Mons. Napolioni: servire il Signore nella gioia
Il 13 gennaio mons. Antonio Napolioni, vescovo eletto di Cremona, accompagnato dall’arcivescovo di Camerino-San Severino Marche, mons. Francesco Giovanni Brugnaro, è stato ricevuto a Roma dal Nunzio Apostolico in Italia, mons. Adriano Bernardini, nel corso del quale è stato consegnato al neo vescovo di Cremona la Bolla pontificia:
“Ho ricevuto l’atto firmato da papa Francesco, per mezzo del quale posso presentarmi a Cremona come vescovo. All’inizio della liturgia di ordinazione infatti verrà chiesto: ‘Avete il mandato del Papa?’ e il nuovo vescovo eletto, come avviene da secoli, dovrà presentare la Bolla pontificia.
Al di là della formalità c’è un fatto sostanziale, riguardante la missione che si riceve dal Papa di essere successori degli apostoli, in comunione con tutti gli altri vescovi. Un incontro che ha rappresentato anche l’opportunità per un ampio scambio di idee su tanti aspetti della vita delle nostre chiese”.
E sono 500 i fedeli della diocesi di Camerino-San Severino M. che sabato 30 gennaio nella cattedrale di Cremona parteciperanno all’ordinazione episcopale di mons. Antonio Napolioni, il quale ha chiarito di non avere programmi già prestabiliti in vista del nuovo ministero:
“Voglio dirlo anche col desiderio di ricevere l’ordinazione episcopale nella vostra-nostra splendida cattedrale, dalle mani del Vescovo Dante, perché sia massimamente evidente la continuità sacramentale della successione apostolica. Perché l’unica storia d’amore che Dio da sempre intreccia col suo popolo, scriva in noi le sue prossime pagine”.
Cosa significa tenere lo sguardo fisso su Gesù?
“A partire dai giorni in cui ero tenuto a custodire nel segreto la nomina, prima del suo annuncio pubblico, nel mio intimo ho potuto sperimentare ancora una volta che Lui, il Signore risorto e vivo, è veramente l’unico soggetto in cui la realtà ecclesiale prende senso. Lui il protagonista della vocazione cristiana e sacerdotale.
Lui il Vescovo e Pastore delle nostre anime. Lui il tutto della mia vita, nonostante tante distrazioni e fragilità, che a loro volta invocano la Sua misericordia. In Lui tutta la realtà diventa amabile, ogni incontro salvifico, tutto è grazia. Specie quando il cammino si fa pesante, a motivo del dolore, il Suo volto diventa l’unica sorgente di pace e di fiducia”.
Nella sua lettera alla nuova Diocesi ha citato Mazzolari: in questo tempo della misericordia cosa può dire il sacerdote cremonese ai giovani?
“Viviamo un tempo di paure e irrigidimenti che poco hanno a che fare con il Vangelo, che a sua volta non vuole giustificare irenismi e superficialità, davanti alla complessità che attraversiamo. Il prete che ci insegnato ad impegnarci ‘noi e non gli altri’, in nome di un’appartenenza a Cristo che rende fratelli universali e testimoni della Croce, custodisce una forte attualità.
Andando a vivere in terra cremonese e padana, mi metterò sulle sue tracce, ascolterò i preti e i laici che hanno conosciuto don Primo, non come un archeologo che voglia studiarne il passato, ma come un amico credente che vuole riviverne, innanzitutto coi giovani, il segreto”.
Il patrono, sant’Omobono, può essere un esempio di un nuovo umanesimo?
“Confesso che ancora non ho approfondito tutto della Chiesa che il 30 gennaio riceverò come sposa bella da custodire e servire nella fede. Ho visitato informalmente la cattedrale ed ho pregato davanti all’urna del Patrono laico, testimone di carità concreta, costruttore di una comunità solidale. Imparerò dal mio predecessore e da tutti i cremonesi l’incisività della sua memoria spirituale e affido sin da ora a lui tutte le vocazioni di cui ha bisogno il Regno di Dio”.
Lei ha invitato i giovani a dialogare con la Chiesa: con quale linguaggio?
“Come Gesù ha parlato sempre il linguaggio dei propri interlocutori, credo che la Chiesa debba ascoltare anche i giovani, i loro mutamenti, i loro cuori, per dire il Vangelo con autentica vicinanza alle loro attese.
Non si tratta solo di un aggiornamento linguistico o tecnologico, che pure ha il suo valore, quanto di una sapienza educativa e spirituale, in cui chi ha più passione per la vita, più sa vedere e raccogliere i semi di futuro che non mancano nemmeno nei ragazzi apparentemente più disastrati. E poi, non mancheranno le opportunità di incontro: negli oratori e nelle scuole, nei campi scuola e alla GMG, negli eventi e nella quotidianità, dove mi auguro di veder coinvolta sempre di più l’intera comunità educante”.
Quale immagine di San Severino Marche porterà nel cuore?
“Non porterò un’immagine come un’istantanea o un’icona, ma volti concreti, fatti di carne e sangue, di gioie e dolori condivisi anche nell’impotenza che ci associa al Venerdì Santo di Gesù.
Porterò una vita che si distanzia, ma non si interrompe, perché ciò che abbiamo condiviso è troppo semplice e vero per essere dimenticato. E poi, come ho avuto modo di dire, ogni volta che penserò o parlerò di ‘parrocchia’, il cuore andrà all’unica parrocchia di cui sono stato a tempo pieno membro e padre”.