Segni di speranza dopo il terremoto

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Nella zona umbro marchigiana il terremoto non concede tregua alla popolazione, dopo le potenti scosse dei giorni scorsi: dal 24 agosto scorso il numero complessivo di scosse è pari a circa 23.900.

E proseguono anche i sopralluoghi con il conseguente allungamento della lista dei danni nei 123 Comuni marchigiani coinvolti dal sisma: 54 nella provincia di Macerata, 27 in quella di Fermo, 28 in quella di Ascoli e 14 in quella di Ancona. Per quanto riguarda in particolare le scuole, tutte le richieste di sopralluogo sulle scuole richieste dai comuni sono state espletate.

Su 332 edifici controllati l’esito delle schede Aedes è stato: 189 agibili e le 144 inagibili. Inoltre le persone rimaste senza casa sono 26.255: 14.109 sono assistite in loco (palestre, capannoni, palazzetti); 5247 in autonoma sistemazione e 6.899 in albergo. A queste si aggiungono 13.246 persone che trascorrono la notte in macchina o da parenti e amici per paura di nuove scosse.

Perciò nella sua visita nelle zone terremotate il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, ha portato la speranza della Chiesa per la rinascita di quei paesi: “Ho trovato devastazione e luoghi fantasma. Ma ho toccato con mano anche la determinazione e la volontà della gente di continuare a essere qui.

Se la gente si sente abbandonata, è finita. E questo non può accadere. La Chiesa ma sopratutto le autorità civili e la politica devono impegnarsi perché ciò non avvenga. Le chiese devastate dal terremoto prima che luoghi di arte sono nel cuore della gente, fanno parte della loro anima.

Pertanto ci deve essere attenzione per questi simboli della identità locale e anche nazionale… Vedendo la Basilica di San Benedetto crollata, ho pensato all’Europa che deve ripensare il proprio cammino in modo nuovo e più determinato per il bene del continente. E San Benedetto può aiutarci in questo”.

E segni di speranza arrivano dalle clarisse di Camerino, che di nuovo hanno lasciato il loro monastero gravemente danneggiato dalle scosse, ospitate dalle clarisse di San Severino Marche, spiegando però alla città la loro volontà di tornare al più presto: “Abbiamo già espresso la richiesta di un ‘modulo abitativo’ per tornare a Camerino e seguire tutte le pratiche e i successivi lavori di ricostruzione che richiederanno tempi lunghissimi.

Purtroppo però, al momento il monastero è inserito nella zona rossa, quella completamente interdetta a chiunque, eccetto le forze dell’ordine”. Nonostante questa situazione di grande precarietà, le religiose sono convinte che Dio non abbandona il suo popolo, esprimendo il desiderio di ritornare quanto prima:

“Rimane vivo e forte il nostro desiderio di essere lì a Camerino, cin tutti loro, appena sarà reso possibile, per essere un segno di preghiera, speranza, abbandono totale nelle mani del Padre, essere li per testimoniare, pur con tutta la nostra fragilità, che è proprio vero che ‘il Signore non abbandona il Suo popolo perché Egli gli è fedele’. Siamo ormai camerinesi a tutti gli effetti e con loro voliamo condividere la stessa sorte…

L’esilio, la distruzione della propria casa, delle amate chiese e infine delle attività commerciali, con il disagio economico che questo comporta per tutti. Vogliamo viverlo insieme a loro, ai nostri amici che non hanno più niente e sperimentano la ‘disperazione’, cioè la vera e propria mancanza di speranza di risorgere dalle macerie. Lo vivremo con loro, tra le lacrime e in ginocchio, con la consapevolezza che la ricostruzione di un’intera città sarà molto dura e faticosa per tutti”.

Una speranza confermata anche dal vescovo della diocesi di Macerata, mons. Nazzareno Marconi, che dopo le affermazioni di padre Giovanni Cavalcoli durante una trasmissione di Radio Maria, ha offerto una riflessione sulle interpretazioni della Bibbia in merito dei terremoti e delle disgrazie, partendo dalla lettura del libro della Sapienza (2, 23-24):

“Questa visione che spiega il male come conseguenza del peccato, è una verità di fede, può però portare a interpretazioni distorte, che fanno pensare Dio come una divinità vendicativa e sempre pronta a punire chi sbaglia… Ancora di più nel Vangelo Gesù ha condannato espressamente la lettura delle disgrazie come una punizione del peccato, parlando proprio delle 18 vittime di un terremoto che aveva fatto crollare una torre di Gerusalemme, la torre di Siloe, diffondendo tra il popolino l’idea che fossero stati puniti per i loro peccati…

Gesù nega chiaramente il legame disgrazia-castigo divino. Poi nella frase seguente: ‘Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo’ non intende che: chi non si converte morirà per una disgrazia, contraddicendosi, ma che la morte può giungere improvvisamente e trovarci, se non convertiti, degni di un giudizio negativo”.

La lettura parziale della Bibbia è stata contestata anche dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, durante la visita nella sua diocesi di origine, Camerino – San Severino Marche: “Come uomo, credente e vescovo, non posso tacere davanti alle bestemmie che vengono elargite da pulpiti digitali, stampati e parrocchiali, quando si attribuisce al terremoto la valenza di ‘castigo di Dio per le unioni civili, o… per l’Europa che ha smarrito le sue radici cristiane, o per altri possibili motivi…”.

Il vescovo ha invitato “a rispettare la fede e la pazienza dei cristiani del Centro Italia, come di ogni altra vittima di calamità e violenze, e a non ferirli con parole sventurate, che fanno più male delle pietre.

Piuttosto, ascoltate la loro testimonianza di semplice fiducia nel Signore e di umile speranza nel futuro. Chiamato a custodire il Vangelo e la fede cristiana, chiedo ai tanti credenti che amo e stimo, di proseguire serenamente il proprio cammino. Nulla divida le nostre comunità, specie quando sono nella prova”.

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