Edith Stein: la patrona dell’Europa
Edith Stein nacque a Breslavia nel 1891. Ultima di sette fratelli di un’agiata famiglia ebrea, percorse con successo gli studi, occupandosi di psicologia e di ricerca filosofica nell’università della sua città natale e poi in quelle di Gottinga e di Friburgo, come allieva prima e assistente del fino noto filosofo Edmund Husserl. Quando, nel 1917, si laureò, aveva già al suo attivo una serie di studi importanti che le avrebbero aperto le porte della carriere accademica. Ma successero alcuni fatti che diedero alla sua vita una svolta radicale. Atea perché, come scrisse, “non riusciva a credere all’esistenza di Dio”, Edith fu ‘sconvolta’ dal pensiero di Dio sulla scia di alcuni avvenimenti.
Durante la Prima Guerra Mondiale, moriva un professore che lei stimava molto. Fu un grande dolore, soprattutto per la moglie che, anziché crollare sotto il peso di quel dramma, trovò nel rapporto con Dio la forza di iniziare una nuova vita. Edith ne fu profondamente colpita. “Fu il mio primo incontro con la croce – ha scritto ricordandone il fatto – e con la forza che essa comunica in chi la porta”. La ricerca della verità la condusse poco a poco a Dio. Nel 1921 questo suo personale cammino giunse a conclusione.
Edith fu invitata da un’amica, presso la quale era ospite, a scegliere un libro dalla sua biblioteca. A caso estrasse l’autobiografia di Santa Teresa d’Avila che lesse d’un fiato, decidendo di fare suo il motto ‘Dio basta’. Nel 1922 si battezzava. Dopo la sua conversione al cattolicesimo, che la mise in aperto contrasto con la madre, attaccata alla religione ebraica, Edith insegnò nel collegio delle domenicane di Speyer e viaggiò molto in Germania e all’estero. Nel 1932 ricoprì la cattedra di pedagogia all’Università di Münster.
Ma il regime nazista aveva cominciato a discriminare gli ebrei, costringendoli a lasciare l’insegnamento. Gli eventi infausti accelerarono un proposito che la Stein maturava da tempo. E così decise di dedicarsi alla vita contemplativa lasciandosi alle spalle una brillante carriera, entrando nel Carmelo di Colonia, dove prese il nome di Teresa Benedetta della Croce. In una Germania antisemita, Edith era un pericolo per le sue consorelle a causa delle sue origine ebraiche e, per questo, fu trasferita in Olanda.
Raggiunta il 2 agosto 1942 dai tedeschi nel Carmelo, insieme alla sorella Rosa, fattasi anche lei carmelitana, Edith fu avviata al campo di raccolta di Westerbork, da dove il 7 agosto dello stesso anno fu deportata ad Auschwitz dove morì il 9 agosto. Papa Giovanni Paolo II l’ha inscritta nell’albo dei santi nel 1998 e l’ha dichiarata patrona d’Europa.
Un ebreo scampato allo sterminio, che fu testimone delle ultime ore di Edith, ha descritto la sua serenità, la calma, l’incessante prodigarsi per gli altri in preda alla disperazione e alla sconforto. Si preoccupò soprattutto delle donne: le consolava, cercava di calmarle, le aiutava come poteva. Si prendeva, inoltre, cura di quei bimbi le cui mamme, angosciate per la paura e per la sofferenza, erano abbandonati.
“Vivendo nel lager in un continuo atteggiamento di disponibilità al servizio – scrisse il testimone – rivelò un grande amore per il prossimo”. Teresa Benedetta della Croce, convertitasi al cattolicesimo grazie all’esempio della moglie del suo ‘amato’ professore, abbracciò con docilità la croce – Dio che si rivela nella debolezza! – che per lei in giovane età fu un ostacolo alla fede!