Brasile, mons. Paloschi al Papa: “I popoli indigeni vivono una situazione disperata”

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Le speculazioni economiche, la deforestazione, l’impoverimento ambientale e culturale in Brasile, sono tra le cause di un degrado che coinvolge i più deboli, coloro i quali non hanno la forza di contrastare un lento e inesorabile declino della civiltà.

A suffragio di ti tale disperata situazione è Mons. Roque Paloschi, Arcivescovo di Porto Velho – Amazzonia brasiliana – nonché presidente del Consiglio indigenista missionario – Cimi – in una missiva inviata a papa Francesco a corredo della “Relazione sulla violenza contro i popoli indigeni nel 2014” il cui contenuto è stato reso noto solo adesso.

Nella lettera di mette in luce “l’indifferenza, l’avanzare di grandi progetti agrari, la costruzione di grandi centrali idroelettriche, le imprese minerarie, la devastazione dell’ambiente, con conseguenze disastrose per i popoli indigeni”.

Papa Francesco, con la sua Enciclica ‘Laudato sì’ che di recente ha festeggiato il primo anno di vita, ha dimostrato interesse per ‘la casa comune’, con un monito nei confronti di chi continua imperterrito in traffici contro la natura. Da un estratto del documento pontificio si legge che:

“La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura”.

Per tale ragione Mons. Paloschi chiede aiuto al Santo Padre, perché conscio della gravità della situazione e grato per l’attenzione dedicata alle problematiche indigene, specie in Brasile, in cui la povertà fa i conti con le angherie dei gruppi paramilitari.

Si ricorda come i popoli Guariní y Kaiowá nel Mato Grosso siano stati recentemente preda di efferati attacchi compiuti dai gruppi armati a Caarapó, durante i quali è stato ucciso l’indigeno Clodiodi Aquileu Rodrigues de Souza.

Conclude il Porporato aggiungendo che tali etnie, non solo sono denigrati ma soprattutto “si vedono negato il proprio diritto alla terra, oltre al fatto di soffrire ripetuti attacchi dei gruppi paramilitari nel continuo timore della propria incolumità”. Una piaga senza limiti.

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