Le parabole della misericordia

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Con queste parabole ci troviamo nel cuore del vangelo di san Luca il quale ci istruisce che Dio, sin dalla creazione, rivela la sua onnipotenza attraverso la misericordia. Con i gesti di perdono distrugge la forza diabolica del male ricreando l’amicizia. Solo Dio è capace di operare questi gesti d’amore e di vita: distrugge la storia del peccato e ricrea l’avventura della grazia. Dinanzi all’esperienza dell’amore misericordioso l’uomo sapiente non può fare che sperimentare questi gesti divini dedicandosi con tutte le sue forze al suo servizio.

La misericordia divina ha il suo inizio con la creazione dell’uomo. La storia d’Israele è un paradigma in funzione della storia universale in cui Dio all’umano peccare contrappone la benedizione, l’alleanza, la promessa della redenzione.

Il culmine della misericordia di Dio è raggiunto nel momento in cui il Figlio suo si fa carne della nostra umana natura. Nel vivere accanto all’umanità, Gesù non rigetta il contatto con i pubblicani e i peccatori, anzi, in segno di amicizia e di comunione, li accoglie e mangia con loro. Dio Padre, in Cristo suo Figlio, è sempre alla ricerca dell’uomo per redimerlo e non teme d’essere imbrattato dal rapporto con quanti hanno peccato. Gesù è Dono e Grazia sulla strada dell’uomo peccatore. Il suo è l’unico Vangelo della vera rivoluzione che libera l’umanità smarrita da tutte le opere di morte.

Contro il vangelo della misericordia c’è innanzitutto la presunzione farisaica che pone la sua fiducia nelle proprie forze illusorie e si scandalizza dei gesti della tenerezza divina. L’altro atteggiamento maligno è di chi si chiude in se stesso e rimane inchiodato nella solitudine del proprio peccato o peggio, nell’incoscienza riguardo al peccato e al perdono.

Il vangelo ci racconta che basta una pecorella smarrita per spingere il buon pastore ad andare a cercarla. L’incarnazione è il gesto di misericordia che spinge Dio a uscire da se stesso in cerca dell’uomo fuori strada. Gesù buon pastore che porta sulle spalle la pecorella smarrita e ritrovata è il simbolo dell’amore divina verso l’uomo ricondotto a salvezza. Sono quelle braccia spalancate con le mani trafitte in croce l’abbraccio del Redentore all’umanità redenta. Alla fine dei tempi, saranno quelle stesse braccia a consegnare il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza (1Cor 15, 24). Cristo è il vincitore della morte, però egli la vincerà anche in coloro che sono suoi, cioè quelli che appartengono al suo regno. Quando tutti i suoi parteciperanno alla risurrezione, allora Dio compirà la sua opera e sarà tutto in tutti (Rom 8, 11-28). Metafore e parabole rivelano la paternità misericordiosa della Trinità.

La parabola della dramma ritrovata ci istruisce che anche noi siamo dramme preziose col valore di chiamarci e di essere figli di Dio. Egli, infatti, nel Verbo incarnato, rivela la sua paternità attraverso il cercare e il ritrovare in noi la dignità perduta, quella, cioè, di essere figli nel Figlio suo.

Nel Vangelo, il cuore della misericordia lo troviamo nella parabola del figlio perduto e ritornato nel “grembo” del padre che attende, accoglie, riammette e rinobilita. Il profondo dolore per la sua partenza ora si trasfigura in gioia immensa per il suo ritorno. Alla confessione, al rimorso e all’umiliazione prevalgono l’accoglienza, la riammissione, la riabilitazione e la grande festa. Misericordia è sempre gioia di perdono. Purtroppo, c’è sempre un fratello egoista, limitato e chiuso dal proprio egoismo, sicuro dei propri meriti e diritti, poco fratello perché, insensibile all’amore del padre, non capisce cos’è la fraternità familiare e la grazia del perdono paterno. Non capisce che la drammatica e affascinate storia dell’umanità è disarmonia di peccato e armonia di misericordia. Chiuso nel riconoscimento dei doveri, dei diritti, della stretta giustizia umana e della severità moraleggiante, è incapace di gustare la novità sempre antica e sempre nuova dell’amore divino che è vera giustizia sostanziata di misericordia. La giustizia paterna di Dio, infatti, è amore invincibile e prodigo di misericordia, solo così possiamo comprenderla. Senza misericordia c’è soltanto il falso perdono che è l’anti vangelo. La diabolicità del falso perdono non è meno schifosa delle vendette trasversali.

Potere politico e potere religioso hanno inchiodato sulla croce la divina Misericordia. Il Crocifisso morente, elevati gli occhi al cielo, implorò perdono presso il Padre per i suoi crocifissori, assassini inetti e incapaci di capire ciò che stavano per fare, ma non per questo sono irresponsabili del deicidio.

Oggi, i cristiani coscienti e credenti vivono il vangelo del “peccato e misericordia” oppure il non vangelo del “delitto e castigo”?

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