Maria Hesselbald appassionata per l’unità dei cristiani
Maria Hesselblad nacque in Svezia il 4 giungo 1870, quinta di tredici figli. A diciotto anni per aiutare economicamente la numerosa famigli lasciò il suo Paese ed emigrò negli Stati Uniti dove vi rimase fino al 1904, lavorando come infermiera nell’ospedale ‘Theodore Roosvelt’ di New York a contatto quotidiano con la sofferenza.
Fin da piccola, come scrisse nelle sue ‘Memorie’, si pose il problema dell’ecumenismo: “Andando a scuola e vedendo che i miei compagni appartenevano a molte chiese diverse, cominciai a domandarmi quale fosse il vero ovile.
Pregai spesso per essere condotta a quell’ovile e ricordo di averlo fatto specialmente in un’occasione quando, camminando sotto i grandi pini deli mio paese natio, guardai in cielo e dissi: ‘Caro Padre, che sei nei cieli, indicami dove è l’unico ovile nel quale tu ci vuoi tutti riuniti’.
Mi sembrò che una pace entrasse nella mia anima e una voce mi rispondesse: ‘O figlia mia, un giorno te lo indicherò’. Questa sicurezza mi accompagnò in tutti gli anni che precedettero la mia entrata nella chiesa”.
In seguito, infatti, a Maria Elisabetta, di confessione luterana, divenne chiaro che l’ovile era la chiesa cattolica e lei chiese di farvi parte. Dopo un periodo di catecumenato, guidata da un gesuita, il giorno dell’Assunta del 1902 si fece battezzare.
Trasferitasi a Roma, nel 1904 perfezionava la sua scelta decidendo di vestire l’abito delle monache di S. Brigida, un Ordine religioso che in quel momento si trovava in difficoltà. Ispirata dalla Spirito, Elisabetta si propose di rinnovarlo, innestando sul carisma religioso l’ansia e la ricerca dell’unità di tutti i cristiani che animavano la sua persona.
Gli inizi non furono agevoli. Maria Elisabetta dovette superare non poche e due prove. Ma non si lasciò abbattere convinto che ‘quello che oggi si semina nelle lacrime domani si raccoglierà nella gioia’.
Poiché fossero nella sua amata Svezia seme e testimone di unità, nel 1923, la Hesselblad, divenuta superiora nel suo Ordine, riporta nella sua patria le figlie di Santa Brigida, offendo a Dio, per la causa dell’unità, le tante sofferenze fisiche che avevano angustiato la sua vita e che in quel periodo s’erano fatte più lancinanti.
Durante la Seconda Guerra Mondiale si distinse per la sua incredibile attenzione ai bisognosi, aprendo le porte del suo convento agli ebrei perseguitati, ai profughi e alle moltissime persone in difficoltà che bussavano alla sua porta in ricerca di aiuto, di conforto e di un riparo.
Nel 1957 morì nella casa del suo Ordine a Roma. Giovanni Paolo II la proclamò beata il 9 aprile 2000.
Sorprende un fatto singolare in Maria Elisabetta Hesselblad. La sua forte e straordinario passione per l’unità dei cristiani non era fine a sé stessa, cioè non era senza concretezza, un discorso teorico, perché questa sua passione la portò ad avere sempre, fin da quando era infermiera a New York, un’attenzione speciale verso chiunque era nel bisogno e una grande fiducia nella Provvidenza che, anche nel periodo della Guerra, le fece trovare qualcosa, talora in modi impensati, per quanti erano rifugiati nel suo convento.
Nella Hesselbalnd unità e carità si sono sempre congiunte, quasi ad essere due facce di una stessa medaglia!