A Lampedusa aperte due porte sante

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A Lampedusa, isola di appena 20 chilometri quadrati, sono state aperte due Porte sante dal card. Francesco Montenegro che ha celebrato il solenne rito di apertura nel Santuario della Madonna di Porto Salvo:. “Nell’anno della Misericordia non era possibile non pensare a Lampedusa: quest’isola è una porta schiusa che accoglie chi viene da lontano.

I vostri cuori sono il segno di mondo possibile, di un amore sperimentato sulla pelle e trasformato, giorno dopo giorno, emergenza dopo emergenza, in accoglienza ed esempio. Il Giubileo sull’isola è la risposta di Dio alla vostra disponibilità e alla vostra accoglienza ed è un monito per l’intera società: quante volte vi hanno chiesto ‘chi ve lo fa fare’ o vi hanno detto che ‘è pericoloso’ o vi hanno invitato a ‘guardare dall’altra parte’!

Ebbene io vi dico che se il vostro cuore batte solo per Dio non basta. Deve battere per Dio e per i fratelli, e battere per entrambi con lo stesso ritmo”. E nella parrocchia San Gerlando, nel cuore della più grande delle Pelagie, il cardinale ha presieduto la celebrazione eucaristica durante la quale è stato collocato la ‘Croce Milagro’ di Alexis Leyva Machado donato dal presidente di Cuba a papa Francesco, che lo ha donato alla comunità ecclesiale dell’isola siciliana:

“Questo Santuario è un luogo speciale, dove gli uomini si sono incontrati e insieme hanno guardato il Cielo. Aprire questa porta in questo luogo è desiderare che tutti ci sentiamo coinvolti in questa storia che apre il cuore a Dio e il cuore ai fratelli. Aprire questa Porta è il riconoscimento della generosità dei lampedusani nell’accoglienza dei più deboli, degli ultimi”.

Nel ringraziare il vescovo di Agrigento il parroco dell’isola, don Mimmo Zambito, ha detto: “L’ultima, ma non per importanza. Anche Lampedusa accoglie l’anno di grazia di Gesù misericordia. Anno di ricominciamento per il popolo fedele e per ogni uomo.

Simbolo di periferia assurta a centro, dove i contrasti si evidenziano in maniera stridente: beni in abbondanza, inferiore solo alla enorme infelicità che l’abbondanza produce; Europa reale di popoli e non di idee; di desideri di cittadini europei elevati a diritti, e di negazione di dignità e di cittadinanza a coloro che sono poveri finanche nella lingua e nei concetti per chiederla, cioè i migranti; continente di unità di diritti e, allo stesso tempo, di esasperazione dei conflitti; unione e fili spinati.

Vive l’isola a rischio di colonizzazione di pensieri altri, subdoli e oppressivi, penetranti sottilmente per una informazione deformante e quantitativamente ‘fuori misura’. Proprio come il macromondo, non solo europeo. Porta della casa comune europea, soglia che salva chi per mare cerca tetto, Lampedusa è, nella fragile condizione e sovraesposta immagine, suggerimento di piccolo criterio di quanto il mondo sia piccolo e di come Dio, in tanta esigua condizione, non si senta ristretto”.

Ringraziando papa Francesco del regalo, mons. Montenegro ha detto: “Il regalo di questo Crocifisso fattoci avere da papa Francesco ci può aiutare a considerare meglio questi valori. E’ molto bella l’ispirazione che ha guidato l’artista: collocare il Cristo sui remi delle imbarcazioni dei pescatori e migranti che compongono una croce ‘particolare’; il Cristo è adagiato su quei remi; quella, secondo una bella intuizione dei Padri, è il suo letto nuziale.

In questo modo si rende visibile l’intreccio fra la vicenda dolorosa di Cristo e quella, altrettanto dolorosa, dei migranti; la sofferenza di Cristo si fa attuale nella sofferenza di chi è co­stretto a scappare dal proprio paese e il dolore di questi nostri fratelli trova un senso nella Croce di Colui che è morto per tutti.

In ogni parte del mondo quello dei migranti è un problema grave; è una delle questioni più rilevanti della nostra società; è un aspetto di quella terza guerra mondiale a pezzi di cui spesso parla papa Francesco.

Pensiamo alle sofferenze di chi si mette in cammino o di chi scappa da guerre e carestie, alle torture che molti subiscono dai trafficanti di essere umani accecati dalla sete di guadagno, alle tante vittime che muoiono in mare (forse non riusciamo più a contarli e ci dobbiamo accontentare di stime provvisorie come se dire 20.000 o 30.000 fosse la stessa cosa)”.

Concludendo l’omelia il card. Montenegro ha lanciato il suo messaggio per non chiudersi nell’egoismo: “In questa prospettiva ci piacerebbe tanto che da Lampe­dusa, da questa comunità che insieme a quella di Linosa, da sempre si è distinta per l’accoglienza e la solidarietà e continua a farlo nonostante le grandi difficoltà, parta un messaggio a tutte le altre comunità della nostra diocesi, ma anche di altrove:

lasciamoci interpellare da ogni fratello che soffre, lasciamoci interpellare dall’ immigrato e dal rifugiato; non rimaniamo indifferenti, non chiudiamoci nell’egoismo che soffoca o nel perbenismo che chiude gli occhi; non dobbiamo temere di accogliere chi soffre perché accogliendo Lui accogliamo Cristo, dando un bicchiere d’acqua e un sorso di pane a lui o a lei lo diamo a Cristo.

In quelle persone che stanno bussando alla nostra porta, che attraversano le nostre città in attesa di una sistemazione dignitosa e in quelle adagiate su tanti marciapiedi…c’è Cristo; lo stesso Cristo che noi adoriamo qui in chiesa; lo stesso Cristo di cui ci nutriamo nell’ Eucarestia e che tanta consolazione dà alla nostra anima. E’ lo stesso Cristo!”

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