva la statua di Gesù Bambino, collocata davanti all’altare della Confessione.

 

 

Le celebrazioni natalizie sono state ‘aperte’ nel pomeriggio dall’inaugurazione del Presepe in piazza San Pietro secondo una tradizione iniziata nel 1982 per volere di Papa Wojtyla e affidata al Governatorato della Città del Vaticano. Nell’anno della Beatificazione di Giovanni Paolo II, la grande Natività, nei suoi quadri laterali, si ispira alla vita di Maria. La cerimonia si è conclusa con una preghiera guidata dal cardinale Angelo Comastri, a cui è seguita l’accensione, da parte del Papa, del lume della pace posto sul davanzale della finestra del suo studio privato. La cerimonia si è conclusa con l’omaggio musicale, intitolato ‘La Chiarastella’, offerto dall’Orchestra popolare dell’Auditorium ‘Parco della musica’ di Roma diretta dal maestro Ambrogio Sparagna: oltre 100 voci, tra cui 60 bambini, accompagnate da strumenti tradizionali d’Italia e del mondo in una rassegna di melodie popolari natalizie.

Nell’omelia della Santa Messa della notte di Natale, papa Benedetto XVI ha detto che l’essenza del Natale è in un verbo della lettera di san Paolo apostolo a Tito, che “inizia solennemente con la parola ‘apparuit’, che ritorna poi di nuovo anche nella lettura della Messa dell’aurora: apparuit – ‘è apparso’. E’ questa una parola programmatica con cui la Chiesa, in modo riassuntivo, vuole esprimere l’essenza del Natale. Prima, gli uomini avevano parlato e creato immagini umane di Dio in molteplici modi. Dio stesso aveva parlato in diversi modi agli uomini. Ma ora è avvenuto qualcosa di più: Egli è apparso. Si è mostrato. È uscito dalla luce inaccessibile in cui dimora. Egli stesso è venuto in mezzo a noi. Questa era per la Chiesa antica la grande gioia del Natale: Dio è apparso. Non è più soltanto un’idea, non soltanto qualcosa da intuire a partire dalle parole. Egli è ‘apparso’. Ma ora ci domandiamo: Come è apparso? Chi è Lui veramente?… Anche oggi, persone che non riescono più a riconoscere Dio nella fede si domandano se l’ultima potenza che fonda e sorregge il mondo sia veramente buona, o se il male non sia altrettanto potente ed originario quanto il bene e il bello, che in attimi luminosi incontriamo nel nostro cosmo”.

Commentando anche il brano tratto dal Libro del Profeta Isaia, papa Benedetto XVI ha sottolineato il mistero della potenza/debolezza di Dio che si è incarnato ed è fautore di pace: “Questo è l’unico testo nell’Antico Testamento in cui di un bambino, di un essere umano si dice: il suo nome sarà Dio potente, Padre per sempre. Siamo di fronte ad una visione che va di gran lunga al di là del momento storico verso ciò che è misterioso, collocato nel futuro. Un bambino, in tutta la sua debolezza, è Dio potente. Un bambino, in tutta la sua indigenza e dipendenza, è Padre per sempre… Dio è apparso,  come bambino. Proprio così Egli si contrappone ad ogni violenza e porta un messaggio che è pace. In questo momento, in cui il mondo è continuamente minacciato dalla violenza in molti luoghi e in molteplici modi; in cui ci sono sempre di nuovo bastoni dell’aguzzino e mantelli intrisi di sangue, gridiamo al Signore: Tu, il Dio potente, sei apparso come  bambino e ti sei mostrato a noi come Colui che ci ama e mediante il quale l’amore vincerà… In questo nostro tempo, in questo nostro mondo, fa’ che i bastoni dell’aguzzino, i mantelli intrisi di sangue e gli stivali rimbombanti dei soldati vengano bruciati, così che la Tua pace vinca in questo nostro mondo”.

Perciò papa Benedetto XVI ha affermato che il Natale è una Epifania, cioè una manifestazione di Dio in un bambino: “nato per noi. Nato nella stalla di Betlemme, non nei palazzi dei re”. Richiamando ai fedeli il presepe di Greggio che nel 1223 san Francesco di Assisi, il Papa ha sottolineato una grande intuizione del Santo: “Francesco di Assisi ha chiamato il Natale ‘la festa delle feste’, più di tutte le altre solennità, e l’ha celebrato con ‘ineffabile premura’…  Francesco non ha cambiato, non ha voluto cambiare questa gerarchia oggettiva delle feste, l’interna struttura della fede con il suo centro nel mistero pasquale. Tuttavia, attraverso di lui e mediante il suo modo di credere è accaduto qualcosa di nuovo: Francesco ha scoperto in una profondità tutta nuova l’umanità di Gesù. Questo essere uomo da parte di Dio gli si rese evidente al massimo nel momento in cui il Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria, fu avvolto in fasce e venne posto in una mangiatoia. La risurrezione presuppone l’incarnazione”.

Quindi la celebrazione del Natale, ha sottolineato papa Benedetto XVI, non è sentimentalismo, o festa commerciale, ma realtà oggettiva: “Proprio nella nuova esperienza della realtà dell’umanità di Gesù si rivela il grande mistero della fede. Francesco amava Gesù, il bambino, perché in questo essere bambino gli si rese chiara l’umiltà di Dio. Dio è diventato povero. Il suo Figlio è nato nella povertà della stalla. Nel bambino Gesù, Dio si è fatto dipendente, bisognoso dell’amore di persone umane, in condizione di chiedere il loro, il nostro, amore. Oggi il Natale è diventato una festa dei negozi, il cui luccichio abbagliante nasconde il mistero dell’umiltà di Dio, la quale ci invita all’umiltà e alla semplicità. Preghiamo il Signore di aiutarci ad attraversare con lo sguardo le facciate luccicanti di questo tempo fino a trovare dietro di esse il bambino nella stalla di Betlemme, per scoprire così la vera gioia e la vera luce”.

Infine papa Benedetto XVI ha esortato i fedeli a deporre le ‘nostre’ false certezze: “Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio. Dobbiamo seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino verso quell’estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere. Dobbiamo chinarci, andare spiritualmente, per così dire, a piedi, per poter entrare attraverso il portale della fede ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni: il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato… E preghiamo in quest’ora anzitutto anche per tutti coloro che devono vivere il Natale in povertà, nel dolore, nella condizione di migranti, affinché appaia loro un raggio della bontà di Dio; affinché tocchi loro e noi quella bontà che Dio, con la nascita del suo Figlio nella stalla, ha voluto portare nel mondo”.

Al termine della Celebrazione Eucaristica, papa Benedetto XVI ha deposto l’immagine del Bambino Gesù nel presepe; ed al contempo alcuni bambini, in rappresentanza di Italia, Guatemala, Gabon, Burkina Faso, Corea del sud, Francia hanno deposto un omaggio floreale davanti a Gesù Bambino.

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