Papa Francesco, misericordia dalla Cina al Messico

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 “Il Signore della misericordia, vuole salvare tutti: il problema è lasciare che entri nel cuore”. Il Papa parla del rapporto tra giustizia, quella divina, e la misericordia all’ udienza generale. La giustizia divina si rivolge “direttamente al colpevole per invitarlo alla conversione, aiutandolo a capire che sta facendo il male, appellandosi alla sua coscienza. In questo modo, finalmente ravveduto e riconoscendo il proprio torto, egli può aprirsi al perdono che la parte lesa gli sta offrendo. E questo è bello, la persuasione, in questo modo il cuore si apre al perdono che gli viene offerto. È questo il modo di risolvere i contrasti all’interno delle famiglie, nelle relazioni tra sposi o tra genitori e figli, dove l’offeso ama il colpevole e desidera salvare la relazione che lo lega all’altro. Non tagliare quella relazione, quel rapporto”.

Un cammino più difficile certo, dice il Papa, ma“è così che Dio agisce nei confronti di noi peccatori. Il Signore continuamente ci offre il suo perdono e ci aiuta ad accoglierlo e a prendere coscienza del nostro male per potercene liberare. Perché Dio non vuole la nostra condanna, ma la nostra salvezza. Dio non vuole la condanna d i nessuno, qualcuno potrà dirmi che la condanna di Pilato potrebbe essere giusta, o anche di Giuda ma invece no! Il Dio della Misericordia vuole salvare tutti, il problema è chi vuole farsi davvero entrare Dio nel cuore”.

Martedì  sera Papa Francesco aveva concluso l’Anno della Vita consacrata con la messa solenne in San Pietro e la processione delle candele in occasione della Festa della Presentazione del Signore e Giornata della Vita Consacrata. “La vocazione- ha detto-  non prende le mosse da un nostro progetto pensato a tavolino, ma da una grazia del Signore che ci raggiunge, attraverso un incontro che cambia la vita. Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose. Chi vive questo incontro diventa testimone e rende possibile l’incontro per gli altri; e si fa anche promotore della cultura dell’incontro, evitando l’autoreferenzialità che ci fa rimanere chiusi in noi stessi”.

In questi giorni sono state diffuse due interviste di Papa Francesco uno ad un giornale asiatico dedicata alla Cina nella quale Papa fa gli auguri per il capodanno cinese che si celebra in questi giorni, parla della “sua Cina” con Matteo Ricci e Marco Polo, e dice che tutti abbiamo da imparare dalla saggezza cinese.

Francesco affronta i temi più tipici della società cinese ma anche il tema della pace e delle aree di influenza e a questo proposito cita l’esempio negativo dell’ accordo di Yalta.

A proposito della “dittatura del figlio unico” il Papa rimette in campo il discorso fatto a Strasburgo sull’ Europa che diventa ormai “nonna” senza ricambio generazionale, e aggiunge anche una larga parte dedicato al popolo cinese, diviso, che deve riconciliarsi con se stesso.

La seconda intervista è per i messicani che lo attendono il prossimo 12 febbraio

Il Papa parla con 33 giovani, 17 uomini, 16 donne, che vengono da dieci differenti città del Paese centroamericano: alcuni giovani, molti bambini, ma anche indigeni, anziani, adulti. 

Prima, i partecipanti all’incontro fanno un dialogo di battute brevi, esprimono le loro aspettative. Poi parla Papa Francesco. Papa Francesco ricorda di essere stato due volte in Messico, e che ogni volta che è stato in Messico è andato a visitare la Vergine di Guadalupe, che gli suscita emozioni di “sicurezza, tenerezza”. Poi, le domande volgono sulla situazione del Messico. I giovani anelano alla pace, guardano alla visita del Papa a Juarez, la frontiera con gli Stati Uniti, un posto difficile per molti, un posto di frontiera, e chiedono aiuto al Papa. Che risponde: “Violenza, corruzione, guerra, bambini che non possono andare a scuola dato che i loro Paesi sono in guerra, il traffico (di esseri umani), i fabbricanti di armi che vendono armi affinché proseguano le guerre nel mondo: più o meno è il clima che oggi viviamo nel mondo, e che voi state vivendo un po’ di “guerra”, di sofferenza, di traffico organizzato”.  Infine, le speranze che il Papa ha per il Messico. Che sono poi quelle che esprime sempre. Ovvero, di essere “cattolici della verità, di esprimere e vivere la nostra fede dentro e fuori il tempio”. E io – aggiunge il Papa – “vado per servire per questo, per essere un servitore della vostra fede, perché attraverso questo io abbia cura, perché ho sentito questa chiamata a servire la vostra fede, a servire la fede del popolo”.

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