Papa Paolo VI proclama il primo Giubileo Straordinario nelle diocesi

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Appena terminato il Concilio Vaticano II papa Paolo VI indisse nel 1966 un Giubileo straordinario celebrato in tutte le diocesi del mondo. Infatti il 7 dicembre 1965 con l’emanazione della Costituzione apostolica ‘Mirificus Eventus’ il papa beato spiega la volontà di indire un Giubileo:

“Lo straordinario evento, appena concluso, al quale l’intero orbe cattolico, anzi tutta l’umana famiglia ha assistito con crescente interesse in questi ultimi quattro anni, vogliamo dire il Concilio Ecumenico Vaticano II, pensiamo che richieda da Noi un fatto pure straordinario, che non solo imprima negli animi il ricordo dell’imponente Consesso, basilare nel corso contemporaneo e avvenire della storia della Chiesa, ma, ciò che più importa, disponga le anime dei fedeli all’osservanza delle disposizioni conciliari”.

La volontà del papa era quella di far conoscere a tutto il mondo un evento così importante della storia: “Inoltre pensiamo che il Giubileo possa offrire ai cattolici di buona volontà una singolare opportunità di spirituale conversione, che porti all’auspicatissimo rinnovamento della vita individuale, familiare, pubblica e sociale, a cui mirava il Concilio, or ora concluso”.

E per far penetrare nei fedeli lo spirito del Concilio Vaticano II papa Paolo VI indica che il giubileo si possa celebrare in ogni diocesi: “Ora, nella persuasione che questa sia la via migliore per dare pratica attuazione a tali salutari insegnamenti, non inopportunamente stabiliamo che il sacro Giubileo, da celebrarsi in ogni diocesi, abbia come sua naturale sede la chiesa cattedrale, e si svolga intorno al Vescovo, Padre e Pastore del suo gregge.

Infatti la cattedrale della diocesi, che spesso è luminosa espressione d’arte e di pietà dei secoli passati, e contiene non di rado mirabili opere d’arte, si distingue specialmente per la sua dignità (come dice il nome vetusto) di contenere la cattedra del Vescovo, che è fulcro di unità, di ordine, di potestà, e di autentico magistero in unione con Pietro.

Inoltre la cattedrale, nella maestà delle sue strutture architettoniche, raffigura il tempio spirituale che interiormente si edifica in ciascuna anima, nello splendore della grazia, secondo il detto dell’Apostolo: Voi infatti siete il tempio del Dio vivente… E’ perciò naturale che, nel periodo del prossimo Giubileo, i fedeli, sia per prendere parte ai sacri riti, sia per ascoltare la predicazione, sia per lucrare le speciali remissioni di pena, dovute per i peccati, comunemente chiamate indulgenza, affluiscano o come singoli o in gruppo, nel principale tempio della diocesi.

E poiché, come abbiamo detto, il Giubileo si deve svolgere intorno al Vescovo, come intorno al suo cardine, esortiamo tutti i figli della Chiesa a stringersi intorno a lui”. Quindi offre alcune indicazioni per ottenere l’indulgenza:

“Concediamo inoltre che, durante queste celebrazioni, tutti i fedeli di ambo i sessi, che confessati e comunicati, abbiano pregato secondo le Nostre intenzioni, possano acquistare l’Indulgenza plenaria: ogni volta che o assisteranno almeno a tre istruzioni circa i decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II, oppure a tre delle prediche, che saranno tenute durante le Missioni; o assisteranno al Sacrificio della Messa, celebrato con qualche solennità dal Vescovo nella cattedrale; una volta soltanto, se durante lo stesso sacro periodo, visiteranno devotamente la cattedrale, ed ivi, servendosi di qualsiasi formula approvata, rinnoveranno la professione di fede.

Concediamo inoltre che, nel periodo del Giubileo, i singoli Vescovi possano, nel corso di una solennità, a loro scelta, impartire una volta, secondo il rito prescritto, la Benedizione Papale, con l’annessa Indulgenza plenaria, ai fedeli presenti, e, come sopra debitamente disposti”.

Questo Giubileo doveva terminare nel mese di maggio dello stesso anno, ma visto i benefici per i fedeli, con apposita Lettera Apostolica ‘Summi Dei Beneficio’, emanata il 3 maggio 1966, lo prorogò per ulteriori sei mesi, fino all’otto dicembre: “Infatti Ci è stato riferito che in molti luoghi è stato diligentemente messo in pratica ciò che era raccomandato in questa Costituzione Apostolica.

I fedeli sono venuti in folla nelle chiese, e soprattutto nella cattedrale di ciascuna diocesi, per seguire le istruzioni sulle decisioni del Concilio, per ottenere il perdono dei peccati in confessione, o per partecipare alla celebrazione della santa messa. Al tempo stesso hanno accolto con molta simpatia i Padri e Pastori delle loro diocesi di ritorno dal Concilio Ecumenico, mostrandosi aperti al loro invito per una maggiore integrità di vita.

Senza dubbio tutto questo ha prodotto frutti abbondanti, non solo nell’animo di ciascuno di loro e nella Chiesa Cattolica, ma anche in tutta la società umana”. Tale proroga è stata ben documentata dallo stesso papa il 23 Aprile 1966 nell’omelia del Sacro Rito per il Giubileo Straordinario per sottolineare il “dovere e questo bisogno di riforma:

di rinvigorire cioè in noi la grazia di Dio, di vigilare sulla nostra fragilità, di deplorare le nostre mancanze, di riconfermare i nostri propositi, di riparare cioè ogni anno, ogni giorno, ogni ora la nostra inguaribile caducità, e di rimettere le nostre anime in condizioni sempre buone e sempre nuove; il che appunto significa attendere ad uno sforzo di riforma permanente”.

La conclusione dell’omelia sottolineava che occorreva aderire alle verità del Vangelo: “Non facile è pur quella che comporta qualche sviluppo nella dottrina e, di conseguenza, nella prassi; come non facile è anche la riaffermazione della tradizione autentica di verità e di costume, che il Concilio porta con sé; non sembra questa riaffermazione, a prima vista, una riforma, perché invece di mutamenti produce rinnovazione, ma la rinnovazione è, per molti riguardi, la più vera riforma, è quella che si compie negli animi più che nelle cose;

negli animi immemori, negli animi dubbiosi, negli animi stanchi, negli animi superficiali, negli animi fluttuanti ad ogni vento di moderna opinione, e ricorda che la verità divina non muta e che sempre è feconda di luce e di vita, per chi docilmente la accoglie; ed era questa, nell’intenzione del Nostro venerato Predecessore Giovanni XXIII la principale riforma, non delle dottrine, ma degli animi, chiamati dal Concilio a più convinta e fattiva adesione alle verità del Vangelo, custodite e insegnate dal magistero ecclesiastico”.

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