Scuole cristiane a rischio, il governo israeliano non mantiene quanto promesso
Sono 47 gli istituti scolastici cristiani in suolo israeliano. Nell’arco di un anno particolarmente tribolato e minato da scioperi ed emergenze finanziarie, per i 33 mila studenti in questione non sembra di intravedere la luce oltre il tunnel.
Il Ministro dell’istruzione e dell’educazione nazionale, al contrario di quanto annunciato, non ha ancora trasferito la somma di 50 milioni di Shekel – pari a circa 11,5 milioni di euro – come contributo per le scuole della comunità cristiana.
L’Unione delle scuole cristiane, attraverso un appello, lancia segnali inquietanti per una situazione insostenibile e dagli ‘aspetti controversi’. L’ansia è per le decine di migliaia di docenti, di operatori scolastici, di famiglie e studenti, che allo stato attuale non conoscono le sorti a seguito di un anno scolastico appena terminato.
Lo sciopero che si è prolungato per 27 giorni è stato legittimato da una protesta per denunciare il taglio del 45% dei contributi statali destinati ai cristiani. L’accordo previsto, che doveva compensare con le somme attribuite i tagli applicati, in realtà non è mai stato preso in considerazione dal Governo d’Israele.
E’ chiaro che una tale situazione lede il diritto alla studio dei minori, costretti ad assistere ad un perverso gioco di taglio e cucito della propria istruzione. Come si legge dal comunicato diramato dall’Unione delle scuole cristiane e firmato da padre Abdel Masih Fahim, Segretario generale dell’Ufficio:
“E’ chiaro che queste raccomandazioni non risolvono la crisi finanziaria causata dalle politiche del Ministero dell’educazione negli ultimi anni. E deploriamo che il Ministero stia cercando ancora una volta di costringere le nostre istituzioni ad aderire al sistema pubblico”.
L’auspicio della comunità cristiana è che si onorino gli impegni presi, o quantomeno che si predisponga uno status giuridico per le proprie scuole, che contempli l’equiparazione al sistema scolastico pubblico ma che contestualmente, possa garantire la salvaguardia dell’identità cristiana.
Inoltre, dinanzi alla crisi finanziaria, la richiesta prevede anche la possibilità di maggiore libertà nel reperire fondi che compensino i tagli statali. Tra i 33.000 studenti chiamati in causa non solo cristiani. Musulmani ebrei e drusi arricchiscono un panorama multietnico che esige maggiore tutela a garanzia del diritto allo studio.