Mons. Russo: san Nicola e la protezione dalle catastrofi
Nella preghiera a san Nicola da Tolentino, i fedeli recitano: “Glorioso taumaturgo san Nicola, che nato per intercessione del grande Santo di Bari, non solo ne hai portato il nome, ma ne hai imitato le sue virtù, eccoci davanti a te per invocare la tua intercessione di essere fedeli a Gesù Cristo, alla Santa Chiesa e al Santo Padre; fa che nei momenti difficili la Chiesa sia luce per gli uomini e li conduca alla via del vero e del bene.
Continua ad intercedere per le anime del Purgatorio e fa che noi le dimentichiamo, non solo per rendere vivo il nostro suffragio, ma per avere ben presente che anche noi dobbiamo desiderare questa comunione piena con il Signore. Guidaci sulla via del bene e rendici capaci di fare spazio a Gesù nella nostra vita, affinché ciò che ti chiediamo sia in comunione con la volontà del Padre e assieme a Te e alle anime dei fratelli che ci hanno preceduto, possiamo godere della gloria del Paradiso”.
Partendo da questa preghiera abbiamo chiesto al neo vescovo di Fabriano-Matelica, mons. Stefano Russo, che ha celebrato l’eucarestia nella festa del Santo, di spiegarci come si incarnava la misericordia nella vita di san Nicola:
“In san Nicola la misericordia si incarnava in maniera straordinaria, perché nella sua vita faceva di tutto per cercare la comunione intensa con il Signore che lo porta nelle strade, che ancora oggi noi percorriamo, insieme ad altri monaci a costruire la comunione nella città. Ancora oggi continuiamo a sperimentare questa misericordia attraverso la storia dei Santi, che continuano a portare beneficio a tutti gli uomini, che hanno la possibilità di ripercorrere l’itinerario spirituale che hanno corrisposto a Dio. Così san Nicola, come ci dimostra la popolazione, continua ad essere amore efficace della misericordia di Dio”.
Lei proviene dalla diocesi di Ascoli Piceno, colpita dal terremoto recentemente. Ancora oggi, come in passato, invocano i santi Emidio e Nicola contro le catastrofi. Quale significato ha invocarli contro le disgrazie?
“E’ difficile dirlo! Quel giorno ero ad Ascoli Piceno. Però, prima di tutto, dobbiamo saper guardare bene alla vita di questi santi, ripercorrendo la loro strada di santità ed affidandoci al Signore in ogni situazione. Penso che in questi giorni tante persone si stanno facendo prossime a quelle situazioni di difficoltà determinate dal terremoto con quello spirito di chi comprende che questa è un’occasione per poter essere partecipi di quella fratellanza universale, che è possibile soltanto in Cristo”.
Domenica prossima in tutte le chiese si svolge una colletta per aiutare chi è stato colpito dal terremoto: perché partecipare?
“E’ un segno di solidarietà e di vicinanza verso coloro che hanno perso tutto, ma non la speranza di ripartire. La chiesa, con questo gesto, offre un aiuto concreto alle popolazioni con la colletta. Nell’omelia di mons. D’Ercole c’è la ripresa della bellissima frase che Guareschi mette in bocca a don Camillo:
‘Fratelli, le acque escono tumultuose dal letto del fiume e tutto travolgono: ma un giorno esse torneranno placate nel loro alveo e ritornerà a splendere il sole. E se, alla fine, voi avrete perso ogni cosa, sarete ancora ricchi se non avrete perso la fede in Dio. Ma chi avrà dubitato della bontà e della giustizia di Dio sarà povero e miserabile anche se avrà salvato ogni sua cosa’.
Grande intuizione di Guareschi per affermare che Dio è misericordioso. La nostra fede ci indica come riprendere un cammino interrotto; per questo con la colletta la Chiesa indica il modo con cui esplicitare la propria solidarietà”.
Ai partecipanti del Seminario di aggiornamento per Vescovi dei Territori di Missione, promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, papa Francesco si è rivolto ai nuovi vescovi esortandoli a manifestare con la propria vita la paternità di Dio, come?
“Penso che sia fondamentale nell’esercizio del nostro ministero. Possiamo essere padri soltanto se lasciamo spazio allo Spirito Santo, che ci è donato, perché dobbiamo lasciare fare al Signore. E’ Lui che ci chiama. Noi siamo chiamati ad essere padri, solo se ci lasciamo rendere padri dall’amore del Signore; questo è possibile solo se facciamo di tutto che sia soltanto Lui a manifestarsi in noi attraverso lo Spirito Santo”.
Quindi essere una Chiesa in uscita?
“Possiamo essere una Chiesa in uscita solo però se comprendiamo bene che apparteniamo al Signore e facciamo di tutto per appartenere al Signore. Allora sì, siamo Chiesa in uscita, perché siamo segno della carità di Cristo che parla al cuore di ogni uomo e che ogni uomo, anche quello più lontano da Dio, ricerca, in quanto incontrando uomini pieni di misericordia hanno la possibilità di incontrare il Signore, anche in modo inconsapevole”.