La misericordia entra in carcere
Nelle settimane scorse è stato presentato il libro-intervista con papa Francesco di Andrea Tornielli, vaticanista del quotidiano La Stampa e responsabile del sito web Vatican insider: ‘Il nome di Dio è misericordia’. Un testo agile, in cui papa Francesco si racconta con semplicità, con la volontà di far capire a tutti che non c’è uomo o donna su cui non si posi lo sguardo d’amore di Cristo, che non esiste colpa che non possa essere perdonata.
La presentazione è stata animata non solo da Roberto Benigni, ma soprattutto da Zhang Agostino Jianqing, un detenuto di origine cinese: “La mia famiglia, di tradizione buddista è una famiglia di brave persone che nella loro vita si sono sempre comportate bene ed hanno lavorato sia in Cina che in Italia.
Nel 1997, all’età di 12 anni, sono arrivato in Italia con mio papà, la mia mamma era in Italia già da due anni. Sono passati 18 anni da quel 1997, la maggior parte dei quali passati in carcere, tutt’ora sono in carcere. Arrivato in Italia ho studiato un paio di anni, ma a scuola mi annoiavo, così spesso mancavo le lezioni, scappavo dalla scuola all’insaputa dei miei genitori…
All’età di 16 anni mi sono inventato la storia che andavo a lavorare lontano dalla nostra abitazione per poter stare fuori la notte. Spesso passavo la notte in discoteca, mi interessava solo divertirmi e sentirmi potente, così in poco tempo mi sono plasmato un carattere violento e superficiale, mi interessavano solo lo sballo, i soldi e le ragazze”.
Ed ha ripercorso la sua vita carceraria iniziata a 19 anni: “All’età di 19 anni sono entrato in carcere per la seconda volta, con una condanna di 20 anni. Non parlavo e capivo quasi niente in italiano e per di più nel carcere di Belluno, dove sono rimasto i primi due anni, ero l’unico cinese.
Ero pieno di difficoltà, non sapevo chiedere aiuto in tutti i sensi, ero disperato, l’unica cosa che mi faceva sentire un po’ meglio era prendere la penna e scrivere alla mia famiglia chiedendo scusa, scusa e poi ancora scusa per tutto il dolore e tutta la tristezza che avevo causato al loro cuore, in particolare alla mia mamma, che in quel periodo si faceva ogni settimana 700 km per venire a trovarmi in carcere. Ogni volta che mi vedeva piangeva.
Vedere quelle lacrime che scorrevano davanti a me mi ha aiutato a guardarmi dentro e a percepire tutto il male che avevo causato alla mia famiglia e a quella della vittima. Il mio cuore tremava per il dolore e si sentiva spezzato. Improvvisamente dentro di me emergeva il desiderio di cambiare in meglio per non fare più soffrire la mia cara mamma. Nasceva in me il desiderio che questa sofferenza si potesse trasformare in felicità”.
Però nel carcere ha iniziato un cammino di redenzione, che nello scorso anno lo ha portato a chiedere il battesimo attraverso l’amicizia di un volontario, Gildo: “Dopo il Battesimo ho capito tutta la Misericordia di cui sono stato oggetto anche quando non me ne rendevo conto. E questo libro di Papa Francesco mi ha aiutato a comprendere meglio quello che mi è accaduto.
Ecco il perché del nome Zhang Agostino. Agostino perché pensando a sant’Agostino, alla sua storia, mi ha particolarmente commosso sua madre santa Monica per tutte le lacrime che aveva versato per lui, sperando di ritrovare il figlio perduto. È un po’ come la mia situazione, pensando alla mia mamma ed al fiume di lacrime che ha versato per me sperando che io potessi ritrovare il senso della vita…
Nei nostri incontri era più il tempo che ci guardavamo di quello passato a parlare. Avevo il desiderio, la necessità di sfogare tutto il male che avevo dentro ma non riuscivo. Il semplice suo sguardo che provava compassione per me, in quei 2 anni mi ha sostenuto, incoraggiato nelle mie difficoltà”.
La decisione è maturata dalla visione della contentezza di altri detenuti nell’assistere alla celebrazione eucaristica: “Vedendo questi miei amici tornare dalla messa contenti, ho deciso di andare a vedere che cosa succedeva e se c’era qualcosa di utile per me. Ascoltando le parole del Vangelo e ascoltando i canti, dentro di me emergeva una gioia che non avevo mai provato prima, sembrava che i canti e le parole fossero fatti appositamente per me.
Non vedevo l’ora che fosse domenica. Ma questo desiderio era di tutti i giorni, perciò ho deciso di partecipare con alcuni amici detenuti e della cooperativa ad un momento settimanale di incontro per poter condividere e amare al meglio la mia vita. Questo cammino mi ha fatto nascere il desiderio di diventare cristiano.
Questo mio desiderio si scontrava però con la preoccupazione di non arrecare un ulteriore grande dolore alla mia famiglia, in particolare a mia mamma buddista praticante. Ho vissuto perciò per un certo periodo questo dramma non sapendo che cosa era più giusto fare. Ho chiesto consiglio agli amici e al buon Dio su quale fosse la strada giusta per me e per la mia famiglia”.
Infine ha descritto l’episodio decisivo per la conversione: “Il Venerdì Santo del 2014 ho partecipato su invito degli amici al rito della Via Crucis e del bacio di Gesù in croce. Alla fine del rito tutti gli amici uno ad uno sono scesi a baciare la croce, dentro di me c’era il desiderio di baciare anch’io Gesù in croce, ma pensando alla mia mamma non riuscivo a farlo, mi sembrava di tradire una seconda volta mia mamma.
Ho pregato perché il Signore mi perdonasse. Finito il rito sono uscito dalla cappella e improvvisamente il mio cuore pentito piangeva perché non ero andato a baciare Gesù sulla croce. Nel dolore di quel momento ho capito che mi ero innamorato di Gesù, che questo era vero e che non potevo più farne a meno. Così ho preso coraggio e ho chiamato la mia famiglia chiedendole di venire prima possibile a colloquio in carcere.
Il giorno dopo mia mamma è venuta a trovarmi e gli ho raccontato quanto accaduto il giorno prima, dicendole che non potevo più tenere nascosto il mio amore per Gesù e chiedendo a mia mamma che mi permettesse di diventare cristiano e di battezzarmi… L’11 aprile del 2015 mi sono battezzato, cresimato e ho fatto la prima Comunione: tutto in carcere. Anche se avrei potuto ottenere il permesso dal magistrato di celebrarlo fuori dal carcere ho scelto di farlo nel luogo e con gli amici dove Gesù è venuto ad incontrarmi e dove io ho incontrato Gesù”.