In memoria. Ritratto di Carlo Maria Martini
Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, era nato a Torino il 15 febbraio 1927. In una delle sue ultime opere, ‘Conversazioni notturne a Gerusalemme’, diceva: “I miei genitori mi hanno donato la fede in Dio, mia madre mi ha insegnato a pregare”. A soli 17 anni era entrato nella Compagnia di Gesù.
Dotato di una profonda cultura, che in lui non era soltanto erudizione ma una straordinaria capacità di riflettere su tutte le istanze interiori dell’uomo e di suscitare domande e risposte originali, il cardinal Martini è riuscito nel suo ministero a riproporre al mondo d’oggi, per tutti, la tradizione ignaziana che ha appreso nei lunghi anni di formazione. Venne ordinato sacerdote il 13 luglio 1952.
Dopo gli studi in filosofia e teologia, nella quale si laureò nel 1958 con una tesi su ‘Il problema storico della Risurrezione negli studi recenti’, insegnò per alcuni anni allo studio teologico di Chieri. Perfezionò i suoi studi presso il Pontificio Istituto Biblico. Dello stesso Istituto, dopo esserne stato professore di critica testuale, divenne rettore nel 1969, incarico che ricoprì fino al 1978 quando fu nominato rettore magnifico della Pontificia Università Gregoriana.
Della sua autorevolezza nelle scienze bibliche, testimoniata da numerosi libri e articoli in riviste specializzate, dà prova anche il fatto che fu l’unico membro cattolico del comitato ecumenico che preparò l’edizione greca del Nuovo Testamento. Nel 1978 Paolo VI lo invitò a predicare gli esercizi spirituali quaresimali alla Curia romana.
Il 29 dicembre 1979 papa san Giovanni Paolo II lo elesse arcivescovo di Milano e lo consacrò personalmente il 6 gennaio 1980. E come successore di Ambrogio, il cardinale Carlo Maria Martini non fu solo grande intellettuale, ma pastore e maestro. Nel corso del suo ministero episcopale fu una figura dalla quale ci si abituò ad aspettarsi parole di chiarezza nella confusione, autorevolezza morale quando altre autorità la perdevano, luce in momenti di tenebre.
Guidò la diocesi di Milano fino al 2002, in anni difficili durante i quali la città visse ‘gli anni di piombo’ e i stravolgimenti di ‘Mani Pulite’. In quegli anni così travagliati fu per tutti, credenti e non, un autentico riferimento morale tanto che, con la sua parola e il suo operare, come è noto, riuscì a farsi consegnare dalle Brigate rosse un arsenale di armi.
Da arcivescovo di Milano promosse nella sua diocesi la ‘Scuola della parola’, che consisteva nell’aiutare il popolo di Dio ad accostare la Scrittura secondo il metodo della ‘lectio divina’. Al grande convegno diocesano ‘Farsi prossimo’ lanciò l’iniziativa delle Scuole di formazione all’impegno sociale e politico. Incentivò il dialogo fra tutte le componenti della società con l’iniziativa della ‘Cattedra dei non credenti’, rivolta alle persone in ricerca della fede, oltre alle migliaia di iniziative, incontri, gesti che lasciarono un’impronta indelebile nella città e nella diocesi.
Lasciata Milano come arcivescovo emerito nel 2002, visse per alcuni anni a Gerusalemme riprendendo i suoi amati studi biblici, finché l’avanzare del morbo di Parkinson lo costrinse a tornare in Italia, dove si è spento all’ ‘Aloisianum’ di Gallarate il 31 agosto 2012. Il card. Carlo Maria Martini è stato un maestro fino alla fine, con la profondità con la quale ha vissuto ogni passaggio della vita, ogni richiesta della fede, ogni domanda della ragione, sapendo far dialogare fede, ragione e vita moderna in modo illuminante per molti.
Paralizzato dalla malattia che avanzava scrisse: “Un concetto teologico mi è di aiuto nel mio travaglio: senza la morte non saremmo in grado di dedicarci completamente a Dio. Terremmo aperte delle uscite di sicurezza, non sarebbe vera dedizione. Nella morte, invece, siamo costretti a riporre la nostra speranza in Dio e a credere in lui. Nella morte spero di riuscire a dire questo sì a Dio”.
La sua testimonianza può essere sintetizzata in queste chiare parole che Martini stesso pronunciò: “La mia esperienza mi ha convinto che la Parola di Dio ha molto da dire alla gente. “Lampada per i mei passi è la tua parola – dice il salmo – e luce sul mio cammino”. Sono parole che vorrei fossero scritte sulla mia tomba, alle quali credo profondamente, a cui ho dedicato la mia vita, e sono parole che valgono per tutti.
Ciascuno può trovare nella pagine della Scrittura una spiegazione profonda di sé, sui suoi enigmi, sulle sue profondità, sui suoi desideri più intimi, sulla sua missione, sulla sua apertura al futuro, superando scetticismo, paura, diffidenza, amarezza, chiusura di cuore. Solo il continuo rinnovato ascolto del Verbo della vita, solo la contemplazione costante del suo volto, permetteranno ancora una volta alla Chiesa di comprendere chi è il Dio vivo e vero, ma anche chi è l’uomo”.