La Chiesa missionaria è testimone di misericordia
Il messaggio di papa Francesco per la 90^ Giornata mondiale missionaria è incentrata sulla misericordia, ‘Chiesa missionaria, testimone di misericordia’: “In effetti, in questa Giornata Missionaria Mondiale, siamo tutti invitati ad ‘uscire’, come discepoli missionari, ciascuno mettendo a servizio i propri talenti, la propria creatività, la propria saggezza ed esperienza nel portare il messaggio della tenerezza e della compassione di Dio all’intera famiglia umana. In forza del mandato missionario, la Chiesa si prende cura di quanti non conoscono il Vangelo, perché desidera che tutti siano salvi e giungano a fare esperienza dell’amore del Signore”.
Secondo don Antonio Cecconi, parroco a Pisa: “Se le nostre parole, la nostra vita e i nostri incontri con la gente non ridicono la freschezza del primo annuncio, sono inefficaci: far sentire quello che ha cambiato o che sta cambiando la mia vita: questo io lo propongo anche a te.
In definitiva smettiamo di essere una Chiesa di stanchi ripetitori, di vecchie liturgie… per ritrovare la sintonia tra la missione ad gentes ed una missione qui, tra la nostra gente, in una società post-cristiana”. Nel messaggio papa Francesco ha sottolineato che la testimonianza della misericordia è compito di ogni cristiano:
“La Chiesa per prima, in mezzo all’umanità, è la comunità che vive della misericordia di Cristo: sempre si sente guardata e scelta da Lui con amore misericordioso, e da questo amore essa trae lo stile del suo mandato, vive di esso e lo fa conoscere alle genti in un dialogo rispettoso con ogni cultura e convinzione religiosa. A testimoniare questo amore di misericordia, come nei primi tempi dell’esperienza ecclesiale, sono tanti uomini e donne di ogni età e condizione”.
Anche le donne non sono escluse dalla missionarietà della misericordia: “Segno eloquente dell’amore materno di Dio è una considerevole e crescente presenza femminile nel mondo missionario, accanto a quella maschile. Le donne, laiche o consacrate, e oggi anche non poche famiglie, realizzano la loro vocazione missionaria in svariate forme: dall’annuncio diretto del Vangelo al servizio caritativo.
Accanto all’opera evangelizzatrice e sacramentale dei missionari, le donne e le famiglie comprendono spesso più adeguatamente i problemi della gente e sanno affrontarli in modo opportuno e talvolta inedito: nel prendersi cura della vita, con una spiccata attenzione alle persone più che alle strutture e mettendo in gioco ogni risorsa umana e spirituale nel costruire armonia, relazioni, pace, solidarietà, dialogo, collaborazione e fraternità, sia nell’ambito dei rapporti interpersonali sia in quello più ampio della vita sociale e culturale, e in particolare della cura dei poveri”.
Per don Carlo Bazzi, docente all’Università Urbaniana, la missione è un annuncio dell’opera di Dio: “La missione si regge sulle ali dell’esperienza carismatica, non sulla progettazione alla maniera delle aziende. Bisogna avere il coraggio di affermare: la missione è opera di Dio, nella forza dello Spirito, per continuare il Vangelo di Gesù.
Se non è opera di Dio restiamo a casa… Il messaggio non può fare a meno del Kerygma perché ci fa sentire la forza e la presenza del Risorto, ma non può fare a meno nemmeno della memoria dell’Evangelo perché ci dice le coordinate dell’azione. Non possiamo emanciparci dal Vangelo; dobbiamo ripetere i gesti concreti del Gesù terreno per poter godere della sua presenza e della sua forza.
Il messaggio è sempre una forma di dialogo, quindi la cultura è essenziale perché il messaggio diventi efficace; è necessaria cioè la lettura della situazione dell’altro a cui ci si rivolge, è necessario conoscere i suoi veri problemi. Allora la missione è Dio che si espande, che cammina verso i suoi figli, li trova così come sono, li accoglie, li accetta, li abbraccia e attraverso il Vangelo li perdona e li riporta alla comunione con sé;
questa comunione è lo Spirito che continuamente ricrea in ogni persona un carisma, ridà a ciascuno un compito, fa di tutti una comunità e continuamente ricrea, attraverso le cose antiche, la novità della missione”.