Una Carta per cancellare la maternità surrogata
Nelle scorse settimane nella sede dell’Assemblea nazionale francese si sono riunite le rappresentanti di molte associazioni femministe per chiedere la messa al bando della maternità surrogata, ovvero la pratica della Gestazione Per Altri: “Chiediamo alla Francia e agli altri paesi europei di rispettare le convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani e del bambino di cui sono firmatari e di opporsi fermamente a tutte le forme di legalizzazione della maternità surrogata sul piano nazionale e internazionale.
Noi chiediamo inoltre, in nome dell’uguale dignità di tutti gli esseri umani, che essi agiscano con fermezza per abolire questa pratica a livello internazionale, in particolare promuovendo la redazione, l’adozione e l’efficace messa in pratica di una convenzione internazionale per l’abolizione della maternità surrogata”.
La filosofa Sylviane Agacinski, animatrice della battaglia, ha sottolineato che si tratta di una battaglia per “impedire che, come la prostituzione, anche la pratica dell’utero in affitto trasformi le donne in prestatrici di un servizio: sessuale, o materno. Il corpo delle donne deve essere riconosciuto come un bene indisponibile per l’uso pubblico. La madre surrogata non è forse madre genetica ma è senza dubbio anche lei una madre biologica, tenuto conto degli scambi biologici che avvengono per nove mesi tra la madre e il feto. Il bambino in questo modo diventa un bene su ordinazione, dotato di un valore di mercato”.
Secondo la geografa indiana, Sheela Saravanan, la maternità surrogata è la nuova frontiera del colonialismo europeo; mentre la deputata socialista Laurence Dumont, vice-presidente del Parlamento francese, ha sottolineato come “nonostante le prese di posizione contrarie e molto chiare di tutte le autorità in materia, le lobby delle industrie biotecnologche esercitano una pressione tremenda.
Dalla California alla Russia la procreazione medicalmente assistita rappresenta un grosso affare economico. Le agenzie comprano e vendono ovociti e spermatozoi, ma quello che più manca alla loro catena di produzione è la disponibilità del ventre femminile. E allora si rivolgono a donne molto fragili, reclutate su un grande mercato che possiamo qualificare come neocoloniale”.
Al consesso mondiale era presente anche una dottoressa italiana, Daniela Danna, ricercatrice in Sociologia presso il Dipartimento di studi sociali e politici della Facoltà di Scienze Politiche di Milano, che nel libro ‘Contract Children. Questioning Surrogacy’ ha scritto: “La relativa disumanizzazione delle madri ridotte a lavoratrici/fattrici su commissione…
non è l’unico modo di essere aiutati nella propria incapacità a procreare, possono anche esserci accordi informali con una donna che si presta a fare un figlio per altri, accordi gratuiti e volontari che le leggi non possono abolire non dovendoli approvare….
La maternità surrogata nella sua forma oppressiva richiede istituti giuridici appositi (come minimo l’approvazione del contratto di compravendita di neonati) e l’invalidazione del principio legale ‘mater semper certa est’ in base al quale la madre è la donna che partorisce (e chi altri potrebbe esserlo alla nascita? le madri sociali vengono dopo). Dunque ha senso parlare di abolizione (o non introduzione) degli istituti giuridici che legalizzano la vendita di neonati”.
Nella Carta parigina contro la maternità surrogata si è sottolineato che la lotta alla maternità surrogata ha a che fare con la lotta alla prostituzione, perché in ambedue si vendono corpi di donna: “Lungi dall’essere un gesto individuale, questa pratica sociale è realizzata da imprese che si occupano di riproduzione umana, in un sistema organizzato di produzione, che comprende cliniche, medici, avvocati, agenzie…
Questo sistema ha bisogno di donne come mezzi di produzione in modo che la gravidanza e il parto diventino delle procedure funzionali, dotate di un valore d’uso e di un valore di scambio, e si iscrivano nella cornice della globalizzazione dei mercati che hanno per oggetto il corpo umano. Se nessuna legge lo protegge, il corpo delle donne è richiesto in quanto risorsa a vantaggio dell’industria e dei mercati della riproduzione.
Certe donne acconsentono a impegnarsi in un contratto che aliena la loro salute, la loro vita e la loro persona, sotto pressioni multiple: i rapporti di dominazione famigliari, sessisti, economici, geopolitici. Infine, la maternità surrogata fa del bambino un prodotto con valore di scambio, in modo che la distinzione tra persona e cosa viene annullata. Il rispetto del corpo umano e l’uguaglianza tra donne e uomini devono prevalere sugli interessi particolari”.
Da tale premessa le firmatarie della Carta denunciano “l’utilizzo degli esseri umani il cui valore intrinseco e la cui dignità sono cancellati a favore del valore d’uso o del valore di scambio” e rifiutano “la mercificazione del corpo delle donne e dei bambini”, con la richiesta all’Europa “di rispettare le convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani e del bambino di cui sono firmatari e di opporsi fermamente a tutte le forme di legalizzazione della maternità surrogata sul piano nazionale e internazionale.
Noi chiediamo inoltre, in nome dell’uguale dignità di tutti gli esseri umani, che essi agiscano con fermezza per abolire questa pratica a livello internazionale, in particolare promuovendo la redazione, l’adozione e l’efficace messa in pratica di una convenzione internazionale per l’abolizione della maternità surrogata”.
La Carta fonda i suoi principi nella ‘Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell’Unione europea in materia’, approvata il 17 dicembre 2015 a Strasburgo,quando il Parlamento Europeo ha assunto una posizione fortemente critica nei confronti delle pratiche di gestazione per altri attraverso i paragrafi nn. 114/115, inseriti all’interno del capitolo relativo ai ‘Diritti delle donne e delle ragazze’:
“Constata con grande preoccupazione che, a partire dagli anni Ottanta, l’industria delle ‘spose per corrispondenza’ è cresciuta a ritmi allarmanti; constata con preoccupazione che vi sono alcuni casi documentati di donne che sono state attaccate e/o uccise dopo aver sposato un uomo come ‘spose per corrispondenza’; deplora il fatto che sui siti di spose per corrispondenza siano presenti molte ragazze minorenni, e sottolinea che l’utilizzo di bambini a scopo sessuale deve essere considerato abuso di minori;
condanna la pratica della surrogazione, che compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce; ritiene che la pratica della gestazione surrogata che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l’uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei paesi in via di sviluppo, debba essere proibita e trattata come questione urgente negli strumenti per i diritti umani”.