Riflessioni in canto

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Le Sante Scritture ci istruiscono che il gesto del cantare sta al centro ed è nel cuore della grande storia della salvezza.

Ricordiamo Mosè!

Quando egli vede tutto quello che Dio compie per liberare il suo popolo, con la presunzione d’amore che scaturisce dalla meraviglia di chi contempla il gesto divino, attraversato il Mar Rosso, intona il celebre cantico della liberazione:

Voglio cantare al Signore,

perché ha mirabilmente trionfato…

Mia forza e mio canto è il Signore

Egli è stato la mia salvezza. (Es 15,1).

Ricordiamo Maria di Nazareth!

La Madre del Signore, con il suo sublime Magnificat, celebra, nell’entusiasmo della fede, le meraviglie che Dio opera nella storia. Contemplando le grandi cose che l’Onnipotente compie in Lei, invasa dallo Spirito, canta il suo magnifico inno di lode e di rendimento di grazie al suo Dio e al suo Signore:

L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta il Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata (Lc 1, 46-48).

Ricordiamo Paolo!

L’apostolo inserisce il canto spirituale all’interno di una catechesi tipicamente battesimale, e lo fa sgorgare da quel cuore dov’è incarnata abbondantemente la Parola di Dio. La Parola, accolta nella profondità del cuore, porta i suoi frutti in tutti i membri della comunità attraverso l’edificazione reciproca, raggiungendo una forma particolare nel canto, espressione di gioia, di comunione e di pace:

La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.

Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda

con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine,

cantando a Dio nei vostri cuori (Col 3,16).

Ricordiamo Giovanni!

Nell’Apocalisse, l’apostolo scrive che tutti quelli che avevano vinto la bestia, accompagnati da arpe divine, cantavano a Colui che li aveva salvati, il cantico di Mosè e il cantico dell’Agnello:

Grandi e mirabili sono le tue opere,

Signore Dio onnipotente;

giuste e vere le tue vie,

o Re delle genti! (Ap 15, 3).

Ricordiamo Francesco d’Assisi!

In Francesco, l’incanto della contemplazione si trasfigura in “Cantico delle creature”. Per Francesco, pregare è amare cantando. L’in-canto contemplativo in lui è già preghiera d’amore. Questa sinfonica comunione tra amore e canto, ha origine e inesausta sorgente nel Dio di Cristo che si rivela a noi come Amore e Amore donato riversato nei nostri cuori. L’amore divino, di cui è ricolmo il cuore del Poverello d’Assisi, sgorgando dal cuore, fiorisce in canto sulle sue labbra, come sublime litania di purissima lode e rendimento di grazie:

Altissimo, onnipotente, bon Signore,

tue so le laude, la gloria e l’onore

e onne benedizione…

Laudato sie, mi Signore,

cum tucte le tue creature.

Ricordiamo la preghiera in canto dei cristiani!

Essa scaturisce dallo Spirito di Cristo e da Lui è sempre ispirata. Il canto della Chiesa, infatti, nasce come carisma e come dono squisito dello Spirito Santo. Siccome lo Spirito è Amore del Padre e del Figlio, il nostro canto in Lui diventa sublime espressione d’amore. Amore vero, pieno e duraturo. Cantare amantis est, afferma sant’Agostino, musica e canto sono, perciò, il linguaggio proprio di chi è capace di percepire l’amore e lo sa rivelare, cantando.

Cantare a Dio non può essere puro risuonare di emozioni soggettive, né sola ricerca di echi di un Dio lontano, invisibile e sconosciuto. Cantare a Dio è esperienza ed espressione di un amore donato e accolto, vissuto e ridonato. Cantare a Dio è frutto della sorpresa e della meraviglia, facendo vibrare le profondità dell’animo di chi cerca amando, di chi attende sperando. L’incanto del cantare a Dio è percezione dell’ineffabile Mistero che ci rende capaci di entrare nell’intimità di comunione con Lui, “Bellezza tanto antica e sempre nuova”.

E’ Cristo l’Inno che il Padre ci ha consegnato, e continua a donarci, attraverso il dolcissimo venire-restare sempre con noi nella celebrazione del Mistero pasquale, trionfo dell’Amore e della Vita: cantare l’Amore è celebrare la Vita.

Il Creatore di “tutte le cose visibili e invisibili”, mentre creava l’universo, cantava i suoi Fiat ornando di bellezza il mondo. L’enfasi di un’artificiosa ricchezza o di una falsa povertà non deve mai provocare offertori costruiti con arte vacua o con miseria di colonne sonore di frivoli palcoscenici, ma tutto dev’essere improntato a nobile semplicità come frutto di vera arte a servizio del Mistero celebrato.

Sant’Agostino ci esorta a cantare sempre col cuore, con la voce e con la vita, così come fece Maria quando, quel mattino di Pasqua, fu la prima a recarsi al sepolcro. Lei, la peccatrice di Magdala, alla quale è stato perdonato molto perché molto ha amato. E’ la prima nella fede perché è la prima nell’amore.

All’alba della prima domenica, corre ansimante alla tomba della sua speranza. Vuole completare l’imbalsamazione di Gesù, quasi per preservarlo dalla corruzione del sepolcro. Corre verso il luogo della morte e trova i segni della risurrezione. Va verso l’oscurità triste della tomba ed è investita dalla luce della Vita. Giovanni descrive la scena con un dialogo stupefacente tra Maria, gli angeli e Gesù (cf Gv 20, 11 – 18). 

I due angeli in bianche vesti dicono a Maria: Donna, perché piangi? Rispose loro: Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto. Finché non lo incontra risorto, il pianto di Maria sa ancora di passione mortale. Ma ecco, si volta indietro e, senza riconoscerlo, vede Gesù in piedi che le dice: Donna, perché piangi? Chi cerchi? Lei, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!” E’ la prima parola che il Risorto rivolge a creatura umana. Folgorata dalla luce dell’aurora pasquale, il suo cuore sobbalza come sul punto d’infrangersi. Ferita d’amore, esplode nel grido di gioia e chiamandolo: Rabbunì! Delirio d’estasi! Appassionato duetto d’amore! Il suo Maestro risorto è ormai il suo cuore.

Gesù le dice: Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre. Maria vuole eternare l’incontro ma ormai Cristo risorto conferma che la sua presenza tra gli uomini non sarà data dalle così dette “apparizioni” occasionali ma sarà presenza duratura, stabile e piena attraverso il dono dello Spirito. La glorificazione della Risurrezione, Ascensione e Dono dello Spirito, sarà la nuova relazione di Gesù con gli uomini. Maria, vivendo in pienezza d’amore il passaggio dalla vita secondo la carne alla vita secondo lo Spirito, diviene la prima testimone di Cristo risorto. Gesù le dice: Va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. L’incontro pasquale termina quando lei corre dai fratelli discepoli ad annunziare l’Evento: Ho visto il Signore! e dice loro tutto quello che le aveva detto. Maria, da peccatrice, inviata come “apostola agli apostoli”, diviene la prima evangelizzatrice del Risorto.

Nella storia della poesia e della musica non si trova duetto d’amore più eccelso e sublime!

Nel giardino della perenne primavera pasquale, anche noi rivolgiamo la domanda a Maria: Dic nobis Maria, quid vidisti in via? E Lei, nell’ebbrezza dell’ascolto e della visione del suo amato Maestro e Signore ci annunzierà: Sepulcrum Christi viventis, et gloriam vidi resurgentis: Angelicos testes, sudarium et vestes. E poi esploderà nel canto d’amore dell’esperienza di fede: Surrexit Christus spes mea: praecedet suos in Galilea. E anche noi, col cuore degli Apostoli inneggeremo: Scimus Christum surrexisse a mortuis vere: Tu nobis, victor, Rex, miserere. Amen. Alleluia.

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