A Monreale il vescovo invita ad una Quaresima di fraternità

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Nella lettera quaresimale della diocesi Monreale, mons. Michele Pennisi, ha auspicato l’impegno per ‘una vita sobria’ che apra ‘alla solidarietà verso chi soffre’:

“La Quaresima è il momento favorevole per celebrare e sperimentare, a partire dall’ascolto della Parola di Dio, l’amore del Padre misericordioso, che ci accoglie come figli, ci perdona e ci invita a vivere la fraternità universale, realizzando una sincera e profonda conversione personale e comunitaria. La vita cristiana esige una lotta quotidiana contro il male, nella certezza della vittoria di Cristo Risorto sul peccato e sulla morte”.

In questa ‘battaglia’ il cattolico ha tre ‘armi’ per combattere il Maligno (digiuno, preghiera, astinenza): “Il digiuno non è una pratica salutista per ritrovare il benessere fisico, ma un segno di penitenza che ci fa partecipi della lotta di Cristo contro la tentazione di diventare schiavi del denaro, del potere oppressivo, del piacere sfrenato, della violenza cieca e delle molteplici forme di dipendenza, quali la mafia con le piaghe cancrenose dell’usura e del pizzo, la droga, il gioco d’azzardo, l’alcol, l’uso esagerato dei social network”.

Inoltre tali armi consentono di perseguire una ‘vita sobria’, che “apre alla solidarietà verso coloro che soffrono a causa della fame, della povertà, delle ingiustizie, delle guerre e di ogni violenza. L’esperienza dell’amore misericordioso di Dio ci rende attenti ai bisogni del prossimo con il quale abbiamo il dovere di condividere i doni che il Signore mette a nostra disposizione”.

Riprendendo il messaggio quaresimale di papa Francesco sulla parabola di Lazzaro, mons. Pennisi ha sottolineato che la radice dei mali del ricco “è il non prestare ascolto alla Parola di Dio e questo lo porta a non amare Dio e a disprezzare il prossimo. La parte principale della parabola si svolge nell’aldilà.

Il ricco e il povero muoiono entrambi e mentre Lazzaro è portato nella gioia piena assieme ad Abramo, il ricco spendaccione è condannato al supplizio eterno. La parabola ci offre un messaggio attuale, facendoci comprendere che l’altro non è un fastidioso ingombro, ma un appello a cambiare vita”.

Quindi per il vescovo di Monreale la Quaresima è un tempo propizio per “aprire la porta ai tanti bisognosi nei quali riconoscere il volto di Cristo. Ognuno di noi ne trova tanti sul proprio cammino. Ogni vita che ci viene incontro è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore. L’amore cristiano non aspetta di essere richiesto per agire, ma sollecitamente si accorge del bisogno dell’altro e prontamente interviene”.

La parabola può essere applicata “a tanti settori della vita sociale e, a livello planetario, all’attuale situazione socio-economica dell’umanità di cui solo una minima parte gode di quasi tutti i beni esistenti, mentre la maggioranza vive miseramente, pur avendo fornito i beni fondamentali alla parte fortunata”.

In tutti questi campi “il Magistero sociale della Chiesa auspica una maggiore cooperazione internazionale in campo economico, improntata alla logica del dono e della gratuità da parte delle nazioni ricche nei confronti di quelle in via di sviluppo, con cui intrecciare relazioni di amicizia e di socialità, di solidarietà e di reciprocità”.

Infatti, forte dell’esperienza della recente visita in Tanzania, nella diocesi di Iringa, dove sono state realizzate opere da parte di comunità e associazioni della diocesi monrealese, mons. Pennisi invita “a vivere una ‘Quaresima di fraternità’ per contribuire alla realizzazione di opere caritative” segnalate dal vescovo di Iringa, mons. Tarcisius Ngalalekumtwa.

In particolare “il completamento di una scuola secondaria per ragazze nel villaggio di Kilòlo, il sostegno alla scuola per cucito nel villaggio di Izazi e un aiuto al dispensario sanitario di Migoli”. Inoltre, aggiunge l’arcivescovo, “incoraggio tutti i fedeli ad aiutare le famiglie in difficoltà, ad aprirsi all’accoglienza dei profughi, a dare speranza ai nostri giovani, sostenendoli nel trovare un lavoro dignitoso per far crescere la cultura dell’incontro nell’unica famiglia umana”.

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