Robert Sarah, un cardinale “ambizioso”!

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È “ambizioso” Robert Sarah – cardinale e arcivescovo cattolico guineano, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti –, una di quelle ambizioni che in pochi perseguono con devoto impegno e trasporto! «La mia ambizione – precisa Sarah, ricordando i desideri della sua infanzia – era di poter incontrare Cristo». È uno dei numerosi dettagli che non puoi fare a meno di sottolineare, leggendo “Dio o niente. Conversazione sulla fede con Nicolas Diat” di Robert Sarah (Ed. Cantagalli, 2015).

Certe espressioni – come quella che dice «L’uomo non è grande se non quando è in ginocchio davanti a Dio» –, il cardinale afro-occidentale non deve averle pensate a tavolino, visto il profumo di semplicità che emanano nell’«aere perso» (perdonate la citazione dantesca) del carrierismo ecclesiastico, definito da Papa Francesco una “lebbra”. Per rispondere ad alcune domande il porporato rimanda ad un altro mittente: «Non so perché, Dio è sempre venuto a tendermi la mano per accompagnarmi sulle strade più importanti. Nella mia vita, Dio ha fatto tutto; da parte mia, non ho voluto fare altro che pregare»; altri protagonisti rispondono: «Eccellenza – disse Papa Benedetto XVI durante un’udienza privata –, l’ho nominata a Cor Unum (il Pontificio Consiglio che ha il compito di coordinare le iniziative di carità della Chiesa) perché so che tra tutti lei ha l’esperienza della sofferenza e conosce il volto della povertà. Lei sarà il più capace di esprimere con delicatezza la compassione e la prossimità della Chiesa ai più poveri».

Nonostante i riconoscimenti ricevuti e i compiti importanti a lui affidati, il card. Robert Sarah si ostina a dire che «se siamo il frutto di un’eredità umana, in primo luogo siamo l’opera di Dio»; e ancora: «Gli onori che la Chiesa può accordare a certuni dei suoi figli sono innanzitutto una grazia di Dio affinché la fede, la speranza e la carità siano più radiose». Di fronte alle lusinghe del mondo si muove come se avesse a che fare con la peste, e – convinto che non esista «una promozione umana nella Chiesa, ma semplicemente un’imitazione del Figlio di Dio» – ritiene che «le soddisfazioni ricavate dai negozi ecclesiastici sono piccoli orpelli ingannevoli».

Tra i ricordi d’infanzia vissuti nel villaggio guineano di Ourous, mons. Robert Sarah racconta: «Vivevo in una famiglia dove Dio era sempre presente e la Vergine Maria venerata filialmente […]. Chiunque poteva venire nella nostra capanna, non importa a qual ora del giorno o della notte. Tutti erano i benvenuti a condividere il pasto. La più grande felicità di mamma e papà, la loro più grande gioia interiore, era di vedere i nostri ospiti felici, ricevuti come dei re nella nostra piccola casa. […] La nostra piccola famiglia di tre persone si vedeva per qualche giorno “numerosa come le stelle del cielo” (Eb 11,12)».

Quando Papa Francesco, nel novembre 2014, ha nominato mons. Sarah prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, «il Cardinale – racconta Nicolas Diat, ottimo giornalista e scrittore – era triste. Altri sarebbero stati contenti di una promozione così eclatante e si sarebbero messi in mostra come dei pavoni che fanno la ruota… Robert Sarah non ha cercato niente, non ha domandato niente, desiderava soltanto continuare a servire i poveri».

Del resto, un vescovo che sceglie come motto episcopale “Sufficit tibi gratia mea” (Ti basta la mia grazia), non ha bisogno di nient’altro!

Foto: CNS photo/Paul Haring

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