Come sarebbe l’Italia senza immigrati?

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Il Censis ha tracciato uno sguardo su un imminente futuro dell’Italia senza immigrati ed è emerso che sarebbe un Paese con 2.600.000 di giovani under 34 in meno e sull’orlo del crac demografico:

“Un paese più piccolo, con più anziani e meno giovani, meno vitale, con meno welfare e minori prospettive di futuro, e in cui ci sarebbero persino meno posti di lavoro per gli italiani. In un Paese in cui la piramide generazionale si è rovesciata, che si avvia a diventare un paese di patriarchi di massa, ancorché più attivi e più utili alla società rispetto al passato; ma che soffre dell’eclissi dei minori e dell’emorragia dei giovani, gli stranieri rappresentano un importante serbatoio di energie giovani e vitali”.

In effetti i numeri forniti dal Censis non tradiscono ed affermano che tra gli italiani gli ultrasessantacinquenni sono il 23,4% della popolazione, i minori si sono ridotti al 16,2% e i giovani millennials al 17,2%; tra gli stranieri i longevi sono il 3,0%, i minori il 21,6% e i giovani sotto ai 35 anni il 30,3%: “Senza gli stranieri avremmo una popolazione formata per il 66,6% di adulti di età superiore ai 34 anni, mentre gli under 35 si ridurrebbero al 33,4% del totale”.

Gli immigrati sono mediamente più giovani degli italiani e mostrano una maggiore propensione a fare figli. Le nascite da almeno un genitore straniero in Italia fanno registrare un costante aumento: +4% dal 2008 al 2015, a fronte di una riduzione del 15,4% delle nascite da entrambi i genitori italiani. Dei 488.000 bambini nati in Italia nel 2015, anno in cui si è avuto il minor numero di nati dall’Unità d’Italia, solo 387.000 sono nati da entrambi i genitori italiani, mentre 73.000 (il 15%) hanno entrambi i genitori stranieri e 28.000 (quasi il 6%) hanno un genitore straniero.

Gli alunni stranieri nella scuola (pubblica e privata) nel 2015 erano 805.800, il 9,1% del totale. Senza gli stranieri a scuola (la maggioranza dei quali sono nati in Italia) si avrebbero 35.000 classi in meno negli istituti pubblici e saremmo costretti a rinunciare a 68.000 insegnanti, vale a dire il 9,5% del totale. Anche sul mercato del lavoro la perdita dei migranti significherebbe dover rinunciare a 693.000 lavoratori domestici (il 77% del totale), che integrano con servizi a basso costo e di buona qualità quanto il sistema di welfare pubblico non è più in grado di garantire:

“Il nostro mercato del lavoro assorbe circa 22.500.000 di occupati: di questi circa il 11,0% (2.359.000 in valore assoluto) è rappresentato dagli stranieri, che però sono per il 36,0% lavoratori non qualificati, e svolgono attività lavorative che, in molti casi, gli italiani non sarebbero disposti a fare”.

Gli stranieri mostrano anche una voglia di fare e una vitalità che li porta a sperimentarsi nella piccola impresa, facendo proprio uno dei segni distintivi del nostro essere italiani. Nel primo trimestre del 2016 i titolari d’impresa stranieri sono 449.000, rappresentano il 14% del totale e sono cresciuti del 49% dal 2008 a oggi, mentre nello stesso periodo le imprese guidate da italiani diminuivano dell’11,2%.

Anche i trattamenti previdenziali confermano che il rapporto tra ‘dare’ e ‘avere’ vede ancora i cittadini italiani in una posizione di vantaggio. I migranti che percepiscono una pensione in Italia sono 141.000: nemmeno l’1% degli oltre 16.000.000 di pensionati italiani. Quelli che beneficiano di altre prestazioni di sostegno del reddito sono 122.000, vale a dire il 4,2% del totale.

Per quanto riguarda il welfare familiare la non presenza degli stranieri potrebbe significare, secondo il Censis, una gravissima crisi per la famiglia: “Senza gli stranieri sarebbe messo a dura prova anche il nostro sistema di welfare familiare, che, grazie agli immigrati, integra con servizi a basso costo e di buona qualità quanto il sistema pubblico non è più in grado di garantire… La perdita degli stranieri significherebbe dover rinunciare ad una categoria di lavoratori che alleggeriscono il carico di lavoro domestico delle figlie e delle madri italiane, consentendo loro di andare a lavorare fuori casa”.

Infine dei 146 comuni italiani che hanno più di 50.000 abitanti, solo 74 presentano una incidenza di stranieri sulla popolazione che supera la media nazionale. Tra questi, due si trovano al Sud: Olbia in Sardegna, con il 9,7% di residenti stranieri, e Vittoria in Sicilia, con il 9,1%. Brescia e Milano sono i due comuni italiani con più di 50.000 residenti che presentano la maggiore concentrazione di stranieri, che però in entrambi i casi è pari solo al 18,6% della popolazione. Seguono Piacenza, in cui gli stranieri rappresentano il 18,2% dei residenti, e Prato con il 17,9%.

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