In Bangladesh papa Francesco invita a seminare la pace
Oggi, papa Francesco, incontrando 15 musulmani della minoranza rohingya, ha mostrato la vicinanza della Chiesa di fronte alla loro tragedia:
“La presenza di Dio oggi si chiama anche rohingya, che ognuno abbia la sua risposta. La vostra tragedia è molto dura e grande ma le diamo spazio nel nostro cuore. A nome di quelli che vi perseguitano e vi hanno fatto male e per l’indifferenza del mondo chiedo perdono, perdono”.
Dunque il Papa usa la parola rohingya davanti a 16 musulmani della minoranza costretta a emigrare in Bangladesh, incontrandoli nell’arcivescovado di Dacca, dove essi hanno raccontato le loro storie, accompagnati dai volontari della Caritas locale e dal prof. Alberto Quattrucci, volontario della comunità di Sant’Egidio. Ed al termine il papa ha rivolto loro alcune parole di incoraggiamento:
“Noi tutti vi siamo vicini. E’ poco quello che possiamo fare perché la vostra tragedia è molto dura e grande ma vi diamo spazio nel cuore. A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, che vi hanno fatto del male, chiedo perdono. Tanti di voi mi avete detto del cuore grande del Bangladesh che vi ha accolto.
Mi appello al vostro cuore grande perché sia capace di accordarci il perdono che chiediamo. Nella tradizione giudaico-cristiana Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Tutti noi siamo questa immagine.
Anche questi fratelli e sorelle sono l’immagine del Dio vivente. Una tradizione della vostra religione dice che Dio ha preso dell’acqua e vi ha versato del sale l’anima degli uomini. Noi tutti portiamo il sale di dentro. Anche questi fratelli e sorelle. Facciamo vedere al mondo cosa fa l’egoismo con l’immagine di Dio. Continuiamo a stare vicino a loro”.
E nell’incontro ecumenico per la pace con i leader religiosi ha lodato la volontà delle religioni per la pace: “In Bangladesh, dove il diritto alla libertà religiosa è un principio fondamentale, questo impegno sia un richiamo rispettoso ma fermo a chi cercherà di fomentare divisione, odio e violenza in nome della religione. E’ un segno particolarmente confortante dei nostri tempi che i credenti e le persone di buona volontà si sentano sempre più chiamati a cooperare alla formazione di una cultura dell’incontro, del dialogo e della collaborazione al servizio della famiglia umana.
Ciò richiede più che una mera tolleranza. Ci stimola a tendere la mano all’altro in atteggiamento di reciproca fiducia e comprensione, per costruire un’unità che comprenda la diversità non come minaccia, ma come potenziale fonte di arricchimento e crescita. Ci esorta a coltivare una apertura del cuore, in modo da vedere gli altri come una via, non come un ostacolo”.
Infatti ha paragonato l’apertura del cuore ad una scala verso l’Assoluto: “L’apertura del cuore è anche simile ad una scala che raggiunge l’Assoluto. Ricordando questa dimensione trascendente della nostra attività, ci rendiamo conto della necessità di purificare i nostri cuori, in modo da poter vedere tutte le cose nella loro prospettiva più vera.
Ad ogni passo la nostra visuale diventerà più chiara e riceveremo la forza per perseverare nell’impegno di comprendere e valorizzare gli altri e il loro punto di vista. In questo modo, troveremo la saggezza e la forza necessarie per tendere a tutti la mano dell’amicizia.
L’apertura del cuore è anche un cammino che conduce a ricercare la bontà, la giustizia e la solidarietà. Conduce a cercare il bene del nostro prossimo. Nella sua Lettera ai cristiani di Roma, San Paolo ha così esortato: ‘Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene’. Questo è un atteggiamento che tutti noi possiamo imitare.
La sollecitudine religiosa per il bene del nostro prossimo, che scaturisce da un cuore aperto, scorre come un grande fiume, irrigando le terre aride e deserte dell’odio, della corruzione, della povertà e della violenza che tanto danneggiano la vita umana, dividono le famiglie e sfigurano il dono della creazione”.
Ricordando il crollo del Rana Plaza il papa ha sollecitato ad un impegno concreto per la cura dell’ambiente: “Uno spirito di apertura, accettazione e cooperazione tra i credenti non solo contribuisce a una cultura di armonia e di pace; esso ne è il cuore pulsante.
Quanto ha bisogno il mondo di questo cuore che batte con forza, per contrastare il virus della corruzione politica, le ideologie religiose distruttive, la tentazione di chiudere gli occhi di fronte alle necessità dei poveri, dei rifugiati, delle minoranze perseguitate e dei più vulnerabili! Quanta apertura è necessaria per accogliere le persone del nostro mondo, specialmente i giovani, che a volte si sentono soli e sconcertati nel ricercare il senso della vita!”
Anche nell’incontro con i vescovi locali papa Francesco aveva esortato a ‘costruire ponti’: “La vostra stessa guida episcopale è stata tradizionalmente segnata dallo spirito di collegialità e di mutuo sostegno.
Questo spirito di affetto collegiale viene condiviso dai vostri sacerdoti e, tramite loro, si è propagato alle parrocchie, alle comunità e alle diverse forme di apostolato delle vostre Chiese locali. Esso trova espressione nella serietà con cui, nelle vostre diocesi, vi dedicate alle visite pastorali e dimostrate concreto interesse per il bene della vostra gente.
Vi chiedo di perseverare in questo ministero di presenza, che solo può stringere legami di comunione unendovi ai vostri sacerdoti, che sono vostri fratelli, figli e collaboratori nella vigna del Signore, e ai religiosi e alle religiose che rendono un così fondamentale contributo alla vita cattolica in questo Paese”.
Il papa aveva anche ricordato l’impegno della Chiesa del Bangladesh per l’assistenza delle famiglie e all’impegno per la promozione delle donne. “La gente di questo Paese è nota per il suo amore alla famiglia, per il suo senso di ospitalità, per il rispetto che mostra verso i genitori e i nonni e la cura verso gli anziani, gli infermi e i più indifesi. Questi valori sono confermati ed elevati dal Vangelo di Gesù Cristo”.
Infine ha elogiato la chiesa locale per la scelta di essere con i poveri: “La Comunità cattolica in Bangladesh può essere fiera della sua storia di servizio ai poveri, specialmente nelle zone più remote e nelle comunità tribali; continua questo servizio quotidianamente attraverso il suo apostolato educativo, i suoi ospedali, le cliniche e i centri di salute, e la varietà delle sue opere caritative. Eppure, specie alla luce della presente crisi dei rifugiati, vediamo quanto ancora maggiori siano le necessità da raggiungere!
L’ispirazione per le vostre opere di assistenza ai bisognosi sia sempre la carità pastorale, che è sollecita nel riconoscere le umane ferite e rispondere con generosità, a ciascuno personalmente. Nel lavorare per creare una ‘cultura di misericordia’, le vostre Chiese locali dimostrano la loro opzione per i poveri, rafforzano la proclamazione dell’infinita misericordia del Padre e contribuiscono in non piccola misura allo sviluppo integrale della loro patria”.
In apertura di giornata aveva ordinato 16 nuovi sacerdoti al Suhrawardy Udyan Park di Dacca: “Come voi ben sapete, fratelli, il Signore Gesù è il solo sommo sacerdote del Nuovo Testamento; ma in lui anche tutto il popolo santo di Dio è stato costituito popolo sacerdotale.
Nondimeno, tra tutti i suoi discepoli, il Signore Gesù volle sceglierne alcuni in particolare, perché esercitando pubblicamente nella Chiesa in suo nome l’ufficio sacerdotale a favore di tutti gli uomini, continuassero la sua personale missione di maestro, sacerdote e pastore”.
Nell’omelia ha richiamato l’impegno dei novelli sacerdoti a ‘continuare l’opera santificatrice di Cristo: “Riconoscete dunque ciò che fate, imitate ciò che celebrate, perché partecipando al mistero della morte e risurrezione del Signore, portiate la morte di Cristo nelle vostre membra e camminiate con lui in novità di vita.
Con il Battesimo aggregherete nuovi fedeli al popolo di Dio; con il sacramento della Penitenza rimetterete i peccati nel nome di Cristo e della Chiesa; con l’Olio santo darete sollievo agli infermi; celebrando i sacri riti e innalzando nelle varie ore del giorno la preghiera di lode e di supplica, vi farete voce del popolo di Dio e dell’umanità intera.
Consapevoli di essere stati scelti fra gli uomini e costituiti in loro favore per attendere alle cose di Dio, esercitate in letizia e carità sincera l’opera sacerdotale di Cristo, unicamente intenti a piacere a Dio e non a voi stessi”. Ed infine ha ringraziato i fedeli giunti anche da molto lontano:
“Adesso voglio rivolgermi a voi, cari fratelli e sorelle che siete venuti a questa festa, a questa grande festa di Dio nell’Ordinazione di questi fratelli sacerdoti. So che tanti di voi siete venuti da lontano, con un viaggio di più di due giorni… Grazie per la vostra generosità! Questo indica l’amore che voi avete per la Chiesa, questo indica l’amore che voi avete per Gesù Cristo.
Grazie tanto! Grazie tanto per la vostra generosità, grazie tante per la vostra fedeltà. Andate avanti, con lo spirito delle Beatitudini. E mi raccomando, oggi, mi raccomando, pregate sempre per i vostri sacerdoti, specialmente per questi che oggi riceveranno il sacramento dell’Ordine sacro. Il popolo di Dio sostiene i sacerdoti con la preghiera. E’ vostra responsabilità sostenere i sacerdoti”.