Mons. Crociata: vivere la misericordia come santa Maria Goretti

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Qualche giorno dopo la chiusura di tutte le porte sante nel mondo anche nella diocesi di Latina il giubileo della misericordia si è chiuso venerdì 25 novembre con una celebrazione in onore di santa Maria Goretti, patrona di Latina e dell’Agro pontino. L’urna, con il corpo della piccola santa, è stata esposta alla Casa del martirio, a Le Ferriere, e poi in corteo è arrivata nella cattedrale di san Marco.

Mons. Mariano Crociata ha spiegato la scelta di “legare questa chiusura a santa Maria Goretti perché la sua figura di santità è un emblema della misericordia. La vostra partecipazione così affollata dichiara quanto sentiamo forte la sua presenza, come se fosse stata lei personalmente a invitarci e a suggerire delicatamente di raccoglierci stasera, mostrando ancora una volta in maniera palpabile di voler proteggere la città di Latina e l’Agro pontino”.

La vicenda umana di Maria Goretti è stata anche occasione di ricordare la coincidenza del giorno della celebrazione con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne promossa dall’Onu:

“In lei il tentativo di violenza diventa occasione di santificazione e di redenzione ma ciò non può nascondere o attenuare la gravità estrema del gesto del suo aggressore, che nasce non solo da un disordine morale frutto di un vuoto educativo ma anche da una cultura, soprattutto maschilista, che continua a non considerare la donna una persona, bensì la riduce a un oggetto, a una macchina, a una proprietà.

C’è da rivedere l’impianto educativo, ancora una volta, del rapporto con le nuove generazioni e da far crescere una cultura della dignità assoluta di ogni persona e del valore uguale e intangibile della donna rispetto all’uomo”. Nella riflessione proposta mons. Crociata ha delineato la vita della santa nativa di Corinaldo:

“Nella figura di Maria Goretti colpisce la modestia, se non la povertà, della sua condizione sociale e, allo stesso tempo, la qualità di un forte senso religioso, di un attaccamento profondo al Signore unito al desiderio di rimanergli ad ogni costo fedele. Una ragazzina, nemmeno troppo accudita a motivo delle condizioni di vita e di lavoro di una famiglia privata anche della presenza del padre, riesce a sviluppare una grande coscienza della propria dignità e integrità e un vivo senso di responsabilità grazie alla scelta di vivere alla presenza di Dio nell’autenticità della fede e nella semplicità di una costante e fiduciosa preghiera”.

Quindi mons. Crociata ha collegato la sua vita con quella di tanti bambini costretti a migrare: “Il pensiero spontaneamente si sposta da questo quadro a quello rappresentato dalle generazioni che oggi si affacciano alla vita. Non c’è bisogno di richiamare le migliaia di bambini e ragazzi immigrati non accompagnati, di cui spesso si perde notizia, per constatare come sia fin troppo diffuso, non solo tra famiglie povere, il fenomeno di minori abbandonati a se stessi, non sempre perché senza nessuno, ma perché soli dentro, senza punti di riferimento, senza modelli e aiuti di nessun genere alla loro ricerca di senso, di speranza, di motivi per guardare al futuro.

Dobbiamo imparare ad ascoltare l’appello delle nuove generazioni, per cercare di rispondere alle loro attese. Tante volte sono bisogni materiali, prodotti dalla miseria o dalla mancanza di opportunità e di risorse adeguate; altre volte invece incontriamo vuoti spirituali che non basta nessun oggetto superfluo a colmare. Maria Goretti ci invita a guardare con misericordia ai suoi coetanei di oggi, non per diventare più indulgenti di quanto già non siamo, ma per trovare con loro ciò che conta e un vero ideale di vita”.

Infine il vescovo ha invitato i fedeli a vivere la misericordia del perdono: “Anche la vicenda di S. Maria Goretti è segnata dalla misericordia che perdona: già nel momento in cui le vengono inferte le ferite mortali, secondo la testimonianza dello stesso aggressore, e poi nonostante le condizioni in cui versa nel letto di ospedale ormai segnata da una morte certa, il suo animo sperimenta una grande serenità perché saldamente afferrata dalla mano di Dio e dal suo amore, non teme più nulla…

Marietta non esita a perdonare il suo aggressore e a dichiarare di desiderare che egli possa stare con lei in paradiso. L’uccisore viene graziato dalla vittima ben prima che egli possa maturare la volontà di pentirsi. Quel perdono, però, e quella parola di Marietta lo scaveranno interiormente nel corso dei lunghi anni di carcere portandolo progressivamente a una conversione che lo riconcilierà con Dio, con se stesso, con la vittima della sua cieca violenza.

E’ una testimonianza eloquente di come la misericordia trasforma e cambia la vita. E noi, che non conosciamo motivi così estremi per risentirci e circostanze così drammatiche da perdonare, siamo capaci di risentimenti duraturi e di odi inestinguibili per motivi di poco conto e per circostanze banali. Dopo il giubileo, per tanti di noi è come se il tempo della misericordia debba ancora cominciare”.

Concludendo l’omelia mons. Crociata ha invitato a vivere quotidianamente il tempo della misericordia: “Con lei il tempo della misericordia per noi si prolunga quanto il tempo della nostra vita. Finché non accettiamo di avere bisogno di misericordia e finché non impariamo a perdonarci a vicenda non potrà esserci rinnovamento personale, cambiamento di vita nelle relazioni, trasformazione sociale. Per imparare a farlo ci vuole un cuore pieno di Dio, un cuore mite e umile come quello di Gesù”.

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