Macerata: mons. Marconi scrive una lettera aperta all’Azione Cattolica

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Domenica 10 dicembre l’Azione Cattolica della diocesi di Macerata ha festeggiato in maniera particolare i 150 anni della fondazione attraverso una lettera scritta insieme dal vescovo della diocesi, mons. Nazzareno Marconi, e dalla Presidenza diocesana. Per l’occasione il presidente diocesano, Francesco Garbuglia, ha spiegato ai soci il significato dell’adesione:

“Aderire all’Azione Cattolica significa dire ‘ci sto, ci metto la faccia, metto queste mie mani a disposizione per vivere il Vangelo nelle parrocchie e nei luoghi in cui vivo’. Desidero far parte di questa associazione che ha radici profonde nella vita della Chiesa italiana. Perché spero che mi aiuti a vivere da credente, perché vedo che tanti sono i santi che son vissuti così, perché risponde al Vangelo con azioni concrete, coerenti e incarnate, per costruire fin da ora il Regno di Dio.

In occasione della Festa dell’Adesione il nostro Vescovo, mons. Nazareno Marconi, insieme alla Presidenza diocesana, ci invia una straordinaria lettera, ci invita a guardare al Futuro, per alzare lo sguardo, e rilanciare con gioia nuovi modi di essere associazione. E’ una lettera scritta a più mani per riflettere su come vivere oggi, nella nostra diocesi, l’essere in parrocchia e impegnarsi in Politica”.

Infatti nella lettera mons. Marconi ha sottolineato il significato di parrocchia nelle parole di papa Francesco: “La parrocchia, di cui parla il Papa, non è una delle 67 micro parrocchie in cui è suddivisa ed un po’ polverizzata la nostra diocesi. Quando un Papa argentino, vescovo di una città di 3.000.000 di abitanti come Buenos Aires parla di parrocchia, pensa alla concretezza di un territorio ampio e ad una realtà comunitaria numerosa ed almeno un poco organizzata a livello laicale, servita da più preti, anche se ha un parroco di riferimento.

Le nostre realtà parrocchiali, spesso piccole ed oggi con un solo prete e pochi laici che agiscono di solito in maniera individualistica, rischiano invece di essere strutture chiuse in sé stesse e diventare spazi dal facile clericalismo, sia dei preti che dei laici. Il Papa ha detto che una parrocchia non deve essere chiusa, ma aperta e missionaria”.

Ed allora il vescovo ha invitato i soci a ‘sognare’ la parrocchia: “Sogniamo una parrocchia che sia una casa sempre aperta, di cui abbiamo le chiavi ma sentendoci servitori e non padroni, che non distribuisce solo servizi ma è un luogo in cui si ha piacere di ritrovarsi.

Sogniamo una parrocchia per chi non fa niente di speciale, che offra a tutti l’opportunità di costruire comunità, una casa di chi ha paura di non essere accolto: Gesù è soprattutto per loro. Sogniamo una parrocchia in cui quando si definiscono le azioni da compiere ci si preoccupa davvero delle esigenze della realtà circostante”.

Quindi ha delineato il compito dell’Azione Cattolica in una visione che vada oltre la parrocchia: “Nasce quindi l’esigenza di guardare alle Unità Pastorali, superando i confini della parrocchia così come l’abbiamo pensata finora. L’Unità Pastorale ingloba nella sua dimensione più ampia scuole, supermercati, uffici: andrà incontro a tutti. Sarà possibile il confronto tra più preti, la missionarietà sarà più vissuta e con un maggior spazio di azione, ci saranno più realtà laicali impegnate…

L’AC può dire la sua a livello di Unità Pastorale, in quanto da sempre mette a confronto le parrocchie e le esperienze diverse per valorizzare le ricchezze di ognuno. L’AC nelle parrocchie può ascoltare e guidare gli educatori, regalare momenti alti e mischiarsi con quanto incontra senza rinunciare ai diritti d’autore. Continuiamo a mettere a servizio i nostri talenti.

Non siamo una massa indistinta di laici ma studenti, artigiani, informatici, medici, ingegneri. L’AC può essere quindi sentinella per la Chiesa, legame vivo fra le Unità Pastorali ed il territorio”. Altro ‘compito’ affidato dal vescovo diocesano all’Azione Cattolica riguarda la politica, quella sottolineata da papa Francesco, durante l’udienza speciale concessa lo scorso aprile, ‘mettersi in politica con la P maiuscola’:

“Per mettersi in politica in maniera nuova e positiva, in questo mondo di politici improvvisati, ci vuole competenza… Per un cambio della politica, per giungere alla P maiuscola, come insegna la stagione vissuta da La Pira, prima di tutto è necessaria una competenza professionale dei singoli. Ed una cultura sia umana che di fede, ampia e ben fondata.

Quando si parlava della DC dei ‘professorini’, il diminutivo era legato all’età, non al livello di formazione culturale o religiosa… Oggi la vita è complessa e lo studio e la competenza aiutano a capire la realtà che ci circonda.

I gesuiti insegnano che per fare il prete devi avere prima di quella in teologia una laurea in un’altra disciplina, almeno in filosofia, che ti completa come persona, ad esempio il papa ha una laurea in chimica”. Poi ha richiamato, nella lettera, la forma democratica dell’Associazione:

“Per questo la forma dell’Associazione, la sua democrazia interna, la trasparenza dei dibattiti ed i tempi di una formazione ideale e spirituale di qualità, fanno di una bella AC di giovani-adulti, un terreno ideale per la costruzione di tali relazioni, una vera palestra di democrazia. Per entrare in politica con la P maiuscola ci vogliono perciò dei giovani competenti, amici tra di loro e che mettono l’onestà ed i valori comuni al di sopra del proprio interesse e dell’interesse di una parte o di un gruppo”.

Per questo ha invitato l’Azione Cattolica a ricostruire un ‘tessuto associativo’: “Sperare di fare questo oggi in diocesi in tempi brevi, senza una vera rifondazione dell’AC a partire da un gruppo di giovani adulti che ci credono e ricominciano a costruire un tessuto associativo ed una qualità di formazione per vari anni, sarebbe illudere o imbrogliare.

Se oggi rischiano di andare al governo dei partiti di plastica, con un leader ed un gruppo di alleati in affari, oppure partiti costruiti al computer a base di voti elettronici facilmente manipolabili, non li si contrasta per il bene dell’Italia mettendosi al loro livello. Né possiamo sperare in una soluzione veloce basata su ‘scuole di politica’ fatte dai ‘soliti noti’, che ci insegnino ‘il manuale’ della dottrina sociale della Chiesa”.

Ed infine, partendo dall’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’, per la quale ‘la realtà è più importante dell’idea’, ha invitato gli aderenti a confrontarsi con il territorio: “Creiamo momenti di studio e di ascolto, in cui si propongano dei problemi concreti a professionisti di ambienti e culture diverse, per giungere ad un confronto libero di idee.

Non è vero che ‘uno vale uno’. Il parere di una persona competente in quell’ambito vale di più. Inoltre, le parole ‘dono gratuito’, ‘impegno disinteressato’ e la motivazione ‘bene comune’ sono un bel vaglio per discernere chi merita di essere ascoltato come competente e come vero maestro”.

In particolare ha invitato i giovani associati ad ascoltare i propri coetanei: “Soprattutto ai giovani di AC chiedo di aiutarci ad ascoltare i giovani, i loro desideri, le loro fatiche, il loro dolore. Troviamo il modo di dare loro spazio per raccontarsi. Sembra mancare il tempo necessario per riuscire a fare tutto ciò.

Chiedere ai nostri educatori di occuparsi di politica sembra un salto oltre le loro forze. Diamogli allora più fiducia di quella che sembrerebbero razionalmente meritare: cresceranno alla grande. Il problema per tutti è che non siamo solo disaffezionati alla politica, ma al nostro territorio, al luogo in cui viviamo. Iniziamo quindi ad avere a cuore gli spazi che abbiamo: una stanza che ci viene affidata diventa un tesoro da custodire (l’esperienza insegna!), dalla stanza si passa al quartiere, per poi arrivare alla città e al paese.

Fare Politica significa fare attenzione all’altro che vive con noi e al creato datoci in custodia a partire dal sottopassaggio imbrattato, nel piccolo mondo che ci circonda”.

(Foto: Federico Canullo)

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