De Gasperi ed Adenauer: la costruzione dell’Europa con il perdono
Dopo l’edizione 2016, che ha visto l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la Fondazione De Gasperi ha continuato il suo percorso di rivisitazione della grande storia europea, invitando Cristoph Cornelissen, direttore dell’Istituto storico italo-germanico, ed Enrico Letta, direttore della Scuola di affari internazionali dell’Istituto di studi politici di Parigi per tratteggiare le relazioni tra i due Padri dell’Europa e soprattutto di collocare il rapporto tra l’Italia e la Germania all’interno di una prospettiva storica e geopolitica per molti aspetti inedita.
Cristoph Cornelissen ha affrontato il tema dei rapporti tra mondo latino e mondo germanico e delle radici cristiane e sociali dell’Europa, che è stato al centro dell’amicizia e della collaborazione politica tra Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer, leader di due paesi arrivati entrambi tardi all’unificazione interna, prima alleati e quindi avversari e comunque usciti sconfitti dalla seconda guerra mondiale.
Infatti ad Adenauer toccò di governare il proprio paese per quasi dieci anni ancora dopo la scomparsa di De Gasperi, ma De Gasperi fu il primo dei grandi politici europei ad aver chiaro fin dal 1946 che, senza una Germania protagonista di un nuovo patto politico di libertà e di democrazia sociale, la storia europea non avrebbe potuto ripartire su basi nuove:
“La visione di un’Europa federale o pre-federale offriva inoltre la possibilità di un’affermazione politica dell’Europa occidentale in una fase in cui molte forze di destra e di sinistra propagavano delle idee ben diverse. Perciò è a ragione che De Gasperi e Adenauer, insieme ad altri esponenti del cattolicesimo politico, vengono considerati padri dell’Europa unita. Allo stesso tempo si deve tuttavia considerare che il successo di questi leader politici fu dovuto anche alle specifiche costellazioni della politica nazionale, tra cui in particolare l’affermazione del cattolicesimo politico in ampie parti dell’Europa continentale.
Occorre anche considerare la situazione della politica internazionale e in particolare le forti pressioni degli Stati Uniti sugli alleati, che furono decisive nelle fasi iniziali dell’integrazione politica ed economica dell’Europa occidentale. In questo contesto si colloca la ripresa dei rapporti diplomatici italo-tedeschi, che è stata ampiamente documentata dalla ricerca storica. Adenauer quindi dopo la sua elezione a Cancelliere nel settembre 1949 si adoperò intensamente al fine di far uscire la repubblica federale, isolata dal punto di vista internazionale, dalla sua condizione di paese a sovranità limitata”.
Secondo il relatore l’Europa poté rinascere dalle macerie della guerra, perché i due attuarono una politica del ‘perdono’: “Pertanto, non fu un caso che De Gasperi e altri esponenti della Democrazia Cristiana si opposero a una ‘pace punitiva’ nei confronti della Germania, accogliendo piuttosto l’invito di Pio XII a superare il muro dell’odio che la guerra aveva frapposto tra i popoli europei.
Le ragioni alla base della politica dell’oblio consapevole e del perdono si spiegano facilmente alla luce delle sfide politiche e sociali a cui Italia e Germania dovevano far fronte; tuttavia, questo atteggiamento sfociò in una politica del passato estremamente selettiva: nei due paesi la memoria pubblica degli eventi della seconda guerra mondiale si limitò infatti quasi esclusivamente al ricordo delle proprie vittime nazionali.
Nella Germania occidentale questa situazione comportò nel discorso pubblico una netta distinzione tra ‘nazisti’ e ‘tedeschi’. Ancora alla fine degli anni Sessanta, il pensiero della riconciliazione nazionale era al centro della politica di costruzione di una cultura della memoria”.
Anche l’Italia fece la sua parte nella costruzione dell’Europa: “Anche in Italia, le logiche della Guerra fredda e il crescente anticomunismo fecero sì che la condanna del regime fascista nel dibattito politico fosse condizionata dalla necessità di riconciliare il Paese. Allo stesso tempo soprattutto la sinistra politica ebbe la tendenza a eroicizzare la resistenza antifascista, che talvolta metteva ai margini gli esponenti dell’antifascismo democratico-cristiano.
E per tanti altri gruppi sociali la diffusione del mito del ‘buon italiano’ in opposizione al ‘cattivo tedesco’ contribuì all’elaborazione di un discorso pubblico apologetico, che faceva presa sul desiderio di discolpa. Questa politica della memoria fu favorita anche da una convergenza di interessi tra il governo italiano e tedesco.
Il governo italiano guidato da De Gasperi appoggiò la linea di Adenauer di porre fine ai procedimenti giuridici contro i criminali di guerra nazisti che avevano operato in Italia anche per prevenire che altri stati, tra cui l’Unione Sovietica, la Grecia e in particolare la Jugoslavia, potessero a loro volta richiedere e ottenere l’estradizione dei criminali di guerra italiani”.
Enrico Letta ha sottolineato la relazione tra i due statisti: “E’ stata una relazione proficua per l’Italia e per la Germania ma è stata fondamentale soprattutto per l’Europa. Grazie alla tensione europeista genuinamente federale dei due paesi si sono superati gli ostacoli che, negli anni, sovranismi e difficoltà nazionali han posto allo sviluppo dell’integrazione comunitaria.
Dalla reazione al fallimento della Comunità Europea di Difesa al superamento degli ostacoli posti da De Gaulle al rafforzamento delle istituzioni comuni, dalla nascita del Mercato Interno alla creazione di una politica estera e di sicurezza comune il ruolo positivo del lavoro italo-tedesco è stato costante e decisivo. Ed è stato soprattutto un rapporto a due non esclusivo ma al costante servizio del comune disegno europeo”.
Facendo riferimento all’Europa odierna l’ex presidente del Consiglio dei ministri italiano ha detto: “L’Europa ha bisogno di riequilibrare la sua costruzione, troppo centrata su una dimensione monetaria priva di sufficienti basi economiche e politiche. Perché questo riequilibrio avvenga la Germania deve uscire dal suo arroccamento sulle riforme europee per far sì che l’Euro diventi davvero sinonimo di crescita per tutti.
E la Germania si muoverà in questa direzione solo se si sentirà rassicurata dal fatto che paesi chiave come l’Italia e la Francia dimostreranno di saper gestire i loro conti pubblici con serietà, con l’obiettivo di un calo strutturale dei rispettivi elevati tassi di debito pubblico. Questo, all’apparenza semplice, scambio tra i principali paesi dell’Area dell’Euro appare il cuore di tutto.
Da tempo Mario Draghi insiste proprio su questa linea che altro non è che un moderno rilancio in Europa della coppia di storici valori comunitari della solidarietà e della responsabilità che solo uniti e in equilibrio possono funzionare. Come fecero De Gasperi e Adenauer all’inizio della storia comunitaria. Come bisognerebbe che accadesse oggi”.