Approfondendo ‘Amoris laetita’ (3). Un cammino

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“Rendo grazie a Dio, scrive papa Francesco, perché molte famiglie, che sono ben lontane dal considerarsi perfette, vivono nell’amore, realizzano la propria vocazione e vanno avanti anche se cadono tante volte lungo il cammino” (n. 44).

La prospettiva più innovativa del documento è, infatti, proprio questa: guardare alla realtà del matrimonio e della famiglia come ad un cammino. Questo implica che non esiste una perfezione da avere, ma la perfezione si raggiunge andando avanti, camminando. D’altronde, come osserva il pontefice con estremo realismo, il prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi:

la relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni, e questo comporta la necessità che marito e moglie ritornino a scegliersi a più riprese. Occorre, pertanto, superare una certa visione statica della realtà del matrimonio, acquisendo, invece, una visione dinamica.

E’ proprio questa ‘nuova’ visione che spinge il pontefice a far comprendere come ciò che riguarda una famiglia è di sommo interesse per tutta la chiesa che, sotto questo profilo, è chiamata a stare accanto. Infatti il capitolo sesto è dedicato a far prendere coscienza a tutta la chiesa che occorre accompagnare gli sposi in tutte le loro fasi della vita, dal cammino di preparazione al matrimonio a quando la morte pianta il suo pungiglione in una coppia.

Stare accanto perché venga custodito l’amore e si vigili sulle eventuali ferite che si possono creare. E’ questa la sfida più significativa che la chiesa è chiamata ad accogliere e alla quale deve far fronte. A rendere più acuta ed urgente questa sfida è lo stesso Francesco che rivolge a tutti una domanda: “Chi si occupa oggi di sostenere i coniugi, di aiutarli a superare i rischi che li minacciano, di accompagnarli nel loro ruolo educativo, di stimolare la stabilità dell’unione coniugale?” (n. 52).

Indubbiamente è questa la più grande novità di tutta l’esortazione: il matrimonio è un cammino. Proprio perché esso è una realtà viva, dinamica, è altrettanto vero che ci possono essere cadute con conseguenti ferite. In questi casi l’unica medicina che può portare slancio e freschezza ad un cammino, che si è fatto pesante, stanco e affaticato, è la misericordia.

Se il matrimonio è generato dall’amore, solo l’amore può salvarlo e ricrearlo. Questa logica deve spingere ad avere un altro sguardo anche nei confronti di quelle persone che, come comunemente si dice, vivono in una condizione di irregolarità. Le cause, i motivi che portano ad una rottura di un rapporto possono essere tante e diverse. Per questo il pontefice non vuole offrire la soluzione usando il diritto, ma vuole che la chiesa, a cominciare dai pastori, si interroghi e discerna.

Occorre, tuttavia, prendere coscienza che alcune ferite si potranno prevenire se si comprenderà che “non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover produrre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio” (n. 122)
(segue)

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