A Roma si è chiusa la Porta Santa della Carità
Le Porte Sante di tutte le diocesi nel mondo si sono chiuse, perché il Giubileo straordinario della misericordia, proclamato da Papa Francesco e aperto l’8 dicembre dello scorso anno, avrà fine il 20 novembre con una cerimonia liturgica.
Quindi domenica scorsa anche a Roma è avvenuta la chiusura della Porta Santa della Carità presso l’ostello don Luigi Di Liegro e la mensa San Giovanni Paolo II alla stazione Termini alla presenza di volontari e operatori in rappresentanza di tutti i centri di accoglienza diocesani della Caritas.
La Porta Santa della Carità è posta all’ingresso principale della mensa ed è sormontata da un mosaico realizzato dal gesuita padre Marko Ivan Rupnik raffigurante l’icona dell’Anno santo della Misericordia. Durante questi 11 mesi oltre 12.000 pellegrini l’hanno attraversata per pregare e svolgere un servizio di volontariato. Persone provenienti non solo da parrocchie, associazioni e movimenti ecclesiali romane e tutta Italia, ma anche da Chiese lontane come Singapore, India, Taiwan, Stati Uniti, Cile, Perù, Canada, Bolivia, Georgia, Francia, Gran Bretagna e Svizzera.
L’ostello ‘Don Luigi di Liegro’ e la mensa ‘San Giovanni Paolo II’ sono due strutture di accoglienza per senza dimora: il primo ospita 198 persone ogni notte; alla mensa accedono 500 persone per il pasto serale. I due centri sono stati realizzati dalla Caritas nel 1987 e operano in convenzione con il Comune di Roma in immobili messi a disposizione dalle Ferrovie dello Stato. I due centri sono stati inaugurati il 10 dicembre 2015 dal cardinale Agostino Vallini dopo essere stati chiusi nel 2011 per un’imponente opera di riqualificazione e ampliamento.
E fino al 15 novembre, a margine del Giubileo dei senza fissa dimora, si è svolto a Roma il convegno sull’inclusione sociale dei poveri in Europa, come ha sottolineato il direttore della Caritas italiana, don Francesco Soddu: “Cosa succede al mondo di oggi, ci chiediamo con papa Francesco, che, quando avviene la bancarotta di una banca, immediatamente appaiono somme scandalose per salvarla, ma quando avviene questa bancarotta dell’umanità non c’è quasi una millesima parte per salvare quei fratelli che soffrono tanto?”
In occasione del Seminario è stato presentato il 20° dossier di approfondimento di Caritas Italiana, dal titolo ’Generatori di risorse. L’economia sociale: un approccio per un nuovo welfare’. Concludendo l’intervento di apertura don Soddu ha affermato che l’unità d’Europa è minacciata dalla cultura della divisione e dalla costruzione di nuovi muri:
“Mai come in questo tempo, davanti alla messa in discussione dei valori europei, sentiamo l’esigenza di ribadire questi principi. Siamo davanti ad un paradosso: l’Unione è nata dal desiderio di allontanare la paura ma oggi quella stessa paura viene esibita per una vera inversione di marcia”.
Da qui l’invito a tutti gli operatori Caritas ad essere “artigiani che mettono in sicurezza i nostri valori con proposte altre e alte, per un tempo e una storia positiva garantita per tutti, compresi i poveri”. Nella relazione introduttiva il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas italiana, ha ribadito che l’Europa deve ritrovare le proprie radici di umanesimo cristiano:
“L’acronimo Ue mi verrebbe da tradurlo oggi con ‘Unione degli egoismi’: i valori siglati quasi 60 anni fa con la firma della Carta di Roma rischiano di essere messi in discussione dalla cultura della chiusura, degli interessi particolari e dell’esclusione. La parola chiave necessaria in Europa è invece solidarietà. Ci sono tanti egoismi nei singoli Stati.
Il mondo è diviso tra ricchi e poveri, tra ricchi e che dialogano tra loro e poveri scartati. Le politiche vengono attuate solo in difesa dei propri interessi ma non guardano al bene comune”.
A proposito dei migranti e rifugiati, tema ‘dirompente’ che ha messo in crisi l’Europa, ha sottolineato che “l’Italia sta facendo la sua parte, ma se fosse insieme agli altri sarebbe meglio. Se si guardasse oggettivamente al fenomeno ci renderemmo conto che gli immigrati portano anche benessere e ricchezza, perché stanno riempiendo buchi e facendo lavori che non vuole fare più nessuno”.
In questo senso, ha aggiunto, “dobbiamo rendere i governi e le istituzioni più consapevoli dei cambiamenti che stanno avvenendo nei nostri territori e offrire risposte adeguate in termini di politiche di inclusione sociale e lotta alla povertà”.