FUCI chiede un’università verso domani
Nelle scorse settimane a Chieti si è svolto il 65° Congresso Nazionale degli studenti universitari della F.U.C.I. dal titolo ‘Giovani VerSo Domani. Università, Formazione, Lavoro: quale realtà per quali prospettive’, con 200 giovani studenti provenienti da numerose parti d’Italia per riflettere insieme sulle responsabilità e l’impegno dei giovani studenti oggi, nell’ambito ecclesiale e sociale, in particolare riferimento alla dinamica Università, Formazione, Lavoro.
Dopo le prime due giornate di ascolto e dibattito con i relatori, i ragazzi sono scesi nei particolari dei temi nei gruppi di lavoro, nei quali hanno rielaborato il pensiero della Federazione completando le Tesi Congressuali dei lavori. Le Tesi si propongono di costruire un’immagine critica ed approfondita dell’Università italiana oggi, individuano come si sia giunti ‘al crocevia tra il modello di Università passato e quello futuro’:
“Seppure all’ombra della crisi complessiva che il contesto italiano si trova a vivere, è necessario muoversi per riscoprire le coordinate di cammini che rendano possibili scenari luminosi di futuro. Il malessere legato agli anni universitari, la crisi di senso legata all’esperienza formativa, dicono quanto oggi si dovrebbe badare più al contenuto, alla sostanza, piuttosto che alla forma. I processi formativi devono reinserirsi in un contesto di cura e custodia dei giovani e del domani. L’attenzione al giovane, in quanto studente, è indice della società che si sta abitando: una società che vive solo dell’oggi non può garantire un’università che promette un domani.
Un’università che è ripiegata su strutture e formalismi è un’università che promette compensi per sopravvivere e non garantisce strumenti per vivere… Riteniamo in particolare che sia importante favorire, da parte delle università, un primo approccio concreto al variegato mondo del lavoro.
Gli stage, come pure i periodi di studio all’estero, se ben organizzati, sono esperienze personalmente arricchenti che possono diventare la chiave per legare la teoria con la pratica e proiettare così lo studente verso una dimensione di progressiva autonomia lavorativa e di vita”.
Infatti durante i giorni del congresso la dott.ssa Floriana Cesinaro, docente e formatrice teatina, ha descritto la formazione come un investimento ed un’investitura. L’investimento implica una visione progettuale, un fine migliorativo a cui tendere; investitura invece perché dal momento nel quale la società riconosce un soggetto portatore di un determinato sapere, nasce in maniera imprescindibile la responsabilità di trasmettere questo sapere e soprattutto di indirizzarlo per la costruzione di un futuro migliore.
Il prof. Patrik Vesan, esperto di politiche giovanili e del lavoro all’Università della Valle d’Aosta, ha affermato che occorre ‘gestire il cambiamento, e trovare equilibri variabili’. Per questo obiettivo è necessario acquisire competenze, avere la capacità di saper sfruttare al meglio le conoscenze acquisite durante il periodo di formazione universitaria: aderire a un progetto di mobilità internazionale, cercare di partecipare a stage o tirocini che mettano alla prova le abilità di ciascuno.
Nel suo saluto introduttivo l’arcivescovo della diocesi Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, ha ricordato un giovane della città, Dino Zambra, morto giovanissimo in concetto di santità: “Un esempio per tutti di coniugazione di fede e storia nella più luminosa tradizione ‘fucina’, una testimonianza eloquente della possibilità di vivere l’ordinario in maniera straordinaria per la forza di una fede grande, vissuta nella Chiesa e nella società, con vigile attenzione al presente”.
E la presidenza nazionale ha ricordato i 120 anni di presenza nelle Università con uno sguardo di speranza al ‘domani’: “Questo domani verso cui tendiamo deve avere grande cura del profondo legame tra la vita dell’uomo e il lavoro, riprendendo quei principi costituzionali sui quali l’Italia ha voluto costruirsi e che ancora oggi si possono incarnare. Attraverso questa concezione umana e sociale del lavoro si esprimono la dignità di ciascuno e il ‘progresso materiale o spirituale della società’.
Cardini di questa prospettiva sono la tutela della persona e del vasto mondo che la circonda e che fa parte della sua storia: diviene possibile la prospettiva familiare, l’apertura alla vita, l’attenzione all’ambiente in ottica sostenibile, in cui si realizzino il benessere e la salute di ogni uomo e donna, in cui l’espressione sia rispettosa, libera e aperta, per costruire in modo corresponsabile una società in cui ognuno possa vivere serenamente”.
Mentre il presidente della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha chiesto ai giovani di mettersi in ascolto del Presente: “L’ascolto del Presente va inteso come partecipazione attiva a tutto ciò che in esso si muove; d’altra parte, l’ascolto del Presente non può essere frutto di una generica disponibilità a farsi raggiungere da ciò che ci capita intorno.
Ad ascoltare il Presente ci si educa coltivando relazioni e ‘relazioni educative’, quelle che creano sinergie, non solo tra generazioni, ma anche tra persone con sensibilità diverse. Ma quando una relazione può definirsi ‘educativa’ ed offrire un reale contributo in ordine all’ascolto responsabile del Presente?
E quali contenuti devono transitare attraverso una relazione perché questa possa dirsi ‘educativa’ e quindi capace di favorire l’ascolto del Presente? Può farlo quando al suo interno transita, da uno all’altro e con carattere di reciprocità, un progetto di vita da sottoporre costantemente a verifica. Non è ‘relazione educativa’ quella attraverso la quale transitano diktat ideologici più o meno affascinanti oppure una serie di imposizioni più o meno etiche e rassicuranti”.